«Nella maggioranza c’era una politica condivisa sulla gestione dei fenomeni migratori che prevedeva il coinvolgimento delle istituzioni europee», ha detto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini in udienza nel processo Open Arms, nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. Dalla prossima udienza, il 16 febbraio, verranno ascoltati i testi indicati dalla difesa del vicepremier, tra cui l’attuale ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che all’epoca era capo di gabinetto del ministero guidato da Salvini. 

Matteo Salvini, imputato per sequestro di persona e rifiuto di atto di ufficio, nel 2019 era ministro dell’Interno ed è accusato di aver trattenuto per sei giorni sulla nave spagnola dell’ong ormeggiata davanti all’isola di Lampedusa 147 migranti, impedendo loro lo sbarco.  

Salvini ripete più volte che le decisioni adottate sono state frutto dell’«operatività collegiale e condivisa sulle politiche migratorie»: scelte, dice, rivendicate anche dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, da Luigi Di Maio – allora vicepremier, ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico  – e Danilo Toninelli, ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

A riprova di ciò, sottolinea Salvini, l’approvazione da parte del governo giallo-verde dei due decreti sicurezza. L’unica scelta di politica migratoria che Conte non avrebbe appoggiato, secondo Salvini, è quella sulla Open Arms, per una questione politica: «tra l’8 e il 9 agosto 2019 si aprì la crisi» del primo governo Conte, ha ricordato l’ex vicepremier, «con la presentazione di una mozione di sfiducia da parte della Lega nei confronti del presidente del Consiglio». Ma, continua, il governo ha sempre garantito «la sicurezza della vita umana, ottenendo anche il coinvolgimento dei paesi europei». 

Sicurezza nazionale

Sostiene poi di aver agito per tutelare la sicurezza nazionale, perché «al contrario di quel che sostiene qualcuno l’allarme terrorismo c’era. Quindi la particolare attenzione all’immigrazione irregolare era un obiettivo giusto».

«Ho l’orgoglio di dire che quando fui ministro dell’Interno non ci fu alcun episodio luttuoso riferito a migranti, a differenza di quanto avvenuto dopo», ha precisato, sottolineando che «la politica del governo era di contrasto al traffico degli esseri umani e di coinvolgimento dell’Europa». 

L’allora ministro dell’Interno ha poi spiegato di aver ridotto del 90 per cento gli sbarchi e di aver fatto risparmiare al paese centinaia di milioni di euro di denaro pubblico, oltre ad aver «collaborato all’arresto di scafisti». Ma ciò «che più mi è caro», ha detto, è di aver contribuito al «salvataggio delle vite». «Ho reso un servizio utile al paese», ha continuato, «e mi faccio pienamente carico di quel che abbiamo fatto con risultati assolutamente mai raggiunti né prima né dopo».

Un «processo che mi vede rischiare una condanna a 15 anni solo per aver difeso la sicurezza del mio paese da ministro dell’Interno», ha commenta Salvini prima dell’inizio dell’udienza, «a testa alta e orgoglioso di quello che ho fatto».

L’esame di Salvini

Per il ministero il solo fatto di avere a bordo delle persone migranti rendevano l’ingresso dell’imbarcazione nelle acque italiane «offensivo». Quello della Open Arms era un «passaggio non inoffensivo» perché, ha riferito Salvini, era una nave battente bandiera non italiana, aveva soccorso i naufraghi in acque non italiane e il salvataggio era avvenuto senza il coordinamento delle autorità italiane. Non c’era però alcuna indicazione specifica di «terroristi a bordo della nave Open Arms».

L’allora capo di gabinetto Piantedosi, ha detto Salvini, «mi disse che a bordo di Open Arms la situazione era sotto controllo» ma, ha aggiunto, «non ricordo se mi dissero che c’erano persone che si lanciavano in acqua. Se ci fosse stata una condizione di pericolo lo sbarco sarebbe stato immediato». Se la procura di Agrigento non avesse deciso di far sbarcare la nave il 20 agosto del 2019, ha precisato Salvini, «noi avremmo comunque dato l’indicazione del porto sicuro di lì a poco, perché le trattative con i paesi europei sulla redistribuzione dei profughi erano in fase avanzata. Se non fosse intervenuta l’autorità giudiziaria, l’avremmo fatto noi».

Non sono mai stati negati sbarchi ai minori, ha poi precisato l’ex ministro dell’Interno. Nonostante non ci fossero accordi per la redistribuzione negli altri paesi europei dei migranti, che rimaneva su base volontaria, il governo non aveva una posizione su un limite temporale oltre il quale disporre lo sbarco. 

La crisi di governo in corso, ha risposto Salvini, non ha influenzato alcuna decisione sulla Open Arms, dove – secondo il ministro – non c’erano emergenze a bordo né situazioni di rischio. 

Il fatto di non concedere un porto sicuro, senza aver prima «chiuso l’accordo con gli altri paesi europei sulla redistribuzione era una sorte di pressione», ha proseguito il segretario della Lega, «e grazie al nostro operato finalmente l’Europa è diventata solidale».

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