I collegi docenti stanno decidendo quali manuali assegnare per il prossimo anno scolastico. È stata applicata la legge che adegua il massimale di spesa all’inflazione programmato, ma il gap accumulato negli anni resta molto ampio. Secondo l’Associazione italiana editori bisogna rafforzare il fondo per le famiglie incapienti e dare la possibilità di detrarre almeno i libri della scuola dell’obbligo
Ultime ore per decidere quali libri adottare per il prossimo anno scolastico. Spopola il formato solo digitale, scelto per non sforare i tetti, soprattutto quest’anno che sono stati adeguati all’inflazione programmata.
Entro la seconda decade di maggio i collegi dei docenti di tutti gli ordini e gradi di istruzione devono deliberare le adozioni dei libri scolastici. Ci eravamo già occupati della questione lo scorso anno, annunciando una sostanziale novità che sarebbe entrata in vigore quest’anno: l’adeguamento dei tetti, ovvero della soglia massima di spesa per l’acquisto dei libri, al tasso di inflazione programmata. Grazie alla legge 106 del 29 luglio 2024, quest’anno il tetto, aumentato in 22 anni di appena 5,7% a fronte di un incremento dell’indice dei prezzi al consumo di oltre il 50%, è stato adeguato al tasso di inflazione programmata, aumentando dell’1,8%.
«Una modifica benvenuta – sottolinea Giorgio Riva, responsabile del settore scolastico dell’Associazione italiana editori (Aie) – sebbene l’inflazione programmata non sia l’inflazione reale. È stato messo a sistema un processo che darà i suoi frutti da qui in avanti. Il problema è che negli anni precedenti si è creato un gap consistente, tra costi e tetti, che provoca problemi ai docenti».
Il costo dei libri, in effetti, è aumentato nonostante i tetti sostanzialmente bloccati, costringendo i collegi dei docenti sia a sforare il limite fino al 10%, motivando adeguatamente la scelta, sia a tagliare alcuni libri per non gravare troppo sulle famiglie.
«Le situazioni negative – secondo Riva – si verificano soprattutto per alcuni ambiti adozionali, dove non si possono scegliere libri di testo o si ha difficoltà a effettuare scelte in piena libertà, come garantito dalla legge. Resta dunque il problema effettivo, soprattutto per l’autonomia della classe docente».
A incidere sui prezzi dei libri non è stato solo l’aumento del costo della carta, ma soprattutto la lavorazione delle opere. Questo sta comportando in molte scuole l’adozione di testi nel solo formato digitale, per il minore costo rispetto al formato misto, cartaceo più digitale. Tuttavia, denuncia Riva, «tutta la letteratura scientifica internazionale dimostra che lo strumento più efficace per lo studio è l’ecosistema didattico, ovvero il libro cartaceo più il formato digitale più altre espansioni digitali. Questa, del resto, è la scelta prevalente. L’opzione solo digitale è possibile ma non è la modalità più efficace per fruire del libro di testo».
Oltre alle ripercussioni didattiche, va tenuto in considerazione che il formato misto consente anche a chi non ha idonei dispositivi elettronici di fruire del manuale, essendoci la versione cartacea, mentre non è possibile per il libro nel solo formato digitale. «È vero che l’ecosistema migliore richiede dei dispositivi – nota Riva – ma il dispositivo non è strettamente necessario per la presenza del libro cartaceo, mentre quello soltanto digitale impone il necessario possesso dei dispositivi, spesso molto costosi, che possono creare delle disparità tra studenti appartenenti a classi sociali diverse. Gli editori hanno sviluppato un'offerta digitale ricchissima, ma va utilizzata in un ecosistema didattico adeguato».
Esiste un fondo per le famiglie incapienti, confermato ogni anno, che, visto l’aumento del loro numero, andrebbe aumentato, ma soprattutto, chiede Riva, «andrebbe migliorato il processo di messa a disposizione di queste risorse alle famiglie, tanto che ad oggi esse hanno difficoltà a usufruirne. Bisognerebbe inoltre riflettere sull’opportunità della detrazione fiscale per i libri scolastici, almeno per la scuola dell’obbligo, essendo estremamente importanti per il loro valore sociale. Stiamo parlando di qualche decina di milioni di euro: una spesa comunque contenuta per l’istruzione della popolazione. Penso che ci sia sensibilità da questo punto di vista, ma è un tema che andrebbe affrontato in modo strutturale».
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