Il tour promozionale – definito dal ministero addirittura “antimafia” – di Matteo Salvini per il Ponte sullo Stretto parte nel fumo delle contestazioni e sotto l’ombra sempre più ingombrante delle mafie. Oggi il ministro delle Infrastrutture è arrivato a Reggio Calabria per un incontro con la prefetta Clara Vaccaro, il procuratore Giuseppe Lombardo, i sindaci di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà e di Villa San Giovanni Giuseppina Caminiti. Domani sarà a Messina. Ad attenderlo non c’erano le figure istituzionali: piazza Italia era piena di sigle sindacali, movimenti civici, studenti e lavoratori in protesta. Le accuse? Propaganda, sprechi, e un’opera che già ora mostra tutte le crepe di una colata politica.

Tra i primi a sfilarsi dall’invito ufficiale della prefettura c’è stata l’Usb di Reggio Calabria: «Non parteciperemo a una farsa che spaccia per sviluppo,  una speculazione sulla pelle del territorio – si legge nel comunicato del sindacato – Saremo invece in piazza, con chi rifiuta di svendere il futuro dello Stretto». Sullo stesso fronte anche la Cgil, che ha formalmente scritto alla Commissaria europea per l’Ambiente Jessika Roswall per denunciare «gravi criticità tecniche, ambientali, normative e sociali» nella procedura di approvazione del progetto.

Per Salvini è «curioso che ci sia un sindacato che dice no a 120mila posti di lavoro». Nessun riferimento, invece, alle perplessità già sollevate dallo stesso Quirinale sull’emendamento al decreto infrastrutture che mirava a depotenziare i controlli antimafia.

Mentre il ministro si concede passerelle e telecamere, la Direzione investigativa antimafia ha però acceso i riflettori. Sono cinque le procure distrettuali già coinvolte – Reggio Calabria, Messina, Catania, Catanzaro e Milano – e tutte si stanno concentrando sulle aree da espropriare e sui subappalti, ambiti storicamente sensibili alle infiltrazioni mafiose.

Un campanello d’allarme squillato forte anche per il caso dell’ex procuratore aggiunto Michele Prestipino, finito sotto procedimento disciplinare perché avrebbe rivelato informazioni riservate a Gianni De Gennaro (presidente di Eurolink, il consorzio incaricato della realizzazione del ponte) e a Francesco Gratteri, responsabile della sicurezza di Webuild. Prestipino, intercettato dalla procura di Caltanissetta, parlava di indagini in corso su imprenditori siciliani. Ora l'inchiesta si sposta a Roma.

I terreni degli eredi dei boss

A rincarare le accuse, la lettera firmata dal deputato di Alleanza Verdi Sinistra, Angelo Bonelli, indirizzata due giorni fa alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Bonelli denuncia come «nei documenti ufficiali degli espropri per il Ponte compaiano nomi legati a Cosa Nostra e alla 'Ndrangheta».

L’elenco è inquietante: i terreni espropriati includerebbero proprietà riconducibili agli eredi di Santo Sfameni, figura storica dei clan del Messinese, già condannato per gravi reati. Tra i fondi agricoli c’è anche un casolare di Villafranca Tirrena, già rifugio di latitanti e teatro di summit mafiosi, tra cui quelli con Angelo Siino – “ministro dei lavori pubblici” di Cosa Nostra – e il boss Michelangelo Alfano. Sul versante calabrese, notizie risalenti all'aprile 2024 hanno evidenziato come terreni nel comune di Limbadi (provincia di Vibo Valentia), appartenenti a Carmina Antonia Mancuso (figlia del boss Ciccio Mancuso) e a Francesco Naso (imprenditore condannato in primo grado per associazione mafiosa nel processo Rinascita Scott e ritenuto vicino al clan Mancuso), siano inclusi nelle procedure di esproprio. Tali aree sarebbero destinate alla realizzazione di un deposito per materiale inerte (identificato come Cra3) e allo stoccaggio temporaneo di detriti derivanti dai cantieri del Ponte.

Bonelli chiede conto del mancato protocollo di legalità promesso nel 2024 dall’Ad della società Stretto di Messina Pietro Ciucci: «Ad oggi, maggio 2025, quel protocollo non esiste – scrive – mentre si avvia un’opera che rischia di consegnare cave, depositi e fondi pubblici nelle mani delle mafie».

Ministro contestato

Mentre l’iter di approvazione accelera – con il progetto trasmesso alla Commissione europea tramite una relazione Iropi che la Cgil contesta punto per punto – il Ponte intanto è stato classificato come “opera di alto interesse militare”, eludendo così alcuni passaggi di controllo comunitario. Una scorciatoia che inevitabilmente aumenta i dubbi sulla trasparenza.

La risposta dei territori non si è fatta attendere. A Reggio Calabria il Movimento No Ponte, il Movimento “La Strada” e diverse altre realtà locali hanno animato il presidio contro la “passerella del ministro”. «Un’opera inutile e dannosa, finanziata a colpi di tagli ai diritti e ai bisogni del Sud – spiegano – mentre la sanità è al collasso, le infrastrutture languono e il Pnrr arranca». Il Documento di finanza pubblica 2025 certifica lo spostamento di 1,6 miliardi dai Fondi di coesione e sviluppo di Calabria e Sicilia per finanziare il progetto.

Il tour di Salvini continua domani, venerdì 30 maggio, a Messina. Ma le domande restano le stesse: perché esautorare gli enti tecnici dello Stato? Perché procedere senza un protocollo di legalità? Dal ministro finora nessuna risposta concreta. Ma il rumore delle piazze sembra ogni giorno più forte. E a Salvini non basterà bollarli come i signornò.

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