Qualche giorno fa il senatore Mario Monti, ospite a In Onda su La7, parlando della pandemia di Covid, ha detto: «Non abbiamo usato una politica di comunicazione adatta alla guerra.

Bisognerà trovare un sistema che concili la libertà di espressione ma che dosi dall’alto l'informazione. Parlando continuamente di Covid si fanno solo disastri. Comunicazione di guerra significa che ci deve essere un dosaggio dell’informazione. Bisogna trovare delle modalità meno democratiche» di comunicare.

Apriti cielo. Si è scatenato subito il solito dibattito da tifosi all’italiana: chi lo accusava di volere censurare l’informazione e chi gli diceva bravo e lo applaudiva. Ma la questione non è peregrina.

Il dovere etico di ogni buon giornalista dovrebbe essere quello di riportare in maniera imparziale tutte le opinioni in campo su una determinata questione. Quando la questione è di natura politica o sociale l’imparzialità – cioè il presentare gli argomenti principali di ogni parte in campo assicurando a ciascuna di esse uguale spazio – è fondamentale.

Ma quando si applica alla scienza l’imparzialità può causare problemi: può sembrare che richieda al giornalista di presentare i diversi punti di vista in competizione su una questione come se essi avessero uguale peso scientifico, quando in realtà non l’hanno affatto.

Diritti e doveri

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Quindi: come fare informazione in tempi di pandemia? Bisogna dare voce a tutti? Bisogna dare voce solo a chi sostiene che il Covid è una malattia letale che sta mietendo milioni di morti, oppure anche a chi dice che il Covid è come una banale influenza? Solo a chi sostiene che i vaccini anti Covid ci proteggono dal contagio, dalla malattia e dalla morte, oppure anche a chi dice che sono terapie geniche sperimentali e che causano effetti avversi a lungo termine a noi ignoti perché la ricerca è stata fatta troppo in fretta?

I direttori del Tg di La7, Enrico Mentana, e del Tg1, Monica Maggioni, hanno detto: «Io non lascio parlare i No-vax perché sostengono cose senza senso». È censura oppure informazione corretta?

La questione è sostanziale perché in tempi di pandemia fornire informazioni sbagliate e prive di fondamento scientifico potrebbe indurre molti tra il pubblico a comportarsi in maniera tale da mettere a rischio la loro stessa vita e quella degli altri.

Molti ripetono come un mantra una frase: «La scienza è democratica, gli scienziati discutono tra loro e le opinioni di tutti loro vanno rispettate». Non è vero. In scienza non esistono opinioni ma solo “fatti” verificati da esperimenti. Lo scienziato prima formula una teoria, poi conduce un esperimento per provare se quella teoria è vera o falsa, e se tutto va bene alla fine dice: «I fatti sono questi».

E per scalzare una teoria precedente devi produrre fatti, non opinioni. Questo è il metodo scientifico. I giornalisti dovrebbero saperlo, e dovrebbero essere in grado di distinguere un fatto scientifico da una chiacchiera.

Le fonti primarie

Durante questa pandemia sono successi due eventi straordinari: tutte le nazioni del mondo hanno deciso di rendere pubblici e consultabili online tutti i dati riguardanti i casi di malattia e le morti da Covid, e i numeri delle vaccinazioni; e tutte le riviste scientifiche del pianeta, prima consultabili solo a pagamento, hanno deciso di rendere disponibili a chiunque tutti gli articoli scientifici riguardanti il Covid, proprio per lo straordinario interesse medico ed umanitario che essi rivestivano. Le fonti primarie sono lì, a portata di mano, disponibili per tutti, pubblico e giornalisti.

E però durante la pandemia di Covid ci è toccato assistere al triste spettacolo di medici e scienziati che, sulla stampa oppure in tv, hanno detto: «Il Covid è come un’influenza, il numero delle morti da Covid-19 è di molto inferiore a quello che ci raccontano», senza che un solo giornalista gli mostrasse i dati ufficiali o le migliaia di articoli scientifici pubblicati e gli obiettasse «No, guardi che il coronavirus sta facendo milioni di morti, è molte volte più mortale dell’influenza».

