In queste ore, tra un naufragio e l’altro, dovremmo forse fare delle distinzioni che possono sembrarci scomode, ma potrebbero salvare vite, salvare la nostra coscienza e chiarire la qualità morale di questo governo. Bisogna separare la discussione sul soccorso in mare dal dibattito sulla migrazione.

La discussione cui stiamo assistendo parte da alcune assunzioni, talora implicite, altre volte esplicite. A destra si assume che i flussi migratori siano facilitati dalla relativa impunità di cui possono godere gli scafisti. Quindi inasprire le pene potrebbe fermare le partenze.

In certe parti della sinistra e della destra si pensa che i flussi dipendano dalle condizioni dei paesi di partenza. Quindi, la cooperazione internazionale potrebbe disincentivare la migrazione: questo è il famoso “aiutarli a casa loro”. A sinistra si ritiene che avere canali legali di ingresso potrebbe aiutare molti migranti a sfuggire all’offerta degli scafisti e anche portare a una gestione ragionevole e civile del fenomeno migratorio.

Alcuni fanno notare, peraltro, che i numeri della migrazione sono destinati ad aumentare, per influsso del cambiamento climatico. Altri obiettano che le pene agli scafisti sono già previste e che applicarle universalmente non è così facile, perché gli accordi internazionali che sarebbero necessari non ci sono e non sarebbe facile farli con alcuni dei paesi da cui i migranti provengono.

Pochi ormai hanno il coraggio di dire che migrare è inevitabile – è un evento permanente nella storia umana. Pochissimi hanno il coraggio di dire che migrare è un diritto e una libertà.

L’indipendenza e la priorità delle ragioni morali per il soccorso

Ma quasi nessuno ricorda, mi pare, le ragioni morali a favore del soccorso e la loro indipendenza e priorità. Soccorrere le persone in pericolo è un principio elementare di civiltà giuridica e di moralità. L’omissione di soccorso è un reato nella maggior parte dei sistemi giuridici.

Il buon Samaritano non è solo una parabola: è un ideale difficilmente contestabile. Si possono poi fare distinguo, certo. Il soccorso forse non è dovuto quando è troppo oneroso per il soccorritore, anche se è moralmente ammirevole il soccorritore che rischi del suo con generosità.

Gli oneri del soccorso forse non dovrebbero gravare sempre sulla stessa parte, e quindi i paesi dell’Europa più esposti dovrebbero venire aiutati da quelli meno esposti. Ma tutto questo non può giustificare chi, di fronte alla vittima in difficoltà, omette il soccorso, per incuria, dolo o altre ragioni.

Ma soprattutto: soccorrere è un dovere indipendente e prioritario rispetto a qualsiasi ulteriore decisione sull’accoglienza. Si può pensare che nessuno abbia il diritto di migrare, o che gli stati abbiano il diritto di selezionare i migranti a loro piacimento. Si può ritenere che le migrazioni siano armi improprie che certi paesi usano contro altri.

Si può pensare che i migranti, pur accolti, non debbano avere diritti di cittadinanza, o non debbano averli subito. Ma questo che c’entra con la situazione di chi è in pericolo in mare? Lasceremmo annegare un ragazzino incauto che si è spinto troppo al largo? Oppure che è stato spinto oltre la boa da un malvivente?

La trappola di confondere soccorso e discussione sulla migrazione

È naturale, dato che si tratta di migranti, parlare di flussi, della legge Bossi-Fini, della lotta agli scafisti. Ma forse c’è una trappola in tutto questo, una trappola in cui la sinistra sta cadendo.

Il dovere di soccorrere è basilare e fondamentale, trasversale rispetto alle varie idee sulla legittimità della migrazione o sulla migliore gestione dei flussi migratori. E un governo che non soccorre le persone in mare non è un governo di destra che ha idee non condivisibili sull’immigrazione. È un governo criminale e immorale.

Che comincia col non salvare naufraghi e potrebbe benissimo non salvare i suoi concittadini in pericolo. Un governo che non tutela i diritti umani dove potrebbe farlo, cioè nel mare di sua competenza e dove si possono spingere i suoi mezzi, perde qualsiasi legittimità e fuoriesce dalla sfera della normale dialettica politica.

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