Una tempesta perfetta. Tra la destra ascesa al potere e la parcellizzazione nell’era dei social, Roberto Saviano vede una situazione difficile, con l’Italia scivolata in una «democrazia illiberale». Con un Paese che non ha allenato gli anticorpi democratici. E sulla convocazione del direttore di Domani in Antimafia è categorico: «È un atto di intimidazione mai visto prima».

Saviano, lei ha vissuto – con Insider – in prima persona la censura del governo e del nuovo corso in Rai. Ora la vicenda Scurati. Cosa dobbiamo ancora aspettarci?

Questo è il risultato di anni in cui ci siamo sempre più divisi. Molti pensavano che, quando qualcosa accadeva a una persona, non sarebbe successa a loro. Anzi, me l’ero cercata e sono stato pestato sulle prime pagine dei giornali di destra e censurato in tv. Quando hanno chiuso Insider e ho visto che c’era stata una risposta, e ne sono grato, solo da pochi intellettuali e dai miei lettori, ho pensato che – se possono chiudere senza motivo una trasmissione sulle mafie per vendetta politica senza subire indignazione – possono fare tutto.

Ha colpito la strumentalizzazione sul compenso economico di Scurati, quasi fosse immorale percepire uno stipendio per il lavoro. Come spiega questa ostilità verso gli intellettuali?

Per venti anni hanno detto che io guadagnavo sulla camorra. Poi la presidente del Consiglio, chiudendo Atreju, è andata oltre e ha detto che mi occupo di camorra “ben pagato”. La solita insinuazione, siccome guadagni dal tuo lavoro allora significa che la tua è manipolazione. Questo accade nei governi autoritari. Quando lo dicevamo io, Michela (Murgia, ndr) e pochi altri la sensazione era che esagerassimo, o che riguardava soltanto noi. Nella loro visione, l’intellettuale è un mangiafranco, un disfattista.

L’intellettuale è sempre più una sorta di nemico.

Nelle democrazie, nessun primo ministro attacca un intellettuale in questo modo. Ma noi siamo in una democrazia illiberale. L’intellettuale deve contrapporsi al potere politico, deve incalzarlo, deve essere controverso anche per i suoi stessi lettori. Non deve compiacerli, non deve sempre farsi trovare nelle posizioni in cui loro si aspettano si trovi.

Cosa pensa del fatto che la politica critichi i compensi di un lavoratore?

Nella coalizione di Meloni ci sono parlamentari assenteisti. Potrei ricordarle che i parlamentari guadagnano al di là del risultato, dell’impegno, della quantità di lavoro. Anche non facendo nulla. L’intellettuale, invece, dipende solo dalla propria arte, con la capacità di diffondere il pensiero a un pubblico. Sono loro, i politici che fanno queste accuse, che hanno guadagnato sulle spalle degli intellettuali. Vivono sulle loro spalle, attaccandoli, e così fanno sembrare al loro elettorato di essere conseguenti ai loro programmi politici. Falso.

C’è una possibile contronarrazione da usare rispetto alla macchina propagandistica della destra?

Questo tipo di potere vuole un giornalista innocuo, che naviga con furbizia sull’assenza dell’analisi in una divulgazione piana, al riparo da tutto. Ci sono trasmissioni che vengono fatte passare per neutre, in realtà sono omissive. Ricordo che questo governo ha vinto mentendo sull’immigrazione, il flusso è alto come non mai, i morti in mare continuano. Ma ha solo bloccato l’informazione sugli sbarchi.

Un direttore di un giornale, Emiliano Fittipaldi di Domani, è stato interrogato in commissione Antimafia. Un salto di qualità nell’attacco alla libertà di espressione?

Un atto molto grave, mai accaduto prima. Ha il sapore dell’intimidazione. Non può essere definito in altro modo il direttore di un giornale che viene convocato per svelare le sue fonti di fronte a una commissione Antimafia. La stessa commissione a cui da tempo stiamo chiedendo di poter riaprire un caso fondamentale, quello dei tre uomini indicati come i mostri di Ponticelli nonostante non abbiano fatto nulla. Abbiamo chiesto di chiamare Carmine Mastrillo, perché al cospetto della commissione potrebbe rivelare elementi fondamentali per riaprire il caso, uno dei più drammatici della storia della giustizia italiana, e cosa fa invece la commissione? Convoca per intimidire Fittipaldi. Ecco l’antimafia in mano all’estrema destra.

Intanto in parlamento si preparano leggi restrittive, con il ritorno del carcere per i cronisti per la pubblicazione di documenti. C’è un disegno?

Cercano di mettere mano alle leggi per costruire un sistema più repressivo possibile. Eppure, non ci sarebbe nemmeno bisogno, perché già hanno dato un messaggio a tutti portando me e altri intellettuali a processo. Agiscono a colpi di querele, fanno capire che bisogna spendere molti soldi per difendersi. E qui c’è un altro punto. L’editoria è in crisi, la macchina televisiva e produttiva è senza soldi. La mancanza economica rende meno possibile la libertà. E nessuno vuole mettersi contro il governo quando questo diventa l’unica fonte di finanziamento.

Qual è il risultato di questa dinamica?

Stiamo arretrando sul coraggio e sulla capacità di racconto. Sono ormai pochi gli editori con competenza e passione. Così arretrano le regole democratiche. L’ho notato con i ragazzi che mi seguono su Instagram, li vedo attenti alle storie che racconto, ma molto meno sul prezzo che si paga raccontando quelle storie.

L’Italia ha ancora gli anticorpi democratici per rispondere a questi attacchi alla libertà?

Non credo che abbia ancora anticorpi. Se il corpo non viene allenato e nutrito, gli anticorpi non riescono a moltiplicarsi. Siamo in una fase di consunzione, uno contro l’altro, nella ricerca di sopravvivenza tra follower e richiesta di attenzione. Ho la sensazione che l’estrema destra, non solo in Italia, avrà una lunga vita al potere. Non per capacità, ma per incapacità dei suoi oppositori.

© Riproduzione riservata