Che hanno affermato che il virus non esiste perché non è mai stato isolato, senza che un solo giornalista gli mostrasse le centinaia di articoli in cui il virus era stato isolato e sequenziato; che hanno sentenziato che farmaci come l’idrossiclorochina e l’ivermectina curavano il Covid senza che nessuno gli sbattesse sotto il naso le decine di articoli che dimostravano che quei farmaci erano inutili anzi pericolosi.

Dopo mesi di un durissimo lockdown che aveva riportato i contagi e le morti quasi a zero, ho potuto assistere al triste spettacolo di un medico che ha sentenziato: «Il virus è clinicamente morto, forse è mutato» senza che un giornalista che uno osasse obiettargli «No, guardi, non c’è un solo articolo scientifico che dica che questo virus sia mutato e diventato più buono, anzi sta ancora facendo milioni di morti». 

Quasi ogni giorno sento sedicenti esperti ripetere che «i vaccini contro il Covid sono terapie geniche sperimentali, sono pericolosi, provocano un numero enorme di effetti avversi e di morti», senza che un solo giornalista obietti: «No, guardate che i dati sono a disposizione di tutti, i vaccini sono sperimentati, sicuri ed efficaci».

Quali comportamenti hanno indotto queste sciagurate frasi? Quante persone sono uscite di casa senza prendere misure di protezione quando il virus ancora circolava? Quante sono state convinte a non vaccinarsi? E che responsabilità portano quei giornalisti che non hanno opposto una sola domanda, una sola obiezione?

Anche di recente ho sentito sedicenti esperti affermare che il green pass è una misura ingiusta perché chi è vaccinato trasmette il virus come chi non è vaccinato, e chi lo nega mente.

Però, non un giornalista ha obiettato che nessuno scienziato ha mai detto che un vaccinato non si contagia e non può contagiare. Ma per contagiare un altro tu prima il coronavirus lo devi prendere, cioè lo devi avere dentro al tuo corpo, e spero che sia ormai chiaro a tutti che se sei vaccinato hai minori probabilità di ammalarti, se ti ammali guarisci prima, e rischi poco di morire.

Ma se chi è vaccinato si ammala meno e guarisce prima, ha minori probabilità di avere il coronavirus dentro il suo corpo, e quindi può passarlo a un altro più difficilmente, perciò contagia di meno. Pensate forse che il vaccino sia una specie di cannone della contraerea che uccide il virus prima ancora che esso entri nel nostro corpo?

Però, tutti gli articoli scientifici dimostrano che un vaccinato contagia e può contagiarsi molto meno di un non vaccinato perché, se il virus penetra nel suo corpo, un vaccinato resta contagioso per poche ore, perché il suo sistema immunitario è subito pronto a combattere e a sconfiggerlo essendo addestrato dal vaccino, mentre un non vaccinato resta contagioso per giorni o addirittura settimane.

Nessun giornalista ha ricordato le decine di articoli scientifici che dimostrano che un vaccinato ha una probabilità di infettare gli altri assai inferiore a quella di un non vaccinato, perché i vaccinati riescono ad eliminare il virus dal loro corpo in un tempo assai più rapido dei non vaccinati, e quindi possono contagiare gli altri per un tempo inferiore. In pratica, un vaccinato può contagiare gli altri per 24-72 ore, chi non è vaccinato per settimane o addirittura mesi.

Quando il 99,9 per cento degli scienziati sostengono una tesi, verificata dai fatti sperimentali, e lo 0,1 quella contraria, non verificata, se intervisti oppure inviti a parlare un esperto che sostiene la prima posizione e un “esperto” che sostiene quella opposta, stai dando l’impressione che ci sia un dibattito tra pari che invece non esiste, e stai manipolando la realtà.

Ti nascondi dietro al paravento della par condicio, fingi di essere imparziale e invece sei fazioso, e stai pure dalla parte sbagliata. E durante una pandemia dare voce a chi spara fandonie non suffragate dai fatti sperimentali può significare anche avere dei morti sulla coscienza.

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