Il governo decreta lo stato di emergenza per gli sbarchi, rafforzando così la narrazione dell’invasione, che in realtà non esiste. Lo spauracchio usato dalla destra, tuttavia, non cancella la gestione disorganizzata e le reazioni scomposte dell’esecutivo del naufragio di Cutro. Nuovi elementi sulla strage emergono da un documento. Oggetto: sbarco migranti irregolari in data 26 febbraio 2023. Evento Sar, cioè ricerca e soccorso di vite umane. Il documento della guardia costiera di Crotone è una relazione scritta nelle ore convulse successive al naufragio della barca proveniente dalla Turchia e che il mare ha spezzato in prossimità della spiaggia di Steccato di Cutro, provincia di Crotone, Calabria.

Nella ricostruzione degli ultimi istanti prima del disastro, gli ufficiali della guardia costiera riportano alcuni dati interessanti che confermano la superficialità con cui è stato gestito il caso, mai categorizzato come Sar finché non si è consumata la tragedia. Il documento della guardia costiera del 26 febbraio è agli atti dell’indagine sul naufragio condotta dalla procura di Crotone.

Innanzitutto dalla pagina firmata capitaneria di porto emerge la consapevolezza da parte della guardia costiera, che fa capo al ministero dei Trasporti guidato dal leader della Lega Matteo Salvini, della presenza di migranti sulla barca ormai giunta a pochi metri dalla costa calabrese. La seconda certezza è che ai guardiacoste era stato comunicato che dalla barca era partita una telefonata satellitare proveniente dall’imbarcazione. Infine, gli orari: la guardia costiera di Crotone ha ricevuto una chiamata alle 4.20 di mattina del 26 febbraio dai carabinieri, i quali riferivano delle comunicazione ricevuta dalla guardia di finanza di Vibo Valentia su un barcone di migranti e che le motovedette dei finanzieri erano tornate in porto per le avverse condizioni meteo.

Già questa manciata di informazioni avrebbe dovuto far scattare immediatamente la macchina dei soccorsi, invece trascorrono altri 20 minuti. Fino alle 4.37, c’è scritto nella relazione, quando la capitaneria risponde a una nuova segnalazione relativa alla barca questa volta a soli 40 metri dalla foce del fiume Tacina, «su un fondale presumibilmente sabbioso con profondità di circa 3 metri». Solo dopo quest’ultima comunicazione, la guardia costiera attivava i soccorsi: «Si informava immediatamente il 5° Mrsc (ufficio di ricerca e soccorso) di Reggio Calabria che disponeva l’invio della motovedetta Cp321 e l’invio di pattuglie via terra. Si richiedeva inoltre l’intervento di una squadra dei vigili del fuoco considerata la pericolosità della zona e l’assenza di luce».

Era già troppo tardi. «Alle 4.55 ci ricontattava il segnalante riferendo che le persone si stavano tuffando in acqua e stavano nuotando verso riva, evidenziava inoltre la presenza di probabili cadaveri e che la barca si era distrutta». La prima pattuglia via terra della guardia costiera è giunta sul posto alle 5.35 e «riferiva di numerose persone in stato di ipotermia trascinata a terra così come alcuni cadaveri. La motovedetta intervenuta da Crotone iniziava attività di ricerca e soccorso a largo recuperando alle 6.50 il corpo di un bambino e due adulti in ipotermia». I primi ritrovamenti di una lunga serie. Alcuni sopravvissuti hanno riferito subito il nome della località di partenza, Izmir, Turchia. Erano in mare da 4 giorni.

Le indagini

Sono trascorsi quasi due mesi dal naufragio di Steccato di Cutro. Il mare ha restituito l’ultimo corpo il 3 aprile scorso, il numero delle vittime è finora di 93 persone morte annegate, di queste 35 erano minorenni. Sulla catena delle responsabilità è in corso un’indagine della procura di Crotone, mentre il fascicolo sugli scafisti è in una fase più avanzata: sono stati individuati con le testimonianze dei sopravvissuti e per loro il 17 aprile c’è la prima udienza dell’incidente probatorio.

Sul ruolo dei cinque presunti scafisti è tuttavia ancora da capire chi di loro in realtà era effettivamente un “comandante” in forza all’organizzazione criminale dei trafficanti e chi aveva accettato di condurre il natante per necessità, come accade di solito nelle traversate dalla Libia e dalla Turchia. Si tratta di capire, dunque, se chi tra gli accusati è un migrante che per risparmiare sul viaggio ha deciso di collaborare con i boss, dinamica documentata ormai da decine di inchieste e dai racconti di chi ha affrontato i viaggi dai lager libici. Sulla versante delle responsabilità del mancato soccorso, invece, sarà una partita più lunga e complessa.

Gli investigatori hanno acquisito tutte le comunicazioni della guardia di finanza e della guardia costiera. Inoltre gli avvocati dei familiari delle vittime hanno depositato una memoria in cui analizzano tutti i punti oscuri che hanno caratterizzato il capitolo mancato soccorso. Il pool di legali ha infatti chiesto al procuratore di Crotone di indagare su alcuni fatti specifici.

A partire dalla segnalazione ignorata del 24 febbraio proveniente dal mar Jonio e inizialmente classificata come evento Sar dal centro di coordinamento della guardia costiera. Perché la barca naufragata è stata individuata come un pericolo da intercettare con una missione di controllo delle frontiere e non come soccorso in mare per salvare vite umane?, è la domanda che attende più di altre attende una risposta.

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