Il legale del capitano della marina Walter Biot ha chiesto la scarcerazione o l’attenuamento della detenzione per il suo assistito, arrestato lo scorso 30 marzo, durante un blitz notturno dei carabinieri del Ros, mentre era intento a vendere documenti segreti a un funzionario russo accreditato presso l’ambasciata di Roma.

«Noi non vogliamo la duplicazione dei procedimenti. Vogliamo sapere qual è il nostro giudice», ha chiesto, inoltre, l’avvocato Roberto De Vita dopo l’udienza nel tribunale del riesame sul caso di spionaggio. «Ci troviamo di fronte a un conflitto di giurisdizione senza precedenti» aggiunge e chiede che sia un tribunale militare a giudicare il suo assistito accusato di spionaggio.

Infatti, la procura militare di Roma ha disposto l’acquisizione di documenti, pc e schede sim, materiale sequestrato durante la perquisizione dei carabinieri nell’abitazione e nell’ufficio di Biot.

L’accesso illimitato

Secondo la procura di Roma guidata da Michele Prestipino che stanno indagando sul caso, il capitano della Marina italiana aveva un «Nos» (un nullaosta) massimo per accedere ai documenti militari anche a quelli classificati come “segretissimi”. Una tesi che contraddice quanto dichiarato dallo stesso Biot al suo legale dopo l’arresto: «Le informazioni di cui potevo disporre secondo le abilitazioni del mio incarico non erano di interesse militare operativo e militare strategico. E quindi le contestazioni che mi vengono mosse possono riguardare fatti di bassissima rilevanza».

Il ministro della Difesa Guerini, riguardo a quella che lui stesso ha definito come una «bruttissima vicenda», in Commissione della Difesa di Camera e Senato ha detto: «L’ufficiale era titolare di un incarico che lo autorizzava a prendere visione anche di documenti classificati. Tuttavia le sue mansioni, che non prevedevano attività di comando o di direzione, lo portavano ad avere accesso a documenti di valutazione e policy e non alla gestione delle operazioni o al dettaglio delle capacità nazionali e dell’alleanza».

A insospettire gli investigatori di Piazzale Clodio anche il movente che ha portato Biot a vendere per cinquemila euro i documenti, di cui file 7 classificati «Nato Secret», 57 «Nato Confidential», 9 «riservatissimo» e 65 «non classificati». Infatti, la situazione economica dell’ufficiale non sembrerebbe essere così difficile come raccontato dai suoi famigliari. Percepiva una cifra intorno ai quattro mila euro e a mala pena sufficiente, secondo la moglie, a sostentare la famiglia, che è stata duramente colpita dalla crisi economica causata dalla pandemia.

Nel mentre il funzionario russo e il suo diretto superiore sono stati espulsi dal paese, una misura che ha sfiorato una crisi diplomatica con Mosca che ora sembrerebbe rientrata. Nelle prossime settimane si saprà di più sul caso, intanto il giudice si è riservato di decidere sulla scarcerazione di Walter Biot.

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