Confisca definitiva a Nicola Femia, a capo di un’organizzazione legata alla ‘ndrangheta calabrese: 45 milioni di euro, all’ex narcos che aveva fatto fortuna nel gioco d’azzardo legale entrando in rapporto con i big del settore. Le minacce al cronista, Tizian, che indagò su di lui. Vaccari (Pd): «Segnale forte contro radicamento mercato illegale»
La notizia è passata in sordina. Ma la cifra è tra le più alte mai confiscate in via definitiva a una sola persona, legata ai potenti padrini della ‘ndrangheta calabrese. Si tratta dei 45 milioni di euro sottratti dallo Stato definitivamente a Nicola Femia, detto “Rocco”, il ras del gioco d’azzardo legale, in affari con imprenditori del settore e autorizzato all’epoca persino dai monopoli a produrre i macchinari che poi finivano nei bar, sale slot e bingo diffusi ormai ovunque nelle città italiane.
Femia è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione per associazione a delinquere e altri reati, alcuni aggravati dall’articolo 7, cioè dal metodo mafioso. In passato era stato condannato anche per narcotraffico, ma quella era la sua vita precedente. Perché all’inizio degli anni Duemila dalla Calabria si trasferisce in Emilia Romagna, tra le province di Ravenna, Bologna e Modena, e inizia la sua seconda vita: l’imprenditore del gioco legale. Tra la ricchezza del territorio si mimetizza alla perfezione. Entra in affari con le cosche lombarde e con la camorra dei Casalesi di stanza in Emilia. Fornisce a tutti gli apparecchi che poi finiscono per svuotare le tasche dei giocatori incalliti. Il giro d’affari è milionario. Dopo il primo grado del processo, condannato per mafia, decide di collaborare con la giustizia: nei primi verbali rivelerà dettagli inediti dei suoi rapporti con i boss della mafia calabrese, in particolare con la famiglia Mazzaferro implicata in sequestri di persona e nel narcotraffico mondiale. Dirà anche di aver ucciso una persona quando ancora non era maggiorenne per conto del padrino Mazzaferro. Insomma, il curriculum è di quelli pesanti nel crimine calabrese e non solo.
Eppure nessuno in Emilia si era accorto della sua storia ingombrante. Fino a quando la Gazzetta di Modena con un’inchiesta a puntate firmate dal giornalista, ora a Domani, Giovanni Tizian (tra il 2009 e il 2011) non svela la rete di Femia e dei suoi affari solo apparentemente legali. In quel periodo i telefoni di Femia erano sotto intercettazione: parlando con il suo faccendiere progettano di fermare in qualche modo il cronista, alla frase «gli sparo in bocca», scattano immediatamente le misure di protezione disposta dall’antimafia per Tizian, che sarà poi anche parte civile nel processo. Sono trascorsi quasi dieci anni dai processi e si arrivati così alla confisca enorme disposta nei giorni scorsi. La fine di una storia criminale, forse. Di sicuro una vicenda che ha scosso l’Emilia, in particolare Modena, dopo le minacce al giornalista. Intimidazioni che hanno rivelato a tutti l’esistenza di un radicamento profondo della criminalità in quei territori.
Sulla confisca definitiva è intervenuto Stefano Vaccari, che fin dagli inizia ha seguito il processo a Femia (il procedimento Black Monkeys) e in commissione antimafia ha lavorato duramente sul gioco d’azzardo legale, tra i pochi ad aver compreso la valenza di quel settore per gli affari delle mafie. «È un’ottima notizia la confisca eseguita dalla Guardia di Finanza che, dopo dodici anni, dà attuazione a una condanna importante nei confronti di uno dei più rilevanti esponenti della ’ndrangheta, Nicola Femia, che, giunto in confino in Romagna, era riuscito a organizzare un vero e proprio impero economico illegale nel settore delle slot machine. Femia e i suoi sodali avevano potuto allargare pressoché indisturbati le maglie della loro rete di influenza, arrivando a condizionare e ricattare molte rivendite e diversi circoli ricreativi in varie province emiliane, imponendo il posizionamento delle loro slot illegali». Così il deputato dem, Stefano Vaccari, segretario di Presidenza della Camera e primo firmatario della proposta di legge sul riordino del settore gioco d’azzardo.
Vaccari ha poi sottolineato il lavoro di indagine giornalistica alla base dell’inchiesta giudiziaria su Femia: «Ringrazio la Guardia di Finanza e la magistratura - aggiunge e - che con coraggio e determinazione hanno indagato su questo nuovo filone di radicamento della ’ndrangheta in Emilia-Romagna, grazie a una importante inchiesta dell’allora giornalista della Gazzetta di Modena Giovanni Tizian, stroncando un fiorente mercato illegale legato al gioco d’azzardo e aprendo la strada ad altre importanti azioni di contrasto. Ho seguito da vicino questa vicenda da componente della Commissione parlamentare antimafia e del Comitato sul gioco d’azzardo: la prima condanna arrivò proprio in quegli anni, durante l’avvio dei nostri lavori. Per questo la confisca di oggi non rappresenta solo la conclusione di una lunga e complessa vicenda giudiziaria, ma anche, e soprattutto, un segnale forte dello Stato nella difesa della legalità e della trasparenza economica di un settore troppo spesso terreno di infiltrazioni mafiose. La lotta alla criminalità organizzata - conclude - passa anche da qui: dalla capacità di sottrarre risorse e potere a chi ha costruito la propria ricchezza sull’illegalità, sull’intimidazione e sulla violenza»
© Riproduzione riservata


