Una scatola di vetro, dentro cui osservare e schedare gli adolescenti con varianza di genere come oggetti clinici. 

È ciò che emerge dallo schema di disegno di legge, approvato in Consiglio dei ministri, recante disposizioni «per l'appropriatezza prescrittiva e il corretto utilizzo dei farmaci per la disforia di genere», cioè l'utilizzo degli ormoni e dei farmaci bloccanti della pubertà per i minori con varianza di genere. Il provvedimento porta la firma dai ministri della Salute e della Famiglia Orazio Schillaci e Eugenia Roccella.

Il testo si compone di tre articoli e si propone di «rispondere al bisogno di salute delle persone minori di età», garantendo un maggiore controllo sui trattamenti.

Il primo articolo stabilisce che questi farmaci potranno essere somministrati solo in presenza di una diagnosi da parte di un’équipe multidisciplinare composta da specialisti. Inoltre, dovranno essere documentati i percorsi psicologici, psicoterapeutici ed «eventualmente» psichiatrici effettuati in precedenza dal minore. La somministrazione sarà vincolata al rispetto di protocolli clinici che dovranno essere adottati dal ministero della Salute. Nel frattempo (cioè fino all’adozione ufficiale di tali protocolli) l’utilizzo dei farmaci sarà possibile solo previa autorizzazione del Comitato etico pediatrico nazionale. Il disegno di legge prevede anche l’attivazione, da parte dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), di un registro nazionale per la prescrizione e la distribuzione dei farmaci si legge: «I dati contenuti nel Registro saranno trasmessi al ministero della Salute ogni sei mesi. Il rapporto dovrà contenere gli elementi e le informazioni in ordine al processo decisionale di prescrizione dei farmaci, inclusi gli esiti documentati dei precedenti percorsi psicologici, psicoterapeutici ed eventualmente psichiatrici svolti; le eventuali comorbilità diagnosticate; il monitoraggio clinico e il follow up».

L’articolo 2 istituisce, presso il ministero della Salute, un tavolo tecnico dedicato, composto da esperti e istituzioni. Avrà il compito di definire le linee guida cliniche, elaborare protocolli e fornire strumenti per monitorare l’appropriatezza dei trattamenti.

L’articolo 3, infine, regola la fase transitoria: fino all’adozione dei protocolli ufficiali, l’autorizzazione del comitato etico sarà obbligatoria per ogni singolo caso.

Obbligo di diagnosi

Il disegno di legge si inserisce in un contesto politico e culturale molto sensibile. Pur dichiarando l’intento di proteggere i minori e garantire appropriatezza clinica, il provvedimento introduce di fatto nuove restrizioni e livelli di controllo sull’accesso ai farmaci per l’incongruenza di genere. Non è solo burocrazia ma sorveglianza spiega a Domani Roberta Parigiani, avvocata, portavoce e attivista del Movimento identità trans (Mit): «I criteri di eleggibilità non coincidono con quelli generali per la presa in carico di una persona minorenne. Un conto è la valutazione clinica di persone di 16 o 17 anni, un altro è l’accesso ai bloccanti puberali, che dovrebbe essere trattato come una fase a sé. Invece qui si fa una valutazione unica, tutta centrata sui criteri per i bloccanti, e questo restringe gravemente i diritti dei minori tra i 16 e i 17 anni. È evidente il passo indietro». Ma non solo: «Si parla di diagnosi già accertata ma i bloccanti servono anche per esplorare, non per confermare. Possono essere usati in fasi iniziali, proprio per valutare se c’è o meno volontà di proseguire nel percorso. Invece si presuppone una diagnosi definitiva già in un’età dove esiste una forte componente esplorativa. Così si rischia di chiudere la porta a molte persone».

Rischio schedatura

Preoccupa lo spettro anche di una schedatura dei minori con varianza di genere e bisogna leggere tra le righe per capirlo, come fa Parigiani: «Facciamo attenzione al registro dei farmaci, qui si sta parlando di qualcosa di molto diverso rispetto a quanto indicato in passato dal ministro Schillaci. Prima si pensava a un sistema che monitorasse le strutture sanitarie: ad esempio, sapere quanti farmaci vengono richiesti, in modo anonimo, per verificarne l’uso. Ma qui emerge un registro in cui l’oggetto sono le persone, non i farmaci. Si parla esplicitamente di chi assume i bloccanti, e non solo: pensiamo agli adolescenti tra i 16 e i 17 anni che assumono ormoni come i maggiorenni. È evidente: questa è una schedatura. Questi farmaci non vengono assunti solo dalle persone transgender quindi l’unico modo per distinguere i pazienti è indicare chi è l’assuntore. E questo apre scenari inquietanti».

Il ruolo del comitato etico

Dubbi anche sul tavolo tecnico «ad hoc con decreto del ministro della Salute, di concerto con l'autorità politica delegata per la famiglia». Chi sarà questa figura? Non si può escludere il nome della garante dell’infanzia Marina Terragni, distintasi negli anni per aver negato l’esistenza delle giovani persone trans. «Questo minerebbe gravemente l’imparzialità del tavolo», sottolinea l’avvocata che conclude: «Anche il ruolo del comitato etico è preoccupante. Parliamo di un organo che potrebbe avere un potere di veto sulle scelte terapeutiche. Su quali basi? Con quali tempi? Con quali strumenti? Stiamo parlando della valutazione caso per caso di persone minori, attraverso l’accesso a cartelle cliniche, dati sensibili, nome e cognome. Il rischio di una violazione gravissima del diritto alla riservatezza è concreto. Un conto è il rapporto fiduciario medico-paziente. Un altro conto è un medico costretto a fare da delatore al comitato etico, che peraltro non è nemmeno un organo clinico, ma burocratico. È una torsione del ruolo professionale e un’ulteriore barriera all’accesso alle cure». 

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