Simone di Stefano, ex vicepresidente e cofondatore del movimento di estrema destra CasaPound, ha lanciato un nuovo gruppo politico. Si chiama Exit e punta esplicitamente a riunire No-vax e no green pass. 

L’annuncio è arrivato oggi su Twitter, in occasione del giorno dell’entrata in vigore dell’obbligo di Green pass rafforzato per gli over 50 sui luoghi di lavoro, una giornata celebrata sui social da numerosi utenti No-vax e no green pass con l’hashtag polemico #GiornodellaVergogna. 

Il nuovo movimento EXIT

Simone di Stefano si è unito a queste voci: «Giorno della vergogna oggi, – ha scritto in un tweet – ma anche giorno dell’orgoglio. L’orgoglio di milioni di italiani che disprezzano questa infamia. Anche i vaccinati sotto ricatto e i vaccinati con convinzione che odiano il Green pass, oggi sono uniti al fianco dei non vaccinati esclusi dal lavoro!».

Di Stefano scrive di volersi fare portavoce dei «vaccinati sotto ricatto», cioè No-vax costretti a vaccinarsi dall’entrata in vigore dell’obbligo; dei «vaccinati con convinzione che odiano il Green pass» e dei «non vaccinati esclusi dal lavoro», per aderenza alla propria ideologia. 

Il programma del nuovo movimento è annunciato, in poche frasi, sul sito internet Exitliberta.it. Sarebbe quello di costruire «insieme una via d’uscita per una libertà senza condizioni», contro «stato di emergenza permanente, ricatti, vincoli, controllo digitale delle nostre esistenze».

L’uscita da Casapound

Lo scorso primo febbraio, il 46enne Di Stefano, dopo una militanza di 14 anni nel movimento neofascista, aveva annunciato, sempre su Twitter, la sua uscita da CasaPound, che oltre ad aver cofondato, aveva anche guidato come segretario nazionale. «Per libera e sofferta scelta, – scriveva – il mio percorso politico con CasaPound Italia termina oggi. Non tornerò mai più sull’argomento e non c’è necessità di discutere le motivazioni, che sono pochissime ed esclusivamente di natura politica».

Ne era seguita la replica da parte di CasaPound che in un comunicato dal titolo “Per noi conta chi resta”, affermava che «le uniche motivazioni politiche che hanno portato alcuni ad abbandonare il nostro movimento e percorrere altre strade» erano di natura opportunistica, come quella di perseguire l’accesso a «poltrone di un parlamento dove non passa più nessuna decisione strategica per la nostra nazione».

«Decisioni prese senza fornire spiegazioni – incalzava CasaPound Italia – probabilmente per nascondere l’umiliazione che ne comporta, oltretutto nei giorni in cui le nostre sedi vengono sgomberate e i nostri militanti indagati, come atto di ritorsione per le proteste contro il governo».

Lo scontro ideologico

L’uscita di Di Stefano da CasaPound e il lancio del nuovo simbolo Exit, sono la concretizzazione di un profondo scontro ideologico che si è consumato negli ultimi mesi all’interno del movimento di estrema destra tra Di Stefano e l’altro cofondatore e presidente del movimento Gianluca Iannone.

Il pomo della discordia era dato dalla posizione che CasaPound avrebbe dovuto assumere nei confronti dei No-vax e no pass.
Il leader del movimento, Gianluca Iannone, ha preferito non prendere una posizione netta sul tema dei vaccini. Al contrario l’ex vicepresidente Di Stefano era deciso nel rappresentare i contrari ai vaccini e al Green pass, come dimostra adesso il nuovo movimento di Exit. 

I Trascorsi politici

Prima di fondare CasaPound, nel 2008, Di Stefano aveva militato nel Movimento sociale italiano (Msi), per poi abbandonarlo nel 1994 dopo la cosiddetta «svolta di Fiuggi», cioè la decisione del partito di rinunciare alle insegne ideologiche del fascismo, per poter assurgere a forza politica legittimata a governare. Dopo la svolta di Fiuggi, sarebbe nato, l’anno successivo, il partito Alleanza nazionale, evolutosi poi nell’odierno Fratelli d’Italia.

Nel movimento politico di CasaPound, i cui militanti si autodefiniscono i “fascisti del terzo millennio”, nel dicembre 2013 Di Stefano fu fermato, durante degli scontri avvenuti nel corso delle proteste del Movimento dei Forconi, con l'accusa di furto pluriaggravato per aver sottratto, come gesto dimostrativo, la bandiera della Ue dalla sede romana dell’Unione, sostituendola con il tricolore.

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