Stalking aggravato, lesioni, interferenze illecite nella vita privata, diffamazione e false dichiarazioni nel curriculum. Per Maria Rosaria Boccia, aspirante consulente del ministero della Cultura, i pm capitolini hanno chiesto il rinvio a giudizio, dopo che lo scorso luglio sono state chiuse le indagini.

Alla donna vengono contestate «condotte reiterate ossessive e di penetrante controllo della vita privata, professionale e istituzionale» nei confronti dell'ex ministro Gennaro Sangiuliano che, insieme alla moglie e all’ex capo di gabinetto Francesco Gilioli, è parte offesa nel procedimento.

Boccia, scrivono i pm Giuseppe Cascini, Barbara Trotta e Giulia Guccione, «chiedeva dapprima velatamente e poi in modo sempre più esplicito di lavorare insieme con nomina fiduciaria del ministro, al fine di giustificare la presenza quotidiana presso gli Uffici ministeriali, contestualmente ponendo in essere azioni volte a screditare i suoi collaboratori più vicini, con progressivo isolamento, ed avanzando continue richieste di essere portata a conoscenza dei colloqui istituzionali o con il proprio staff».

Inoltre «effettuava plurime e pressanti richieste di consegnarle il telefono cellulare, utilizzato da Sangiuliano anche per i contatti istituzionali, per ispezionarlo, anche pretendendo la consegna di password o comunque lo sblocco delle applicazioni o, in alternativa, di consentirle indiscriminato accesso da remoto».

L’inchiesta è partita proprio da un esposto dall’ex numero uno del dicastero di via del Collegio romano, che, per la vicenda scoppiata l’estate scorsa, si è dimesso dal suo incarico nel governo e che ora potrebbe costituirsi parte civile.

Secondo gli inquirenti, infine, le condotte di Boccia avrebbero cagionato nell’ex ministro «un perdurante e grave stato di ansia e paura che si estrinsecava in un forte stress, un notevole dimagrimento, pensieri suicidi, in modo tale da costringerlo ad alterare le proprie abitudini di vita compromettendone la figura pubblica, inducendolo a rassegnare le dimissioni dalla carica istituzionale, ad evitare i luoghi abitualmente frequentati, limitare le uscite private e pubbliche o le partecipazioni a convegni o viaggi istituzionali e privati».

I magistrati capitolini continuano: «Boccia pubblicava foto di loro due al concerto dei Coldplay senza il consenso di Sangiuliano e imponeva a Sangiuliano di non portare addosso la fede nuziale e alla fine gliela sottraeva». Poi la vicenda della chiave di Pompei «del valore di circa 14.823,00 euro, che doveva essere consegnata dal sindaco quale premio al Ministro». Quella chiave che fine ha fatto? A luglio del 2024 Boccia «chiedeva la consegna della chiave». Asserendo che il ministro, concludono i pubblici ministeri, «gliela aveva promessa e le promesse vanno mantenute».

Per la vicenda relativa alla chiave di Pompei, Sangiuliano è stato “salvato” dal Senato: sempre a luglio l’ex ministro ha ottenuto l’autorizzazione di non luogo a procedere in giudizio dall’Aula. Nei suoi confronti gravava l’accusa di peculato da parte del tribunale dei ministri. 


 

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