Il 2024 è stato l’anno degli scioperi nel settore dei trasporti, in particolare per trasporto ferroviario e aereo. E aumentano le situazioni di criticità nel settore della sanità e della scuola. Peraltro i disagi persistono anche in questi primi sei mesi 2025.

A certificare nero su bianco i numeri è la Commissione di garanzia sugli scioperi nella relazione annuale presentata a Montecitorio dalla presidente Paola Bellocchi. Nel 2024 sono state 119 le proclamazioni di sciopero nel settore del trasporto ferroviario, di cui 54 di rilevanza nazionale, il 20 per cento in più rispetto al 2023. Ed è aumentata anche la quantità degli scioperi effettuati rispetto a quelli proclamati: 98 quelli c si sono concretizzati (21 sono stati revocati), a fronte dei 57 dell’anno precedente. In aumento anche le agitazioni sul fronte del trasporto aereo: 236 proclamazioni sulle 203 del 2023, pari a un incremento del 15 per cento anno su anno. E se è vero che quelli effettuati si sono attestati a 134 mentre nel 2023 furono 141, lo scarto è di fatto minimo e dunque lo stato di allarme resta più che elevato.

Lavoro povero intensifica i conflitti

E resta critica la situazione per buona parte dei servizi pubblici essenziali. «Il conflitto collettivo si relaziona ad una molteplicità di situazioni congiunturali e/o strutturali che riguardano la sicurezza dei lavoratori, i contratti collettivi applicati, la stabilità occupazionale», si legge nella relazione in cui si evidenzia che non stenta a diminuire il dumping contrattuale con appalti e subappalti al ribasso «che hanno comportato fenomeni di ampia diffusione di lavoro povero e intensificazione dei conflitti». Un “sistema” che ha innescato anche tutta una serie di inadempimenti da parte degli enti pubblici «che, in qualità di stazioni appaltanti, non riescono ad erogare i canoni pattuiti all'azienda appaltatrice». Per non parlare poi dei ritardi e ancor peggio della mancata erogazione delle retribuzioni ai dipendenti che secondo il Garante «rimane una delle cause principali di insorgenza del conflitto».

Contratti collettivi e sicurezza sul lavoro

Ma sono i mancati rinnovi contrattuali a rappresentare la causa principe che fa il paio con una prolungata situazione di incertezza (a seguito delle scadenze contrattuali). Nel 2024, il rinnovo contrattuale più atteso era proprio quello relativo ai settori dell’autoferro e delle attività ferroviarie. Ma se nel primo caso è stata raggiunta un'intesa preliminare a fine anno (divenuta esecutiva nei primi mesi 2025), per i ferrovieri le trattative di rinnovo del contratto, scaduto a fine 2023, sono ancora in corso.

Altro nodo quello della sicurezza sul lavoro: «Le aggressioni ai lavoratori sono un fenomeno in crescita», in particolare nell’ambito della scuola e della sanità. E riguardo specificamente al Servizio sanitario nazionale le criticità sono ormai note da tempo ma mai sanate: «C’è il 'vecchio' tema della carenza di personale», ricorda la Commissione a cui si aggiungono «l'assenza di piani di assunzione alla luce dei vincoli di spesa e delle clausole di invarianza finanziaria». E si assiste ad una «preoccupante diffusione di nuovi rischi di aggressioni e violenze al personale sanitario». E non va ignorato ‘aumento del conflitto anche nella sanità privata in cui il ritardato o mancato pagamento delle retribuzioni ai lavoratori è «un fenomeno di portata tutt'altro che limitata, rispetto al quale non sempre è semplice l'individuazione del soggetto responsabile dell'inadempimento».

La presidente Bellocchi si appella alle istituzioni affinché «si adoperino in una attività sinergica rivolta ad individuare, nell'ambito delle linee programmatiche e di intervento prefissate dall'esecutivo, le risorse disponibili da destinare ai rinnovi dei contratti». E si appella anche ai sindacati chiamato a «un ruolo attivo nella gestione del conflitto collettivo» a «ad esercitare quel dovere di influenza sindacale nei confronti dei propri iscritti, più volte richiamato dalla giurisprudenza, per l'osservanza delle regole contrattuali e derivate, che garantiscono il sistema di bilanciamento tra diritti costituzionali».

Nella Relazione anche la “classifica” degli scioperi: la Regione in cui si sciopera di più è la Lombardia (con 82 giornate), seguita al secondo posto da Lazio e Campania (con 65 giornate a testa), poi l'Emilia Romagna (50 giornate). Le regioni in cui si sciopera di meno, ma va tenuto conto anche della dimensione territoriale e quindi lavorativa sono Valle d’Aosta (2 giornate) e Basilicata (4 giornate). «Anche se in Italia si sciopera sempre meno che negli altri Paesi europei – evidenzia la presidente - le agitazioni si concentrano sui servizi pubblici più vulneranti e soprattutto nel settore dei trasporti, dove il panorama sindacale appare frammentato, turbolento e ad alto tasso di conflittualità, ed è forse questo il motivo per cui la percezione è che si scioperi tanto». E peraltro anche la percezione dei cittadini non è da sottovalutare: «L’osservanza della complessa normativa sullo sciopero diventa più difficile di fronte a servizi pubblici la cui erogazione è percepita, dagli stessi cittadini utenti, ben al di sotto di una soglia minima di efficienza».

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