Si chiude il 30 aprile l’avviso pubblico per presentare manifestazioni di interesse sull’area di San Siro. Un bando tagliato su misura per le due squadre, che sono infatti le uniche a partecipare, e che ha escluso sistematicamente chiunque volesse presentare una proposta. Intanto il comune forza la mano e accelera sui tempi
Il tempo è scaduto. Oggi si chiude il termine per presentare una manifestazione di interesse sull’area di San Siro, a Milano, dove Milan e Inter vorrebbero costruire in nuovo stadio sacrificando “la Scala del calcio”. L’avviso pubblico è rimasto aperto per 90 giorni, durante i quali chiunque fosse interessato a presentare una proposta per riqualificare l’area ed edificare un nuovo impianto avrebbe potuto avanzare la propria proposta. Ma, ancora una volta, troppe criticità sembrano minare la regolarità dell’operazione.
Impossibile partecipare
Inutile dire che il bando è andato deserto e l’unica manifestazione di interesse pervenuta al comune è stata quella delle due squadre che con un dossier di oltre 250 pagine hanno presentato la loro visione dell’area. Ma davvero nessun altro soggetto è interessato all’area? Ovviamente no, ma per come era formulato l’avviso pubblico rendeva di fatto impossibile per chiunque partecipare.
Lo ha denunciato molto chiaramente Claudio Trotta, tra i principali promoter di concerti italiani, in una lettera aperta pubblicata nei giorni scorsi. «Doloroso constatare che, allo stato attuale, non sia realmente possibile partecipare a una manifestazione d'interesse per San Siro», ha denunciato spiegando di aver valutato, insieme ad altri operatori dello spettacolo, la possibilità di rilevare lo stadio.
Il ruolo dell’impianto nel panorama musicale internazionale, non a caso Mick Jagger lo definì «la Scala del rock», aveva infatti spinto Trotta a voler investire nel suo ammodernamento per salvaguardarlo e renderlo allo stesso tempo uno stadio al passo coi tempi. Ma alla resa dei conti il gruppo ha dovuto desistere: «Non per mancanza di idee, di volontà, di visione o coraggio, ma per le modalità con cui è stato presentato l’avviso pubblico. In particolare, i tempi: appena 37 giorni per presentare una proposta, a fronte dei cinque anni e mezzo di interlocuzioni goduti dai fondi che gestiscono le due società calcistiche. Un tempismo quantomeno curioso, che sembra costruito per scoraggiare, se non escludere, ogni proposta alternativa. Molti operatori, me compreso, confidavano in almeno 120 giorni, il minimo per elaborare un piano serio, strutturato e sostenibile».
Un affondo con cui Trotta critica duramente il comune su tutti i fronti sostenendo che «non si sta più parlando di valorizzare un bene pubblico iconico, ma di una vera e propria operazione immobiliare, ben lontana da ciò che si vorrebbe far passare come un progetto per la collettività. Chi lavora per la cultura, l'inclusione e la partecipazione non può competere su un terreno fatto di rendite fondiarie e strumenti urbanistici».
Tempi stretti e costi elevati, visto che oltre al rifacimento dello stadio nel bando è richiesto anche l’acquisto delle aree circostanti, che non possono essere affrontati da altri soggetti diversi da Milan e Inter. L’indirizzo, in questo senso, sembra chiaro: i club vogliono uno stadio di proprietà, che sia nella zona del Meazza o altrove come dimostrano i progetti a San Donato e Rozzano, e il Comune non vuole che le squadre costruiscano altrove facendo perdere alla città introiti e visibilità. Nasce così il bando esclusivo.
Tempi brevi per impedire a chiunque altro di presentare un progetto e accontentare le squadre sacrificando il vecchio San Siro, il cui ripristino non sarebbe impossibile, ma non è mai piaciuto alle squadre. Perché il punto, alla fine, è che le squadre non vogliono un impianto moderno. Milan e Inter vogliono uno stadio che sia loro.
La strana fretta del comune
E per accontentare i club, il Comune sta facendo tutto il possibile. Con una mossa che ha sorpreso tutti il 15 aprile, a quindici giorni dalla chiusura dell’avviso pubblico, Palazzo Marino ha infatti convocato la conferenza dei servizi per iniziare l’analisi delle proposte. Si tratta nella pratica di un tavolo tecnico in cui diversi enti (dalla Regione a diverse direzioni comunali, ma anche i vigili del fuoco, la polizia, l'Ats, A2a, Unareti e così via) esprimono il loro parere stilando una valutazione tecnica sui dossier pervenuti al Comune.
Ma la convocazione così anticipata non è una scelta casuale e sembra porsi fuori da ogni logica. «Una conferenza dei servizi preliminare col bando ancora aperto è una struttura giuridica da paese dei balocchi», ha commentato il consigliere dei Verdi Carlo Monguzzi, senza però ricevere risposte dal sindaco.
Una fretta, quella dimostrata dall’amministrazione, che mostra da un lato come l’intenzione di tutte le parti coinvolte sia chiudere il prima possibile la partita, dall’altro come anche da parte del Comune vi fosse quasi la certezza che nessuno a parte le due squadre avrebbe avanzato una proposta. Un’accelerazione giustificata dal fatto che i tempi sono sempre più stretti: la questione va chiusa entro settembre quando scatterà il vincolo sul secondo anello che renderà impossibile l’abbattimento del vecchio impianto.
E così, silenziosamente e come se fosse una normale operazione di interesse pubblico, si stanno traghettando 280mila metri quadri di città nelle mani di due club a fronte di un pagamento irrisorio (73 milioni per lo stadio e 124 per le aree circostanti).
Il nodo dell’avvocato
L’ultima mossa dell’amministrazione è stata, durante il ponte pasquale, la nomina di Alberto Toffoletto come consulente legale del Comune nel processo di vendita. Un professionista, già legale della Serie A, esterno alle dinamiche di Palazzo Marino e per questo ritenuto super partes. Se non fosse per un piccolo dettaglio: Toffoletto è stato per diverso tempo socio di Ada Lucia de Cesaris, ex vice sindaca e oggi avvocato di Milan e Inter.
La nomina ha inevitabilmente scatenato perplessità e polemiche per la contiguità tra i due soggetti che dovrebbero tutelare interessi opposti. Per Carlo Monguzzi la scelta di Toffoletto appare «clamorosa, non sul piano della legalità, ma dell’opportunità e dell’intelligenza. Toffoletto è stato socio di De Cesaris, che è la legale di Milan e Inter. Certo questo facilita e semplifica tutto, magari non gli interessi del Comune e dei cittadini. Dunque si revochi subito questa nomina».
La situazione appare dunque confusa, con una contrapposizione sempre più netta tra l’amministrazione comunale, che tira dritto sperando di chiudere il prima possibile, e i comitati che da anni lavorano per salvare il Meazza, che negli ultimi mesi hanno denunciato le forzature del Comune. Da ultima quella sulla “esclusività” di un bando tagliato a misura su Milan e Inter su cui i comitati hanno presentato un ricorso al Tar dopo le parole di Trotta.
L’obiettivo dichiarato è allungare i tempi, cercando di bloccare la cessione dell’area alle due squadre fino a quando non ci sarà chiarezza sul futuro dell’area.
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