Dalla Francia al Portogallo, dalla Svezia alla Germania, è ora vietata la vendita ai minorenni, i governi hanno riconosciuto la pericolosità del protossido d’azoto e sono intervenuti. Il gas, incolore e con un sapore dolciastro, è usato da decenni in ambito medico, come anestetico lieve in odontoiatria e traumatologia. In Italia si è diffuso tra i giovani come droga euforica
Per raccontare questa storia si potrebbe partire da un paesino del cremasco. A Pandino qualche giorno fa il comandante della polizia locale e il sindaco hanno lanciato un appello pubblico dopo il ritrovamento di lattine sospette contenenti protossido d’azoto, comunemente noto come “gas esilarante” o “droga dei palloncini”.
I giovani le utilizzavano per inalare il gas tramite palloncini, inseguendo brevi euforie e risate. In un video diffuso alla cittadinanza, il sindaco Piergiacomo Bonaventi e il comandante della Polizia locale Giuseppe Cantoni hanno denunciato i rischi del consumo ricreativo: perdita di coscienza, carenza di ossigeno, danni neurologici.
Eppure quello di Pandino non è un caso isolato. È solo uno dei pochissimi comuni italiani ad aver tentato una risposta pubblica davanti a un fenomeno che nel resto d’Europa è già riconosciuto come una minaccia sanitaria.
I numeri in Europa
In Francia, il 14 per cento dei giovani adulti tra i 18 e i 29 anni ha provato il gas almeno una volta. Nei Paesi Bassi lo ha usato il 14,5 per cento dei diciottenni e diciannovenni, e il governo è intervenuto con un divieto totale per uso ricreativo. Nel Regno Unito la percentuale tocca l’8,7 per cento tra i 16 e i 24 anni: anche lì il protossido è stato inserito tra le “droghe di classe C”, vietandone possesso e vendita per inalazione. In Danimarca, le segnalazioni ai centri antiveleni sono quadruplicate in sei anni. In Irlanda, un'indagine del 2021 ha rilevato che oltre il 23 per cento dei giovani che fanno uso di droghe aveva provato il gas.
Le misure legislative si sono moltiplicate: dalla Francia al Portogallo, dalla Svezia fino alla Germania, dove in diversi Länder è ora vietata la vendita ai minorenni, i governi hanno riconosciuto la pericolosità del fenomeno e sono intervenuti. Anche l’Unione europea ha autorizzato nuove etichette obbligatorie di rischio, con la dicitura: «provoca danni al sistema nervoso in caso di esposizione prolungata».
Il gas, incolore e con un sapore dolciastro, è usato da decenni in ambito medico come anestetico lieve in odontoiatria e traumatologia. È anche impiegato nell’industria alimentare come propellente, identificato dalla sigla E942. E proprio da qui, dai sifoni per la panna montata o dalle bombole vendute online, passa oggi gran parte del mercato ricreativo. Basta una cartuccia da pochi grammi per ottenere, a meno di un euro, qualche minuto di euforia. Il problema è che questi effetti, per quanto rapidi, hanno un prezzo altissimo. La neurotossicità del gas è documentata.
I rischi
L’inalazione ripetuta inattiva la vitamina B12 e può portare a danni permanenti al midollo spinale, con sintomi che vanno dalle parestesie all’atassia fino alla paralisi. La degenerazione subacuta combinata del midollo spinale, un tempo rara, è ormai una diagnosi sempre più frequente tra giovani consumatori abituali.
A questo si aggiungono i rischi immediati: ustioni da congelamento, disorientamento, perdita di coscienza, incidenti stradali. In Francia, il 92 per cento dei casi registrati nel 2023 riguardava consumatori abituali, spesso intossicati da bombole di grande formato.
Il cuore del problema, in Italia, è che tutto questo è legale. Il protossido non è classificato tra le sostanze stupefacenti. Non c’è alcun divieto esplicito alla vendita per uso ricreativo. Nessuna norma vieta l’acquisto da parte di minori. Le cartucce sono vendute liberamente nei supermercati, le bombole online, anche con marketing diretto a un pubblico giovane. Le forze dell’ordine, anche volendo, non possono agire: non esistono i presupposti giuridici. E così non si registrano sequestri sistematici, non esistono indagini specifiche, e nemmeno una banca dati sugli accessi al pronto soccorso legati all’inalazione di N₂O.
Il risultato è un cortocircuito istituzionale. Il Sistema di allerta precoce ha recepito l’allarme lanciato dall’Emcdda, ma la relazione annuale al parlamento sulle tossicodipendenze del 2023 non dedica una riga ai danni sanitari o ai consumi interni. Mancano finanziamenti per studi clinici, mancano segnalazioni obbligatorie, manca persino un divieto simbolico. I pochi dati disponibili arrivano dalle cronache locali o da studi europei. Nessuna camera parlamentare ha mai discusso una riforma.
Nel resto d’Europa il percorso è stato chiaro: rilevazione, allarme, intervento. In Italia si è scelto l’opposto: ignorare, minimizzare, tacere. Nessun ministro della Salute ha mai affrontato pubblicamente la questione. Nessun assessore regionale ha inserito il tema in un piano sanitario. Il risultato è un paese che si scopre impreparato, vulnerabile, e potenzialmente attrattivo per un mercato che altrove viene chiuso. Come già accaduto per i cannabinoidi sintetici o i popper, l’Italia rischia di diventare rifugio normativo per un commercio che altrove è vietato.
La lotta alla droga non è una promessa da sventolare sui social e in campagna elettorale. Lo studio delle sostanze stupefacenti e della loro tossicità richiede studio, competenze, ascolto, lasciando da parte i citofoni suonati in diretta social o le dichiarazioni sensazionalistiche. Nel frattempo, i ragazzi continuano a ridere, convinti che una sostanza venduta al supermercato non possa fare male. E le istituzioni, in silenzio, li lasciano giocare con una tossina invisibile. Finché non sarà troppo tardi.
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