Agli inizi di dicembre sui muri di Roma sono comparsi dei cartelloni pubblicitari che hanno suscitato più di qualche critica: si trattava di una campagna di marketing commissionata da una’agenzia immobiliare di altissima fascia che recitava «Ciao Povery» e «Solo per chi ha i domestici». Slogan definiti in lungo e in largo «oltraggiosi e immorali» mentre l’agenzia si affannava a spiegare che l’intenzione non era quella di denigrare o peggio ancora discriminare: «Stiamo solo parlando a un mercato, quello degli immobili di lusso, che è elitario per definizione».

Ciò che nell’ambito di questa polemica è sfuggito ai più è che a essere inaccessibili ai «povery» non sono solo gli appartamenti più prestigiosi dei Parioli della capitale o di City Life a Milano, come forse è naturale, ma anche le cantine di 40 metri quadrati trasformate in loft all’estrema periferia di Canicattì.

Da questo punto di vista quasi tutta Italia è paese: negli ultimi mesi chiunque si sia trovato a dover sfogliare annunci di affitto sa che nel migliore dei casi bisogna mettere sul piatto un rene, quindici caparre e un contratto a tempo indeterminato, che è un po’ come chiedere di versare le mensilità in gettoni: passi per i gettoni, il problema è che dove la trovi una cabina telefonica per effettuare il bonifico?

Se si fa un giro nei numerosi gruppi Facebook dedicati, la parola “disperato” è sicuramente quella che ricorre più spesso tra coloro che cercano un alloggio, mentre “ben collegato” è il requisito più inflazionato tra quelli che affittano. Tutti gli appartamenti su piazza sono infatti regolarmente molto ben collegati al centro città, ciò che non si dice è che quasi sempre non sono ben collegati al loro interno per cui per passare dalla cucina al bagno devi prima fare il giro dell’isolato o, se si tratta di immobili di un certo livello, scavalcare il divano posizionato sopra la lavatrice che si trova al centro del corridoio.

Ad esempio: libero dal 4 gennaio, a 980 euro mensili in zona Bovisa, non proprio a due passi dal Duomo di Milano, «grazioso bilocale situato in una moderna palazzina, al piano seminterrato. La zona notte presenta un matrimoniale e un bagno». Ma scorrendo le fotografie si scopre che il centrotavola utilizzato da Daniela Santanché per il pranzo di Natale è più grande della cucina e che il salotto è un apostrofo rosa tra gli scalini e una libreria.

Oppure, per i più esigenti, c’è un monolocale di 25 mq in via Mosè Bianchi, a 1.050 euro al mese, molto caratteristico: le dimensioni sono chiaramente quelle di un loculo, per raggiungere il letto a soppalco bisogna prima sottoporsi ad alcol test per assicurarsi di non rompersi l’osso del collo ma soprattutto ci sono tre scale a chiocciola che non portano da nessuna parte: scompaiono nel soffitto. Affare imperdibile, dunque, per gli appassionati di Escher, oppure di Harry Potter («Tenete d’occhio le scale, a loro piace cambiare!»).

Affitti da capogiro

La situazione affitti è drammatica un po’ ovunque ma soprattutto nelle grandi città, Milano in testa. A Novembre 2021 per gli immobili residenziali in affitto sono stati richiesti in media 14,52 euro al mese per metro quadro, con un aumento dello 0,83 per cento rispetto a novembre 2020 (quando il costo era di 14,40 euro al mq). Negli ultimi due anni, il prezzo medio nella regione Lombardia ha raggiunto il suo massimo nel mese di agosto 2020, con un valore di 14,60 euro. Il mese in cui è stato richiesto il prezzo più basso è stato invece gennaio 2020: per un immobile in affitto venivano infatti richiesti in media 13 euro al mese per metro quadro.

Nel 2021, dopo anni di frenata, ha spiegato a Idealista Isabella Tulipano dell’ufficio stampa di SoloAffitti, «i prezzi delle locazioni sono tornati a salire mediamente del 2,6 per cento». Lo certifica anche l’ultimo aggiornamento di Housing in Europe 2021, l’indagine Eurostat sullo stato del mercato immobiliare italiano ed europeo, secondo cui nel nostro paese negli ultimi dieci anni gli affitti sono cresciuti nel complesso di circa il 6,5 per cento.

