Nelle prime ore del 26 febbraio 2023, la Summer Love, imbarcazione con a bordo 180 persone salpate dalle coste della Turchia, si è schiantata a circa ottanta metri dalla riva, davanti alle coste di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone. Il vento e le onde, tra forza 4 e 5, hanno spezzato in due l’imbarcazione che si è ribaltata. L’acqua è entrata nella stiva in pochi secondi. È stato uno dei naufragi peggiori avvenuto lungo le coste calabresi, il bilancio finale è stato di 94 morti, di cui 35 minori, e 10 dispersi.

Ieri, per quel naufragio, sono stati rinviati a giudizio quattro militari della Guardia di finanza e due della Guardia costiera. La procura della repubblica di Crotone gli contesta i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo in relazione alla mancata attivazione del Piano per la ricerca e il salvataggio in mare.

I militari in questione sono Giuseppe Grillo (capoturno della sala operativa del Reparto operativo aeronavale della Guardia di finanza di Vibo Valentia); Alberto Lippolis (comandante del Roan); Antonino Lopresti (ufficiale in comando tattico); Nicolino Vardaro (comandante del Gruppo aeronavale di Taranto); Francesca Perfido (ufficiale di ispezione dell’Imrcc di Roma – Italian Maritime Rescue Coordination Center), e Nicola Nania (in servizio al V Mrsc di Reggio Calabria). Secondo la procura, nelle operazioni di soccorso, c’è stata una serie di negligenze e sottovalutazioni che ha contribuito al naufragio.

«Decisione giusta. Le autorità italiane rimasero immobili, quella notte. Non fecero né l’operazione di law enforcement di cui parlò a caldo il ministro Piantedosi e né ciò che avrebbero dovuto fare: un tempestivo intervento di search and rescue. Le imbarcazioni della Guardia di finanza e della Guardia costiera sarebbero dovute uscire in mare la sera prima, non appena ricevettero la comunicazione di Frontex che “una barca con migranti” – come scrisse subito la Guardia di finanza a penna nel suo giornale delle operazioni – navigava verso le coste della Calabria. Ma restarono o tornarono nel porto», dice Francesco Verri, avvocato che difende i famigliari delle vittime. «Se ciascuno avesse fatto il suo dovere, 94 fra donne e uomini, bambine e bambini sarebbero salvi. Ora un processo stabilirà le responsabilità individuali. Ma è certo che lo stato quella sera stette a guardare».

Diverso, ovviamente, il pensiero di Matteo Salvini: «Una sola parola: vergogna. Processare sei militari, che ogni giorno rischiano la vita per salvare altre vite. Vergogna».

Il viaggio

I 180 migranti, prevalentemente afghani (140) e pachistani (20), erano salpati dalle coste turche di Cesme il 22 febbraio del 2023, a bordo di un’altra imbarcazione. Dopo poche ore di navigazione, un guasto al motore li aveva costretti a trasferirsi sulla Summer Love. Ma il viaggio verso l’Italia, anche dopo il trasbordo, era stato interrotto più volte a causa di alcuni problemi tecnici.

Con fatica, la Summer Love era arrivata a 40 miglia dalle coste italiane, dove era stata avvistata, per la prima volta, alle 22:26 della sera del 25 febbraio dall’Eagle 1, aereo di sorveglianza utilizzato da Frontex (l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere). Frontex era a conoscenza delle cattive condizioni meteorologiche dato che il pilota dell’Eagle 1 aveva comunicato di essere stato costretto a interrompere il suo «schema di volo pianificato a causa dei forti venti».

La segnalazione era stata subito trasmessa alle autorità italiane che però, stando ad alcuni documenti interni di Frontex, l’avevano considerata «non di particolare interesse». Capire cosa è successo da quel momento fino alle 4 del mattino, quando la Summer Love è naufragata a largo di Cutro, è uno degli obiettivi del processo che inizierà il prossimo 14 gennaio.

I primi a prestare i soccorsi sono stati alcuni pescatori presenti casualmente in spiaggia. Al momento dello schianto non c’erano imbarcazioni della Guardia costiera o della Guardia di finanza.

Tanti i dubbi sul naufragio e le domande senza risposta: come mai, nonostante la segnalazione di Frontex alle autorità italiane sia arrivata alle 23:03, non è stata lanciata immediatamente un’operazione di ricerca e soccorso in mare? Perché è stato sottovalutato il pericolo, considerando le cattive condizioni meteorologiche di cui tutti erano a conoscenza? E ancora, perché dopo il naufragio i soccorsi sono arrivati in ritardo?

L’altro processo

Dal naufragio sono nati due filoni processuali. Oltre a quello che mira ad accertare eventuali responsabilità delle autorità italiane nei soccorsi, c’è quello al cittadino turco, Gun Ufuk, condannato a venti anni di reclusione per naufragio colposo, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte come conseguenza di altro reato. Oltre alla pena detentiva, Ufuk è stato condannato a risarcire con tre milioni di euro le parti civili costituite nel processo. Era stato arrestato in Germania e ai giudici italiani aveva spiegato di non essere uno “scafista”, bensì di aver fatto il meccanico a bordo della Summer Love solo per pagarsi il viaggio.

L’11 giugno la corte di Cassazione ha reso definitiva la sua condanna dichiarando inammissibile il ricorso. Oltre a lui altre quattro persone sono state condannate a pene comprese tra gli 11 e i 20 anni di reclusione.

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