Caro scuola, ogni anno la stessa stangata. E i conti del 2025 lo dicono senza giri di parole: per una prima media il conto complessivo arriva a 1.213,36 euro, per una prima superiore a 1.467,10. Dentro ci sono 658,20 euro di corredo (+1,7% sul 2024) e 537,10 per libri e due dizionari (–9,2%). Ma il “calo medio” è un’illusione ottica: i testi schizzano a 555,16 euro in prima media (+20,2%) e a 808,90 in prima superiore (+13%).

Con i libri usati si risparmia oltre il 29%; acquistando online il corredo si spende in media il 21,6% in meno che in cartoleria. E se una famiglia parte da zero con la dotazione digitale (pc, software base, webcam, antivirus), aggiunga altri 420 euro. Numeri che fotografano una ripartenza scolastica sempre più a geometria sociale: la lista è uguale per tutti, la possibilità di pagarla no.

salari reali in calo, affitti e bollette no

La lista della spesa non vive nel vuoto. Tra il 2021 e il 2025 i salari reali italiani hanno perso terreno e a metà 2025 restano sotto i livelli pre-inflazione: il potere d’acquisto si è assottigliato mentre mutui, affitti e bollette non hanno fatto retromarcia. È qui che il caro scuola smette di essere il rituale d’agosto e diventa selezione sociale.

Chi ha redditi stabili sposta gli acquisti, cerca l’usato, assorbe gli aumenti; chi vive di contratti a termine, part-time involontari e lavoretti affronta quei 1.200 o 1.400 euro come una barriera d’ingresso. Non a caso gli studenti parlano di «tassa occulta sul sapere» e chiedono un tetto massimo reale ai prezzi dei libri, più gratuità e detrazioni totali delle spese di studio: «Continuare a tollerare rincari sistematici significa ammettere che la scuola pubblica non è più uno spazio di uguaglianza, ma una barriera sociale», hanno sintetizzato nelle scorse settimane.

il tetto di spesa e il fondo nazionale

C’è un fatto che raramente entra nel dibattito pubblico. I libri hanno un tetto di spesa fissato per legge da oltre vent’anni: per lunghi anni non è stato agganciato all’inflazione, mentre l’obbligo di adottare testi in versione digitale o mista riduceva ulteriormente i tetti (-10% con adozioni “miste”, -30% solo digitale). Risultato: collegi dei docenti costretti a limare le adozioni, rinunciare a volumi ritenuti utili o spingere sul digitale per rientrare sotto soglia.

Nel 2025 cambia qualcosa: con il D.M. 58 del 19 marzo, i tetti vengono finalmente adeguati al tasso d’inflazione programmata. E un’altra novità, operativa già nella stagione delle adozioni, consente lo sforamento motivato fino al 15% (era 10%), con delibera degli organi collegiali. È una misura di “ossigeno”, che allinea i limiti al costo della carta e della filiera e toglie ai collegi la camicia di forza più insensata. Ma non basta, se poi la bolletta finale continua a superare le possibilità di troppe famiglie.

Sul fronte degli aiuti lo stato ha messo qualcosa in più: il fondo nazionale per l’acquisto dei libri di testo è stato ritoccato al rialzo e il ministero ha annunciato incrementi anche per il 2026-2027. Bene, ma non basta. Le risorse sono frammentate in bandi regionali e comunali, con soglie Isee spesso molto basse e finestre di domanda tra giugno e ottobre: succede così che i contributi arrivino quando l’anno è già iniziato e i libri sono stati pagati per intero.

In Calabria, per esempio, il voucher “Caro Scuola” è da 500 euro, ma limita la platea a Isee sotto 15.748,78 euro; in Emilia-Romagna le domande per contributi e borse 2025/26 si aprono solo dal 4 settembre al 24 ottobre. Intanto la cassa parla subito. E anche dove i fondi ci sono, la complessità delle procedure e la disomogeneità territoriale creano buchi di tutela: il sindacato della scuola chiede da tempo piena gratuità del diritto allo studio (libri, trasporti, mensa), mentre editori e librai rilanciano la detrazione fiscale generalizzata per gli acquisti scolastici.

Il punto è semplice: non è un “bonus” una tantum che mette in sicurezza un bilancio familiare in cui settembre vale una mensilità.

un conto da classe sociale

Morale: ogni settembre la scuola pubblica promette uguaglianza e consegna un conto da classe sociale. L’adeguamento dei tetti ai prezzi è un passo nella direzione giusta perché rende praticabile l’adozione di manuali aggiornati senza forzare i collegi a scelte difensive. Ma non sposta l’asse del problema: finché i salari reali resteranno sotto il 2021 e gli aiuti continueranno a essere insufficienti, ritardati e a macchia di leopardo, il “caro scuola” resterà una tassa d’accesso al sapere.

Rete degli studenti e Flc Cgil chiedono tre cose: detrazione integrale, con progressività, delle spese di studio documentate; gratuità dei servizi essenziali (libri, trasporti, mensa) finanziata con fondi stabili; comodato d’uso e filiera dell’usato sostenuti dalle scuole, con programmi di hardware rigenerato. Non per mettere cerotti a settembre, ma per restituire all’istruzione pubblica ciò che promette: uguali opportunità, a partire dal primo quaderno.

Intanto quest’anno ci sono quegli oltre mille euro da pagare per le famiglie. Subito, senza fronzoli.

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