Mary Brunkow, Fred Ramsdell e Shimon Samaguchi hanno scoperto le cellule immunitarie T regolatorie, che impediscono al nostro corpo di attaccare i suoi stessi tessuti e organi, e i meccanismi genetici del loro funzionamento. Una rivoluzione nel modo in cui pensiamo funzioni il nostro sistema immunitario, che ci permetterà nei prossimi anni, o addirittura mesi, di trovare il modo per utilizzare quelle stesse cellule per la cura di malattie come il diabete di tipo 1, l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla
Quest’anno il premio Nobel per la medicina è andato a tre scienziati che hanno scoperto una classe di cellule immunitarie che aiutano a impedire che il nostro corpo attacchi i suoi stessi tessuti e organi. Mary Brunkow, biologa molecolare, Fred Ramsdell, consulente scientifico, e Shimon Samaguchi, immonologo, divideranno il premio di 11 milioni di corone svedesi, pari più o meno a un milione di euro, conferito «per le loro scoperte riguardanti la tolleranza immune periferica».
L'americana Mary Brunkow, 65 anni, ha conseguito il dottorato nell'Università di Princeton e ora lavora presso l'Istituto per la Biologia dei sistemi di Seattle, un istituto di ricerca senza scopo di lucro che studia le relazioni tra le varie parti dei sistemi. Fred Ramsdell, americano pure lui, 66 anni il prossimo 5 dicembre, è direttore di ricerca dell'Istituto Parker per l'immunoterapia dei tumori. Nato nel 1960 a San Francisco, lavora anche come consulente scientifico per l'azienda privata Sonoma Biotherapeutics di San Francisco. Il giapponese Shimon Sakaguchi, 74 anni, ha conseguito il dottorato all'Università di Kyoto nel 1976, e ora lavora all'Immunology frontier research center dell'Università di Osaka.
Nella conferenza stampa che ha annunciato il premio, Marie Wahren-Herlenius - reumatologa dell’Istituto Karolinska di Stoccolma che fa parte del comitato per il Nobel - ha spiegato che i tre scienziati «hanno fornito conoscenze fondamentali su come viene regolato il nostro sistema immunitario». Le loro scoperte ci aiutano a comprendere «come teniamo il nostro sistema immunitario sotto controllo, cosicché noi possiamo combattere tutti i microbi immaginabili e allo stesso tempo evitare le malattie autoimmuni», ha continuato.
Grazie agli studi di questi tre scienziati nei prossimi anni o addirittura nei prossimi mesi potremmo disporre di cure contro malattie autoimmuni quali il diabete di tipo 1, l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla e tante altre che colpiscono circa un essere umano ogni dieci. Molte terapie contro malattie autoimmuni basate sulle loro scoperte sono in una fase di iniziale sviluppo clinico.
Le cellule T
Ma cosa hanno scoperto questi scienziati? Particolari cellule linfocitarie del nostro sangue, chiamate cellule T, svolgono un ruolo fondamentale nel nostro sistema immunitario: sono quelle che attaccano le cellule cancerose o le cellule infettate da un batterio da un virus. Però, nel 1995 Samaguchi scoprì un nuovo sottotipo di cellule T - che lui chiamò cellule regolatorie. Si rese conto che queste cellule, molto rare e difficili da individuare, servono come una specie di “freno” per il sistema immunitario: difatti, impediscono che esso iper-reagisca contro una minaccia esterna, oppure se ha già iper-reagito ne sopprimono la risposta.
Le cellule T regolatorie costituiscono solo l’1-2 per cento di tutte le cellule T, però - ha spiegato Samantha Bucktrout, immunologa ex-collega di Ramsdell, «sono come un corpo speciale di polizia che tiene tutti al loro posto». Arrivano sul posto in cui è in corso una reazione immunitaria del nostro corpo e «chiudono tutto. Poi puliscono e fanno spegnere la risposta infiammatoria in maniera efficacissima».
