L’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano ha presentato ricorso in appello contro la condanna di primo grado a 13 anni e due mesi, i suoi avvocati chiedono l’assoluzione. Per i giudici del Tribunale di Locri, Lucano è colpevole di associazione a delinquere e peculato commessi nella gestione dell’accoglienza ai migranti, progetti però lodati in tutto il mondo e che gli stessi giudici hanno descritto come figli di un’utopia.

Per gli avvocati difensori Giuliano Pisapia e Andrea Daqua la sentenza è abnorme e contraddittoria: «Oggi abbiamo presentato appello avverso la sentenza di condanna». Pisapia e Daqua non hanno dubbi che le loro motivazioni sono abbastanza forti da portare al ribaltamento del giudizio di primo grado: «La sentenza, lo avevano già rilevato, è apparsa fin dal primo momento abnorme perché in evidente contrasto con le risultanze processuali. Dopo l’attenta lettura delle motivazioni basate su suggestioni, congetture e logiche del mero sospetto, siamo ancora più convinti dell’errore commesso dal giudice di primo grado».

L’errore, proseguono, «inficia l’intero iter motivazionale seguito dal Tribunale il quale giunge alla condanna non solo utilizzando le intercettazioni che, secondo quando stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione, sono inutilizzabili ma interpretandole in maniera difforme dal loro effettivo significato».  

Inoltre le prove portate avanti dai giudici, commentano, non sono complete: «La motivazione, poi, è risultata assolutamente carente rispetto alla corposa documentazione da noi prodotta». Infine «abbiamo contrastato, nel merito, i singoli capi della sentenza e le argomentazioni (contraddittorie) del Tribunale, a partire da quelle sui reati più gravi: associazione per delinquere e peculato».

Adesso aspettano: «Siamo convinti di aver fornito alla Corte di Appello argomentazioni sufficienti per la riforma della sentenza impugnata e la conseguente assoluzione di Mimmo Lucano».

La sentenza del Tribunale

Nella motivazione si leggeva che il Tribunale di Locri presieduto dal giudice Fulvio Accurso confermava la bontà del sistema di accoglienza ai migranti di Lucano: «È senz’altro emersa una pura passione» per quel «mondo nuovo che lui ha saputo creare», al punto che i giudici hanno fatto riferimento alla Città del Sole di Tommaso Campanella, un luogo dove vigono felicità e armonia.

Il punto cruciale delle motivazioni della condanna sarebbe stato «il bieco calcolo politico». I suoi collaboratori che gli avrebbero portato pacchetti di voti per i giudici si sono mossi «nel cerchio rassicurante della sua protezione associativa, per poter conseguire illeciti profitti, attraverso i sofisticati meccanismi».

Il modello Riace, ha scritto Enrico Fierro su queste pagine, però ha rivitalizzato un paese spopolato dall’emigrazione, spalancato le porte di case abbandonate da decenni e fatto rivivere il borgo antico, ha riaperto scuola e asili, riportato la vita nei vicoli, consentito a piccole economie di reggere.

Infine la conferma che Lucano non si sia arricchito è arrivata dalle stesse carte: «Nulla importa che l’ex sindaco di Riace sia stato trovato senza un euro in tasca», spiegavano i giudici nelle motivazioni della sentenza, «ove ci si fermasse a valutare questa condizione di mera apparenza, si rischierebbe di premiare la sua furbizia, travestita da falsa innocenza». Motivazioni che per gli avvocati nulla hanno a che fare con la rilevanza penale.

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