Nella Cappella Sistina non si sente più il fumo delle schede elettorali bianche che lo scorso 8 maggio hanno portato papa Robert Francis Prevost sul trono di Pietro in soli quattro scrutini. Ma ha avuto il sapore di un ultimo conclave l’incontro che papa Leone XIV ha avuto ieri mattina con il collegio cardinalizio. Un discorso che traccia strade e anticipa gli indirizzi dell’attesa omelia di inizio pontificato, il prossimo 18 maggio. Manca una settimana dalla messa inaugurale, ma la Santa sede è anche una macchina burocratica, con un suo organigramma provvisorio che il pontefice modella e definisce a sua immagine e somiglianza: «Abbiamo visto qual è la vera grandezza della chiesa, che vive nella varietà delle sue membra unite all’unico Capo, Cristo» ha detto il pontefice nel suo discorso ai porporati.

Festina lente in Curia

Appena un giorno dopo la fumata bianca, abbiamo appreso che, come usuale, il papa ha prorogato tutti gli incarichi della curia romana, «come pure i segretari, nonché il presidente della Pontificia commissione per lo stato della Città del Vaticano», ha fatto sapere la Sala stampa, con una chiosa latina a definire gli orizzonti, temporali e simbolici: «donec aliter provideatur, fino a quando non si provvederà diversamente».

Resta al suo posto, quindi, il segretario di Stato, Pietro Parolin, numero due dello stato vaticano e chiave di volta della diplomazia pontificia. Anche papa Francesco, peraltro, sostituì l’allora segretario di Stato, Tarcisio Bertone, solo a una manciata di mesi dalla sua elezione. Cambieranno forse anche gli altri capi dicastero e i segretari. Festina lente, dicevano i latini, che nel linguaggio affettato del comunicato stampa vaticano suona così: «Il Santo Padre desidera, infatti, riservarsi un certo tempo per la riflessione, la preghiera e il dialogo, prima di qualunque nomina o conferma definitiva».

Il rebus Santa Marta

D’altronde, la stessa Universi Dominici Gregis, la costituzione apostolica sulla Sede Vacante promulgata da Giovanni Paolo II nel 1996, parla di «tempo conveniente» sulle disposizioni che il nuovo papa eletto dovrà dare. Il documento specifica che possono accedere al nuovo pontefice il sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, mons. Edgar Peña Parra, il segretario per i rapporti con gli stati, cioè mons. Paul Richard Gallagher, il prefetto della Casa Pontificia, il presbitero Leonardo Sapienza, «e chiunque altro debba trattare con il pontefice eletto di cose che al momento sono necessarie».

In secondo luogo, avviene nelle ore successive la rottura dei sigilli dell’appartamento papale. La compie il papa stesso, insieme ai membri della Camera Apostolica, cioè il cardinale camerlengo, il suo segretario personale, qualora ne abbia uno, e il prefetto della Casa Pontificia. Nelle operazioni, il papa è anche accompagnato dagli ufficiali delle guardie svizzere, che lo scortano agli accessi dell’appartamento papale. In questo caso, si tratta di casa Santa Marta, al secondo piano dove ha vissuto personalmente papa Francesco nei suoi 12 anni di pontificato.

Sarà, poi, importante capire se il papa starà nella residenza scelto dal suo predecessore oppure opterà per l’Appartamento papale situato alla Terza Loggia. Voci di loggia parlano di un’opzione alternativa: il palazzo dell’ex Sant’Uffizio, dove ha abitato da cardinale e continua a dormire da neo papa.

Da San Pietro a San Giovanni

Ma è sulla Messa di inaugurazione del pontificato, prevista per il 18 maggio prossimo, che si tracceranno le linee del pontificato leonino. Per esempio, le parole dell’omelia di inizio pontificato di Giovanni Paolo II, letta il 22 ottobre 1978, quell’invito a non avere paura e ad «aprite, anzi, spalancare le porte a Cristo, alla sua salvatrice potestà, ai confini degli stati, ai sistemi economici come quelli politici» suonarono come un vero e proprio manifesto undici anni prima che le porte della cortina di ferro si spalancarono nell’osmosi geopolitica mondiale.

La celebrazione eucaristica chiuderà una settimana in cui Leone XIV avrà incontrato il corpo diplomatico (16 maggio) e la stampa mondiale (12 maggio): due destinatari per i quali le parole del neo pontefice avranno un peso importante. L’elezione pontificia è scandita da un rituale complesso, che si conclude con l’insediamento e la presa di possesso del trono di Pietro.

Sarà il 25 maggio prossimo, giorno in cui la chiesa ricorda il dottore della chiesa, Beda il Venerabile, che papa Leone XIV, muovendosi dalla basilica di San Pietro, alla presenza di tutto il clero romano, arriverà nell’Arcibasilica di San Giovanni in Laterano, la chiesa cattedrale di Roma e sede ufficiale del suo vescovo, cioè il papa stesso.

Nel rituale si chiama presa di possesso l’intronizzazione del papa, che siede sulla cattedra di Pietro in qualità di vicario di Cristo. Il gesto ha un suo valore simbolico: sedendovicisi, il pontefice schiaccia il suppedaneo, il gradino su cui poggia il trono petrino, che ha raffigurati in bassorilievo un aspide, un leone, un drago e un basilisco: un richiamo al Salmo 90 che recita: «Camminerai su apsidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi».

Solo il papa, che raccoglie il testimone di Cristo, ha il potere di schiacciare il male che minaccia la chiesa. Un forte messaggio spirituale, peraltro eco di quanto, eletto poco prima, Leone XIV aveva detto al mondo: «Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti, e il male non prevarrà!».

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