Incentivare la rigenerazione urbana, salvando i villini storici che si trovano in centro. Semplificare i processi burocratici, garantendo sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Limitare il consumo di suolo e aggiornare la Carta per la qualità. Sono alcuni degli obiettivi messi neri su bianco nelle nuove norme tecniche del piano regolatore di Roma, approvate dalla giunta di Roberto Gualtieri e presentate alla stampa a giugno.

Un aggiornamento atteso da quindici anni, da quando il Prg – lo strumento che regola l’attività edificatoria nel territorio comunale – fu varato dall’allora sindaco Veltroni. La delibera elaborata dall’assessore all’Urbanistica, Maurizio Veloccia, dovrà essere adottata dall’assemblea capitolina e approvata definitivamente dopo il recepimento delle osservazioni.

Il piano della discordia

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«Roma deve ricominciare a muoversi, e così lo può fare sul serio» ha detto Veloccia, ingegnere elettronico esperto di sistemi informativi. Ma dietro lo slancio di sindaco e assessori si nasconde una realtà diversa. Di certo più sfumata. Sulla modifica delle norme tecniche (che stabiliscono diritti e doveri della proprietà immobiliare) è nato un dibattito con più posizioni in campo: da una parte gli entusiasmi dell’Acer, l’associazione dei costruttori edili, dall’altra una serie di comitati e gruppi di cittadini, tra cui Italia Nostra, sul piede di guerra per le modifiche in cantiere. Molto critici sono anche gli urbanisti, secondo cui per costruire «d’ora in poi basterà un accordo tra comune e costruttori».

Per agevolare «la trasformazione di Roma», la giunta semplificherà i cambi di destinazione d’uso degli edifici: passano da 7 a 5 le categorie funzionali, tra cui residenziale, turistica e produttiva. Centrale sarà il contrasto ai luoghi abbandonati, con una norma che consentirà di intimare alla proprietà dello stabile «interventi di rigenerazione urbana». Inoltre, sarà modificata la Carta per la qualità, il documento che elenca le aree sottoposte a tutela: sono stati inseriti 246 villini storici, che saranno salvaguardati da possibili abbattimenti.

Non è tutto oro

Su questi edifici si potrà intervenire solo con l’assenso della Sovrintendenza capitolina. Eppure, con la modifica dell’articolo 16 delle norme tecniche, l’ufficio che protegge i beni culturali vedrà diminuire i suoi poteri e gli spazi di intervento; in nome della «semplificazione», potrà porre meno limiti e dire meno no. Criticità sono state sollevate dalla Sovrintendenza stessa in una nota inviata all’assessore e agli uffici urbanistici: un documento interno letto da Domani in cui si parla di «proposte generiche» che la relegano «in posizione marginale e indefinita», motivo per cui si chiede una «riformulazione degli articoli».

Il piano regolatore di Roma, così modificato, prevede la costruzione di nuovi appartamenti e la cementificazione dei lotti senza l’obbligo di aree verdi o un ampliamento dei servizi. Il modello che si intende seguire è quello del palazzone di otto piani progettato nel quartiere Parioli, a Roma nord, con annesso parcheggio sotterraneo e l’abbattimento di un pino monumentale. Una nuova costruzione contro cui si sono mossi i residenti e il II municipio della capitale.

Il Campidoglio, infine, incentiva la conversione degli immobili in strutture alberghiere, qualora il 70 per cento degli spazi siano già adibiti ad affittacamere: spinge a trasformare le attività «per densificare l’offerta». La norma favorirà dinamiche di gentrificazione, già ampiamente in corso: la trasformazione dei quartieri popolari in zone abitative di pregio, con un cambiamento sociale e nei prezzi delle case. Il tutto mentre nel resto d’Europa si trovano modi per invertire il fenomeno.

Corsi e ricorsi storici

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Le modifiche al piano regolatore sono scritte da una giunta di centrosinistra ma rendono felici i privati, quei costruttori a cui di fatto si consegna la pianificazione di Roma. Sono cambiamenti che vengono da lontano, l’ultimo passaggio di un percorso decennale. Tutto iniziò con il Piano Casa voluto da Berlusconi, che consentiva di ampliare gli edifici fino al 20 per cento di cubatura. Nel Lazio la normativa andò oltre, permettendo demolizioni e ricostruzioni con un aumento del 25 per cento.

Nel 2017 la regione – governata da Nicola Zingaretti – emanò una legge sulla Rigenerazione urbana che consente di cambiare la destinazione d’uso degli immobili, demolirli e ricostruirli con una volumetria maggiorata. Senza obblighi per il costruttore di riqualifica del contesto urbano. La legge è diventata uno strumento per agire su parti di città non degradate e di pregio storico-artistico: per demolire edifici inutilizzati (fabbriche, uffici, scuole) e costruire altri appartamenti.

L’applicazione della norma è cresciuta con il secondo mandato di Zingaretti, che allentò le maglie a favore dei costruttori. Questa volta il governatore aveva come capo di gabinetto Albino Ruberti e come vicecapo Maurizio Veloccia. I due si sono poi ritrovati al comune con Roberto Gualtieri sindaco. Ruberti, capo di gabinetto, si è dimesso un anno fa dopo una lite in strada al grido di «inginocchiati o ti sparo». Veloccia, secondo candidato più votato nelle liste del Pd, è diventato consigliere comunale. Gualtieri lo ha quindi voluto come assessore all’Urbanistica.

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