Il segretario leghista testimonia nel processo contro l’autore di Gomorra. Il vicepremier cambia posizione sulla scorta: «Non è un privilegio, né un vantaggio». Ma nel 2018 «minacciò» di toglierla allo scrittore. Scontro sulla vicenda del parlamentare leghista, Domenico Furgiuele, il cui suocero fu condannato per estorsione aggravata da metodo mafioso
«Gli ho stretto la mano e mi ha detto “Vergognati”, è un maleducato». Il ministro leghista Matteo Salvini si riferisce allo scrittore Roberto Saviano contro il quale ha intentato il processo di cui si è celebrata a Roma la tanto attesa udienza.
Tanto attesa perché il capo del Carroccio ha più volte opposto cause di forza maggiore alla possibilità di deporre in aula come parte civile. Ma mercoledì 25 giugno non c’è stato impegno istituzionale che abbia tenuto: il capo del dicastero dei Trasporti e delle Infrastrutture si è seduto al banco dei testimoni per rispondere alle domande del pm Sergio Colaiocco e ripercorrere i fatti del 2018, quando querelò per diffamazione a mezzo stampa l’autore di Gomorra che, citando il meridionalista Gaetano Salvemini, l’aveva additato come «ministro della mala vita».
«Io? Io ministro della malavita? Io che, da ex ministro dell’Interno, ho fatto della lotta alle mafie una priorità?», ha detto Salvini nell’aula 27 di una delle tre palazzine del tribunale capitolino. In silenzio alla domanda dell’avvocato di Saviano, Antonio Nobile, sulla differenza tra politica e propaganda politica, il ministro è sembrato in difficoltà quando poi è stato affrontato il “cuore” del problema: quello relativo alle scorte.
«Io sono sotto scorta al pari dell’imputato – ha risposto il ministro dell’esecutivo Meloni – e ritengo questa protezione fondamentale, non è né un privilegio né un vantaggio». Parole che, però, sono sembrate in contraddizione con le sue stesse vecchie teorie.
Non è stata solo l’accusa ad averlo fatto notare nel corso dell’udienza («Lei ha detto a Saviano sotto scorta che era un privilegiato, non la pensa più così?»), ma anche l’avvocato della difesa che ha enumerato vecchi post del ministro. Uno per tutti: «Ciaone Saviano, fatti una vita a spese tue».
Un momento di imbarazzo per Salvini che si è giustificato parlando di «valutazioni politiche» ma è subito stato interrotto dal giudice Del Litto in persona che ha lanciato il suo monito: «Ministro, le scorte sono importanti!».
A intervenire, sempre durante l’udienza, è stato anche l’imputato Saviano che ha rilasciato dichiarazioni spontanee. «L’arco temporale oggetto del processo che si sta celebrando va dalla campagna elettorale del 2017 di Matteo Salvini all’estate del 2018.
Di tempo ne è passato ma per l’attuale ministro gli obiettivi rimangono gli stessi: il sud con le sue miserie e i suoi ras. Salvini oggi continua a difendere il parlamentare della Lega Domenico Furgiuele nonostante la storia criminale del suocero, Salvatore Mazzei, condannato per estorsione aggravata dal metodo mafioso: proprio Furgiuele, l’uomo di Salvini in Calabria, organizzò l’incontro politico del 2018 a Rosarno in cui il ministero sostenne che il problema del Paese fossero le baraccopoli e non la ‘ndrangheta e lo fece mentre nelle prime sedevano uomini della famiglia Pesce, storicamente affiliata ai Bellocco, noti narcotrafficanti», le parole dello scrittore.
In effetti su Furgiuele, incalzato dall’avvocato Nobile, Salvini ha glissato, dicendo di «non sapere» e, ancora, che «non è un reato avere certi suoceri».
Una giustificazione che, forse, varrebbe anche per se stesso. «A proposito di suoceri – ha concluso Saviano – quello di Salvini, Denis Verdini, è stato coinvolto in un’indagine su fatti corruttivi che hanno l’ambito l’Anas (i rapporti tra il Mit e l’Azienda nazionale autonoma delle strade statali sappiamo essere molto stretti), mentre suo cognato, Tommaso Verdini, ha patteggiato una pena di 2 anni e 9 mesi di reclusione proprio per irregolarità verificate nell’assegnazione di commesse da parte di Anas. Possibile – ha detto lo scrittore – che Salvini sia ancora al suo posto, nonostante evidenti motivi, quantomeno di opportunità, avrebbero suggerito un passo indietro? Riutilizzerei l’espressione “ministro della malavita”».
La prossima udienza è fissata al prossimo 17 novembre.
© Riproduzione riservata