Ma dove sono da ricercare le cause di questa ripresa? Nel fatto che nel post pandemia «l’abitazione è sempre più al centro dell’attenzione degli italiani, pronti a trasferirsi per cercare soluzioni più comode e confortevoli». Tradotto: lo spettro di nuovi lockdown ha spinto le persone a ricercare un maggiore benessere abitativo, portandole a prediligere la provincia o le città meno popolose e in tutti i casi appartamenti di maggiore metratura.

In questo quadro a vivacizzarsi nel 2021 è stato soprattutto il mercato dei trasfertisti, ovvero lavoratori e studenti fuori sede, ai quali i locatori sono tornati a rivolgersi per sopperire alla scomparsa dei turisti mordi e fuggi che l’hanno fatta da padrone negli anni d’oro di Airbnb.

La frenata dei B&B

Ecco, a proposito di Airbnb, la app per gli affitti brevi che da una parte ha permesso a milioni di persone di soggiornare a costi contenutissimi in tutto il mondo e dall’altra ha trasformato in un agente immobiliare, molto spesso “in nero”, chiunque avesse a disposizione uno scantinato, torna finalmente utile una profezia del 2018 firmata Evgeny Morozov. Tre anni fa, cioè quando sembrava del tutto impossibile, il sociologo bielorusso esperto in nuovi media, disse che «da qui in poi la favola della sharing economy non potrà che declinare».

Il colpo di grazia, certo, lo ha dato una pandemia che non era stata prevista, ma il risultato non cambia: la festa è finita. Anche se rimangono in circolo le scorie di quel modello immobiliare, ovvero appartamenti in affitto non attrezzati per essere abitati per più di un weekend e padroni di casa che continuano a pretendere di guadagnare cento euro a notte per un tugurio mascherato da hotel.

Le scorie sopravvivono perché, come spiega Tulipano che ha il polso della situazione, «purtroppo non ci sono molti immobili disponibili» e quindi la ricerca di una casa in affitto diventa una lotta feroce per la sopravvivenza nella quale ci sarà sempre qualcuno che magari per sfinimento, dopo diversi mesi di ricerche andate a vuoto, sarà disposto a pagare oro per uno scantinato.

Chi offre di più?

Per comprendere il livello di competizione che regola questa lotteria all’ultimo sangue, basti pensare che un mese fa un ragazzo che cercava una sistemazione nel capoluogo lombardo ha raccontato su Facebook di essersi visto sfilare da sotto al naso un appartamento che era già stato affittato a lui e alla sua compagna, almeno a parole, perché improvvisamente, quando sembrava già tutto fatto, è comparso un tizio che ha offerto una maggiorazione di 50 euro sul canone mensile.

A quel punto il proprietario ha richiamato la coppia che pensava di esserselo già aggiudicato e ha aperto una specie di asta: offrite di più? I due, delusi e amareggiati ma soprattutto arrabbiati come vipere, hanno rifiutato. Come è ovvio non perché la cifra fosse diventata inaccessibile ma per una questione di principio. Perché è obiettivamente inaccettabile ritrovarsi coinvolti in questo Squid Game (per i boomer la chiameremo roulette russa) in cui allo stress di un trasloco, che rimane la terza causa di esaurimento psicofisico e squilibrio emotivo dopo un lutto familiare e il licenziamento, occorre anche sommare la gara a chi è più furbo e riesce a farsi più strada calpestando gli altri.

Ma c’è di peggio, o di meglio, a seconda dei punti di vista. Ad esempio c’è un ragazzo che l’11 dicembre si è ritrovato in mezzo a una strada, per motivi simili a quelli della coppia di sopra, due giorni prima di iniziare la sua settimana di prova in un ristorante in zona Sarpi. Ha utilizzato Twitter per trovare un riparo provvisorio e non perdere l’opportunità di essere assunto.

«Non dormo da 24 ore e domani devo lavorare, vi scongiuro, qualsiasi zona di Milano va bene»; «non ho un budget altissimo ma spero di trovare una persona flessibile che mi possa aiutare»; «sono disposto a dare anche lo stipendio che prenderò lunedì o se serve fare la spesa, qualsiasi cosa per rimanere qualche giorno in più, non è tantissimo ma se vi può interessare per favore scrivetemi».

Infine ha trovato ospitalità, e si è tenuto il lavoro. Il 26, poi, ha trovato «una casa vera». Non ci crederete ma tutto sommato è stato uno dei più fortunati, nella giungla che è diventata il mercato immobiliare milanese.

© Riproduzione riservata