Una ministra indebitata con il Fisco, cioè con lo Stato che lei stessa rappresenta? È troppo pure per il cerchio magico di Daniela Santanchè. Persino il fratello Massimo Garnero, intercettato, manifesta un certo imbarazzo, «è un casino» e allo stesso modo uno dei manager con cui parla comprende che, se non paga e fallisce, Santanchè «deve dimettersi».

Siamo a ottobre del 2022, i giorni in cui nasce il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni e in Visibilia aspettano con trepidazione una norma sulla pace fiscale, rivelano i dialoghi intercettati. Una legge che in effetti Fratelli d’Italia mette sul tavolo nelle prime settimane di governo. Ma andiamo con ordine.

In quelle settimane dell’autunno di due anni fa Santanchè sapeva che un ministero sarebbe toccato anche a lei. Mentre erano in pieno svolgimento frenetiche manovre sulle nomine, in casa della futura ministra del Turismo teneva banco un’altra questione che da giudiziaria presto sarebbe diventata una grana politica: la richiesta di fallimento della società Visibilia Editore Spa presentata dalla procura di Milano al tribunale civile.

Santanchè e il fidanzato Dimitri Kunz apprendono dell’esistenza di questo procedimento il 3 ottobre di quell’anno, appena dopo le elezioni che hanno visto il trionfo di Fratelli d’Italia e tre settimane prima del giuramento dell’imprenditrice come ministra del Turismo. Domani ha letto le nuove carte dell’inchiesta della procura di Milano sulla galassia societaria Visibilia. Carte che rivelano la preoccupazione di manager e amministratori di Visibilia nei giorni in cui Santanchè è impegnata sul fronte politico.

Pace fiscale

Il programma di Fratelli d’Italia, il partito della senatrice appena nominata ministra, ha tra le priorità la cosiddetta pace fiscale, un condono delle cartelle esattoriali, considerate dalla destra la zavorra che affossa la piccola imprenditoria italiana. Il progetto di rottamazione dei debiti tributari non può che essere accolto con entusiasmo nelle stanze di Visibilia, che ha un pesantissimo conto aperto con l’Agenzia delle entrate.

«Si sta parlando di pace fiscale, vediamo magari se si riesce ad avere degli sconti... e quindi eravamo più che altro in attesa di questo», è il consulente Paolo Concordia a spiegare al compagno della ministra perché avevano messo in stand by alcune cartelle di settembre. Già all’epoca era nota l’intenzione di inserire la misura nella legge di bilancio 2023 e a distanza di poco da quell’intercettazione il governo tenta di portarla avanti con maggiore convinzione: indiscrezioni giornalistiche rivelavano l’intenzione di Fratelli d’Italia di cancellare le pendenze giudiziarie di chi aveva evaso e poi deciso di pagare.

C’è poco tempo, però, Santanchè, Kunz e i loro consulenti devono trovare in fretta una soluzione perché la procura chiede la liquidazione giudiziale di Visibilia editore contestando tra l’altro quasi un milione di debiti con il fisco. È a quel punto che arriva il pronto soccorso di Flavio Briatore che versa 1,5 milioni alla ministra in cambio delle sue quote del Twiga.

Questa però è solo l’ultima tappa di un lungo percorso che, secondo quanto emerge dalle carte giudiziarie, ha consentito a Daniela Santanchè di correre per oltre un decennio sul filo del rasoio del fallimento.

Garanzie di Stato

La storia che Domani è in grado di raccontare parte nel 2012, quando Visibilia si presentava ai potenziali finanziatori come una start up dai bilanci in salute e grandi prospettive di crescita. Forte di queste credenziali la società controllata da Santanchè nel novembre 2012 ha ottenuto un mutuo di 2 milioni di euro dalla Banca Popolare di Sondrio.

Un prestito con garanzia di Stato, quella del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (Pmi). Già all’epoca, però, era quanto meno dubbio che Visibilia fosse «economicamente e finanziariamente sana». Senza contare che il mutuo è stato in gran parte utilizzato per «ripianare la precedente esposizione debitoria» invece di finanziare nuovi investimenti come prescritto dalle norme sulle garanzie pubbliche.

Sono queste, in sintesi le conclusioni della relazione, una ventina di pagine in tutto, firmata da due esperti della Banca d’Italia. Una relazione agli atti dell’inchiesta della procura di Milano. La vicenda è ancora di stretta attualità perché di rinnovo in rinnovo gran parte di quel finanziamento si è trascinato fin quasi ai nostri giorni, trasferito a Visibilia Editore (quotata in Borsa) e poi alla controllata Visibilia editrice.

Nel novembre del 2020, in piena pandemia, è andato in scena un copione molto simile. Questa volta il prestito, concesso ancora dalla Banca Popolare di Sondrio, è andato a finanziare Visibilia concessionaria, che ha così incassato 740mila euro con garanzia di Stato fornita da Invitalia.

Che fine hanno fatto quei soldi? Lo spiegano i due esperti nella loro relazione. Invece di essere utilizzate per far fronte alla carenza di liquidità per via dell’emergenza Covid, così come previsto della legge, «parte delle disponibilità del mutuo è stata impiegata a sostegno di un’altra società del gruppo». Infatti, circa 400mila euro dei 740mila provenienti dal finanziamento con garanzia pubblica sono stati versati a Visibilia Editore holding che a sua volta li ha utilizzati per sottoscrivere la propria quota di un aumento di capitale di Visibilia editore, la società quotata in Borsa che rischiava il tracollo.

Lo schema è chiaro: garanzie pubbliche per finanziare affari privati, aggirando le norme in materia. Santanchè appare coinvolta direttamente. Infatti, come segnalano gli esperti di Banca d’Italia, agli atti c’è una lettera in cui la futura ministra dichiara che la somma richiesta servirà «per effettuare i pagamenti dei fornitori, del personale, degli agenti e di tributi vari».

E invece, secondo quanto ricostruito, gran parte di quei soldi hanno preso il volo per puntellare i conti pericolanti di altre società che facevano capo a Visibilia concessionaria.

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