L’acceso dibattito sulle metodologie di recupero dei tossicodipendenti della comunità di San Patrignano continua a dividere l’opinione pubblica. Le critiche si sono inasprite dopo l’uscita della docu-serie Netflix “SanPa. Luci e tenebre di San Patrignano”, di Gianluca Neri, Carlo Gabardini, Paolo Bernadelli e Cosima Spender.

Nella discussione si inserisce anche il presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), Riccardo De Facci: «In primo luogo ci preme sottolineare che, anche nella cura delle dipendenze, il fine non giustifica i mezzi, ancor più quando i mezzi utilizzati ledono i diritti basilari della persona e sono addirittura di tipo gravemente coercitivo e violento», ha scritto in un comunicato.

In quegli anni, l’incapacità di affrontare l’uso massiccio dell’eroina aveva fortemente influenzato la società, «la droga era il mostro che giustificava tutto», scrive De Facci. Si è «avallato, facendone talvolta un simbolo, un approccio che prevede l’espulsione e isolamento delle persone dalla comunità di appartenenza, a qualunque costo, in virtù di un mandato che ha lasciato spazi amplissimi ­– fino ai fatti gravissimi riportati nella serie – a chi si proponeva come unico salvatore e il cui metodo doveva diventare legge», continua il presidente.

Il metodo introdotto da Vincenzo Muccioli, fondatore della Comunità di San Patrignano, sembrava agli occhi di molti e dello stato l’unico in grado di risolvere i problemi connessi alla tossicodipendenza, tanto che non tutti riuscivano ad accedere alla struttura. «Quella raccontata nella serie tv è solo una delle storie delle moltissime organizzazioni che oggi, in Italia, sono impegnate sul fronte dipendenze. Molte altre meriterebbero di essere raccontate», conclude il presidente De Facci.

Cosa è il Cnca

Il Cnca è una Associazione di promozione sociale a cui aderiscono circa 260 organizzazioni in tutto il territorio italiano. Con oltre quarant’anni di esperienza alle spalle si è occupata di ogni tipo di situazione di disagio ed emarginazione sociale. Ogni anno vengono assistite circa 45mila persone e 4mila nuclei famigliari, utilizzando un approccio che definiscono “laico e pluralista”. Durante il boom del consumo di sostanze stupefacenti degli anni 80 e 90, il Cnca si è fatto promotore della campagna “Educare, non punire” con “l’obiettivo di rifiutare il condizionamento violento delle persone e il carcere come mezzo prioritario di induzione al cambiamento” scrive De Facci. La campagna è nata proprio dall’esigenza di avere un approccio diverso da quello repressivo introdotto dal Testo unico sulle droghe (legge Vassalli-Russo Jervolino) nel giugno del 1990, che introduceva per la prima volta la distinzione tra droghe “leggere” e “pesanti”.

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