- Quella di Petilia Policastro è una storia che sembra uscita dalle pagine del Padrino di Mario Puzo o dall’inferno che era la Sicilia mezzo secolo fa. Quando i boss vengono ritenuti più affidabili delle forze di polizia.
- Dagli atti di un’inchiesta della procura di Catanzaro emergono vicende paradossali. Il marito punito per avere redarguito la moglie, il commerciante che chiede un intervento contro i teppisti che gli hanno rotto l’insegna. Tutti si rivolgono al capo della tribù locale, Vincenzo Comberiati, e a suo figlio Nicola.
- Così, ieri e oggi, si creano i miti. Non conosciamo Petilia Policastro, ma quell’atteggiamento manifestato dai “clienti” dei Comberiati, in certe zone della Calabria, sembra ancora essere molto di moda. Come d’altronde lo era e in parte lo è pure in Sicilia.
Si fa un gran parlare di successi nella lotta contro le mafie, di straordinarie catture che arrivano con trent’anni di ritardo, di uno stato che ha vinto sul crimine. Ma un’altra Italia è nascosta, immobile, sempre prigioniera. A Petilia Policastro, quasi diecimila abitanti nella provincia di Crotone, c’è una storia che sembra appena uscita da una pagina del Padrino di Mario Puzo o dall’inferno che era la Sicilia di mezzo secolo fa. Stesse scene, stesso copione, stessi personaggi. Con una fil



