È un’azione legittima intrapresa dalla procura di Palermo. Ma per la premier Giorgia Meloni è «un surreale accanimento». Una nuova pagina del processo Open Arms ha suscitato le immediate reazioni della maggioranza. I pm hanno impugnato, con un “ricorso per saltum” direttamente in Cassazione, la sentenza di assoluzione dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Il leader della Lega, che ha ringraziato Meloni e ribadito di andare avanti «a testa alta», è stato assolto dai reati di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio lo scorso 20 dicembre «perché il fatto non sussiste». Ora i pm hanno chiesto alla Corte di annullare con rinvio la sentenza impugnata. Qualora i giudici di legittimità dovessero respingere il ricorso, il processo si chiuderebbe definitivamente. Al contrario, se accolto, la questione andrebbe ai giudici di appello, che dovrebbero giudicare nel merito secondo i principi individuati dalla Corte.

I fatti risalgono all’agosto 2019, durante il governo Conte I. Da poco era stato approvato il “decreto Sicurezza bis”, sulla base del quale l’ex ministro dell’Interno aveva imposto un blocco all’ingresso nelle acque territoriali della nave dell’ong spagnola Open Arms, che in tre diverse operazioni in acque internazionali aveva salvato 147 naufraghi. Il ministro era imputato per aver trattenuto sull’imbarcazione i migranti per 19 giorni negando loro lo sbarco.

Il processo, iniziato a settembre 2021, si è concluso tre anni dopo, con una richiesta di condanna da parte dei pm a sei anni di reclusione e la sentenza di assoluzione del tribunale perché «il fatto non sussiste», per entrambe le imputazioni. Secondo i giudici, in base alla normativa internazionale sul soccorso in mare, l’Italia non avrebbe mai avuto l’onere del rilascio del Pos. E il ministro non era il soggetto responsabile dello sbarco per i minori stranieri non accompagnati.

Il ricorso

Il tribunale ha «accolto pienamente», scrivono i pm, la ricostruzione dei fatti dell’accusa, divergendo «solo con riguardo all’individuazione e interpretazione della normativa applicabile». Da qui la decisione di portare il caso davanti al giudice di legittimità, e non di merito, perché la pronuncia avrebbe interpretato male leggi e convenzioni, sostenendo che l’Italia non aveva l’obbligo di assegnare alla nave dell’ong un porto sicuro (Pos).

Lo stesso «errore di prospettiva» fatto nel caso Diciotti, ricordano i pm, su cui sono intervenute le Sezioni unite civili della Cassazione il 6 marzo. In quel caso la Corte ha stabilito che il negato sbarco, imposto sempre da Salvini, non solo è «in contrasto con la chiara normativa internazionale sul soccorso in mare», «ma soprattutto viola l’articolo 13 della Costituzione» che tutela la liberà personale. Per questo i migranti, secondo la Corte, «subirono un’arbitraria privazione della libertà».

Così, secondo gli inquirenti, anche la sentenza Open Arms è «manifestamente viziata per l’inosservanza» delle norme sulla libertà personale e le convenzioni internazionali. A questo si aggiungono «le violazioni di legge» rispetto alla normativa sui minori. Secondo la procura, le norme sul soccorso in mare sono state violate perché all’Italia spettava l’obbligo di rilasciare il Pos.

Il tribunale ha poi escluso la responsabilità di Salvini solo e unicamente, si legge, «in ragione dell’ipotizzata assenza» di quest’obbligo, e così facendo ha «ignorato che la limitazione dell’altrui libertà personale può lecitamente realizzarsi», secondo l’articolo 13 della Costituzione, «solo con “atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”». La normativa internazionale non autorizzava il ministro a «trattenere i naufraghi».

Infine, la sentenza del tribunale di Palermo, conclude la procura, «ha finito per delineare un sistema giuridico di salvaguardia del minore straniero discriminatorio e penalizzante proprio» verso le «persone più vulnerabili». I diritti dei minorenni non avrebbero dovuto essere bilanciati con le «mere esigenze burocratiche degli apparati amministrativi».

«Nessuno scontro»

Di fronte a una sentenza di assoluzione «non c’è alcuno scontro tra politica e magistratura», ha commentato Salvini, ringraziando il tribunale. Anche la procura, però, è parte della magistratura e se i giudici di Palermo hanno ricevuto complimenti dalla maggioranza – la sentenza «è completa e puntuale in fatto ed ineccepibile in diritto» ha detto l’avvocata del leader leghista, Giulia Bongiorno – i pm del caso Open Arms sono da anni nel mirino di Salvini e del governo. «Un fallimentare processo di tre anni», per Meloni, per il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, si tratta di una scelta non degna di un paese civile, perché «non si impugnano le assoluzioni». E c’è anche chi, come il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, allora capo di gabinetto di Salvini, si è immolato per il collega, ritenendosi «moralmente imputabile anche lui».

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