Almeno 27 migranti, tra cui una neonata e alcuni adolescenti, sono morti e decine di persone risultano disperse dopo un naufragio avvenuto ieri a circa 14 miglia a sud-ovest di Lampedusa, in area Sar italiana. Ma è un bilancio ancora provvisorio, destinato a salire man mano che proseguono le operazioni di ricerca.

Dal mare, sono state tratte in salvo 60 persone, trasferite nell’hotspot di contrada Imbriacola. La Croce Rossa, che gestisce la struttura, ha precisato che si tratta di 56 uomini e 4 donne. «Ci stringiamo al dolore dei familiari delle vittime di questo viaggio carico di speranza e interrotto tragicamente in mare», ha dichiarato l’organizzazione.

La vicedirettrice dell’hotspot, Cristina Palma, ha spiegato che i superstiti «sono provati dal viaggio e da quanto accaduto, ma in condizioni di salute discrete». Alcuni di loro hanno perso familiari o amici durante la traversata e sono stati accolti dai medici, dagli psicologi e dai mediatori culturali nella struttura.

Nel frattempo, continuano i colloqui del personale della Croce rossa italiana con i naufraghi, divisi per gruppi linguistici, per ricostruire cosa è successo nel dettaglio.

Non è ancora del tutto certa la dinamica di quanto avvenuto, con la procura di Agrigento, guidata dal procuratore Giovanni Di Leo, che ha aperto un’indagine per naufragio colposo.

L’allarme è scattato nella tarda mattinata, quando un elicottero della Guardia di finanza ha avvistato un barchino capovolto. Le operazioni di soccorso hanno impegnato cinque mezzi navali, un elicottero e un aereo della Guardia costiera, oltre a un velivolo di Frontex.

Secondo le prime testimonianze dei sopravvissuti, le imbarcazioni coinvolte sarebbero due e si sarebbero ribaltate prima dell’arrivo dei soccorsi. Dai racconti emerge che sono partite dalla Libia nella notte di martedì. Una delle due avrebbe iniziato a imbarcare acqua, costringendo alcune persone a salire sull’altra, già sovraccarica, che si sarebbe ribaltata.

Reazioni e scontro

Una tragedia che ha riacceso lo scontro sulle politiche migratorie e sul sistema di soccorso in mare. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato di «sgomento e compassione» per quanto accaduto, scaricando la responsabilità sull’«inumano cinismo» dei trafficanti e ribadendo l’impegno a «prevenire le partenze irregolari e gestire i flussi». La soluzione per Meloni non cambia: «Il soccorso non basta se non si affrontano le cause del problema» e «questa tragedia dimostra che bisogna agire alla radice». Il leitmotiv è lo stesso da sempre.

Alle parole di Meloni si è aggiunto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, che, oltre a esprimere «profondo dolore» per le vittime, ha indicato «i trafficanti di esseri umani» come «i veri e soli responsabili dell’ennesima tragedia, insieme agli ultrà dell’accoglienza».

Dal ministero degli Esteri, Antonio Tajani ha sottolineato che il governo «continuerà a combattere i trafficanti di esseri umani», definendo la tragedia «l’ennesima dimostrazione che caricano persone in fuga da guerre o povertà su imbarcazioni incapaci di affrontare il mare aperto». «Il Mediterraneo non deve più essere un cimitero di esseri umani» ha aggiunto. 

Toni simili sono arrivati dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha espresso «profondo cordoglio» e ha ribadito «l’urgenza di prevenire i viaggi in mare e di combattere senza tregua lo spietato affarismo dei trafficanti». Parole che hanno provocato la dura replica di Sea Watch: l’ong ha accusato direttamente il ministro di «rivendicare una strategia criminale» e gli ha intimato di dimettersi «se avesse un minimo di decenza». L’organizzazione ha parlato di «rabbia e frustrazione» per un naufragio avvenuto «a poche miglia» da Lampedusa, sostenendo che la propria nave Aurora e altre unità «avrebbero potuto soccorrere in pochi minuti» se fossero state indirizzate.

Accuse pesanti anche da Marta Bernardini, di Mediterranean Hope, presente al molo con i volontari, che ha definito le vittime «morti annunciate», imputando la responsabilità «alle politiche europee che spostano il problema altrove», con il risultato di «perdere vite umane e, con loro, la dignità e i valori dell’Europa».

A prendere posizione anche l’Unhcr, con il portavoce Filippo Ungaro che, a Domani, ha sottolineato come le informazioni sulla dinamica siano «frammentate» e che i 60 superstiti sono «in condizioni molto difficili, soprattutto per le perdite subite e il viaggio affrontato». L’ Unhcr al momento è impegnata nell’assistenza medica, psicologica e legale.

Ma se per Meloni la sola priorità è fermare le partenze, per Ungaro la prospettiva è un po’ diversa: «Bisogna rafforzare la ricerca e il salvataggio anche a livello europeo, ampliare le vie legali di ingresso e affrontare le cause profonde delle migrazioni, dai conflitti alle crisi economiche, sostenendo lo sviluppo nei paesi di origine e di transito».

CONTINUANO GLI ARRIVI

E mentre a Lampedusa si continuano a cercare i dispersi del naufragio, gli arrivi non si fermano. Un’altra imbarcazione è arrivata dalle coste nordafricane: le motovedette di Frontex e della Guardia di finanza hanno infatti soccorso un barchino di metallo di otto metri con 48 persone a bordo. Sono partiti da Sfax, in Tunisia, pagando 850 euro a testa per la traversata. 

Nelle stesse ore, sull’isola sono sbarcati altri 156 migranti soccorsi durante la notte da tre diverse imbarcazioni. Sulle prime due erano presenti 62 bengalesi ed egiziani partiti da Khoms (Libia) e 23 etiopi, somali e malesi salpati da Sabratha, tra cui due persone portate al poliambulatorio per lipotimia e ipotermia e 13 casi di scabbia. Sulla terza c’erano invece 71 bengalesi ed egiziani partiti ancora da Khoms, con 21 casi di scabbia, due malati di asma e un migrante con sospetta frattura a un piede. Nelle ultime ore sono state intercettate altre due carrette con a bordo complessivamente 50 persone, portando il totale degli arrivi a oltre duecento in meno di 24 ore.

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