Samaguchi ha dimostrato che topini da laboratorio che erano stati privati delle cellule T regolatorie sviluppavano malattie autoimmuni della tiroide, del pancreas e di altri organi, e che se venivano somministrate a quegli stessi topini soluzioni che contenevano cellule T regolatorie la progressione di quelle malattie si arrestava. Fu una scoperta fondamentale: prima gli scienziati avevano sospettato per decenni che il nostro sistema immunitario contenesse, diciamo così, un sistema di frenaggio incorporato, ma nessuno l’aveva mai trovato.
Negli anni seguenti, altri team di ricercatori isolarono altri tipi diversi di cellule di regolatorie, ognuna delle quali aveva sue specifiche proprietà di immunosoppressione. E altri scienziati ancora iniziarono a pensare a come poter utilizzare queste cellule per porre freno alle malattie autoimmuni.
Nel 2001, Mary Brunkow e Fred Ramsdell scoprirono che la mutazione di un gene - che loro chiamarono Foxp3 - causava una malattia autoimmune fatale per i topini da laboratorio. I due studiarono un ceppo di topini da laboratorio che si sospettava possedesse una mutazione genetica, perché tutti avevano il pelo pieno di forfora (da cui il nome del ceppo, chiamato scurfy, “forforoso”) e orecchie minuscole, e morivano due o tre settimane dopo la nascita perché sviluppavano una malattia autoimmune simile al lupus dell’uomo.
Progressi potenzialmente rivoluzionari
Innanzitutto, i due scoprirono che i topini avevano pochissime cellule T regolatorie, e quelle poche funzionavano malissimo perché portavano una mutazione fatale di un gene che codificava un fattore di trascrizione, cioè una proteina che regola la trascrizione del Dna. Qualche anno dopo, Brunkow e Ramsdell scoprirono che mutazioni nel gene umano equivalente al Foxp3 del topo causavano una rara malattia genetica autoimmune chiamata IPEX - che sta per Immunodisregolazione, poliendopcrinopatia ed enteropatia legata al cromosoma X. Nel 2003 si è chiuso il cerchio, perché Samaguchi e i suoi colleghi hanno mostrato che il gene FoxP3 viene espresso specificamente nelle cellule T regolatorie, ed è richiesto per il loro normale sviluppo.
Le scoperte di questi tre scienziati hanno rivoluzionato il modo in cui noi pensiamo funzioni il nostro sistema immunitario e la nostra autoimmunità. La scoperta delle cellule T regolatorie e dei marker per identificarle ci permetterà di trovare il modo per utilizzare le loro attività a nostro vantaggio per la cura delle malattie. Studi preliminari hanno scoperto che individui affetti da malattie autoimmuni - come il diabete di tipo 1, il lupus, l’artrite reumatoide e la sclerosi multipla - spesso hanno troppo poche cellule T regolatorie nel loro sangue, o cellule T regolatorie malfunzionanti. Esperimenti preliminari nel topo hanno mostrato che si potranno utilizzare le cellule T regolatorie per curare queste malattie.
Alcune compagnie farmaceutiche - come la Eli Lilly e la Celgene - hanno investito in farmaci che riproducono l’attività delle cellule T regolatorie. Lo scorso anno, la Sonoma Biotherapeutics - che è la compagnia dove lavora Fred Ramsdell - ha iniziato due trial clinici in cui due farmaci ottenuti dalle stesse cellule T regolatorie di quegli stessi pazienti vengono iniettati a individui che soffrono di artrite reumatoide o di un’altra malattia cronica che causa dolorosi rigonfiamenti sottocutanei.
L’utilizzo delle cellule T regolatorie potrebbe portare progressi rivoluzionari nella cura di tutte le malattie autoimmuni e del cancro. Ma oggi, Shimon Samaguchi, che è noto per essere uno scienziato calmo e riservato, alla conferenza stampa in cui ha ringraziato per il premio, ha detto che non vedeva l’ora di farsi un bagno caldo e di godersi una bella notte di sonno, e ha lanciato un messaggio per i giovani ricercatori: «Andate avanti, trovate la vostra strada e continuate a fare quello che vi piace».
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