Martedì sera Valeria Campagna ha ricevuto la chiamata di un amico. «Non sapeva come dirmelo», dice a Domani Campagna. L’uomo aveva visto su Instagram alcuni post che chiedevano la chiusura di un sito pornografico e così l’aveva visitato per vedere se la piattaforma avesse pubblicato foto o video di ragazze che potesse conoscere e, in questo modo, avvertire. «Mentre navigava aveva trovato un'intera sezione dedicata alle figure politiche, con circa una ventina di donne, e al cui interno c'era una sottosezione a mio nome attiva da maggio 2024, con le mie fotografie», dice Campagna.

Campagna è consigliera comunale e vicesegretaria del Partito democatrico (Pd) Lazio e mercoledì mattina ha reso pubblico che alcune sue foto erano state pubblicate senza il suo consenso su una piattaforma online, Picha.eu, accompagnate da commenti sessisti e denigratori. Nel forum, nato nel 2005, utenti anonimi hanno pubblicato immagini di attrici, influencer, figure politiche e donne comuni per anni.

Quest’estate la chiusura del gruppo Facebook “Mia moglie”, frequentato da oltre trentamila utenti e dove venivano condivise foto e video di donne a loro insaputa, ha concentrato l’attenzione pubblica sul fenomeno della diffusione online non consensuale di immagini intime o di vita privata. Ma la denuncia di giornalisti e attivisti ha portato a sua volta alla luce la presenza di altre comunità digitali con dinamiche simili, di cui alcune attive da decenni.

La vicenda Picha.eu

Phica.eu si presenta come uno spazio online dedicato all’erotismo, ma molto del materiale proposto dal sito non è consensuale: fotografie prese da social network, screenshot, scatti rubati in contesti privati, commentati dagli utenti nei thread della piattaforma. Le sezioni del forum vanno da quelle dedicate alle star dello spettacolo fino a “ragazze comuni”, organizzate anche per città o ambienti specifici come strade, mezzi pubblici o spogliatoi. Secondo alcune segnalazioni, sarebbero state pubblicate anche immagini di minorenni, circostanza che ha alimentato nel tempo le richieste di oscuramento.

Tra il 2010 e il 2020 il sito si è consolidato come punto di raccolta per community online, attirando un pubblico internazionale, ma anche alimentando denunce da parte di associazioni e figure pubbliche. Le richieste non hanno prodotto conseguenze significative fino al 2023, quando è comparsa una prima petizione pubblica, lanciata sul sito Change.org per chiedere la chiusura di Phica.eu e raccogliendo alcune migliaia di firme. Ma è stato solo nell'estate del 2025 che le adesioni alla petizione hanno registrato un’impennata.

Dopo la diffusione della notizia dell’esistenza del gruppo Facebook “Mia moglie”, infatti, le sottoscrizioni alla campagna per la chiusura di Phica.eu hanno superato le centomila in pochi giorni e, insieme ad esse, sono cresciute le denunce delle donne che si sono riconosciute nel materiale presente nel sito.

L’attrice e influencer Anna Madaro ha dichiarato che foto e video che la ritraevano sono stati caricati sul sito senza autorizzazione, accompagnati da commenti offensivi; anche la modella Anna Pittureri ha raccontato di aver trovato immagini tratte dai propri profili social utilizzate all’interno del forum. Oltre a Valeria Campagna, Alessandra Moretti, europarlamentare per il Pd, e Alessia Morani, deputata alla Camera dal 15 marzo 2013 al 12 ottobre 2022 per il Pd e sottosegretaria di Stato al Ministero dello sviluppo economico nel governo Conte II, hanno reso pubblico che alcune loro foto erano state modificate e inserite nella sezione del forum dedicata alle donne in politica.

«Tra i tanti messaggi di solidarietà, molte persone che hanno detto: “Mi sembra assurdo che riguardi una persona che io conosco”. E io sono stata più fortunata di tante altre: penso a ragazze e donne in situazioni di marginalizzazione e che quindi hanno meno mezzi per rispondere all’abuso, in un sistema ancora impreparato a proteggerci», dice Campagna.

La miccia accesa dalla vicenda di “Mia moglie” racconta un lato positivo della cultura di internet, che ha permesso ad una piattaforma che sopravvive da vent’anni di essere oscurata in una sola estate, dice Campagna. «Ma anche ora che il tema è così caldo, noto una narrazione politica e mediatica che non chiama la notizia con il suo nome, quando è inutile girarci intorno: non è solo un caso di violazione della privacy, ma di patriarcato strutturale e sistematico. Questo ci fa capire quanto sia urgente un intervento culturale».

Il caso Phica.eu evidenzia anche le difficoltà di applicazione delle leggi vigenti in materia di revenge porn e diffusione non consensuale di immagini intime, spiega Campagna. Nonostante in Italia dal 2019 sia in vigore la legge “Codice Rosso”, che prevede pene fino a sei anni di carcere per chi diffonde contenuti senza consenso, l’anonimato degli utenti e la localizzazione della sede dei server all’estero rendono complesso l’intervento delle autorità.

«Ciò dimostra che una risposta solo penale è doppiamente insufficiente se non accompagnata da una proposta istituzionale educativa, sia in termini di educazione sessuale sia digitale, perché anche le forze dell’ordine oggi non hanno i mezzi per rispondere a un ecosistema talmente ampio e difficilmente tracciabile», dice Campagna. «Sappiamo che c’è tanto lavoro da fare e ci vorrà tempo, ma non è vero che non è possibile cambiare le cose. E a chi dice “Tanto il sito lo riapriranno domani”, noi rispondiamo: “Benissimo, e domani saremo ancora di più pronte, unite e preparate di quanto lo siamo state oggi”».

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