L’ex sindaca di Roma non andrà a processo: «Una decisione scontata», commentano i suoi legali. Al centro della vicenda l’annullamento di una delibera della Giunta Marino per la realizzazione dell’impianto
Non luogo a procedere perché il fatto non sussiste. Virginia Raggi è tornata in tribunale per ill progetto dello stadio della Roma a Tor di Valle. La decisione del giudice, a seguito dell’udienza preliminare è favorevole all’ex sindaca, prosciolta dalle accuse. «Una decisione scontata», commentano entusiasti i legali Manconi e Bruni.
L’accusa di falsa testimonianza
Raggi non andrà, dunque, a processo per falsa testimonianza. A maggio del 2021 l’ex prima cittadina della Capitale, nel corso del processo sullo stadio della AS Roma, ricostruì il passaggio dal progetto di Ignazio Marino a quello della sua Giunta. Raggi dichiarò che all’interno del Movimento girava un parere sulla delibera Marino, e secondo i magistrati quella ricostruzione sarebbe stata falsa.
Secondo i pm l’ex sindaca avrebbe omesso ogni riferimento al possibile annullamento di cui lo stesso parere parlava: annullamento che non avrebbe comportato alcun tipo di spesa per le casse cittadine.
In particolare nel capo d’imputazione contestato all’ex sindaca si legge: «Escussa quale testimone nel corso del processo sullo stadio della Roma dichiarava di non aver potuto procedere all’annullamento della delibera Marino, di approvazione dell’interesse pubblico o connesso alla realizzazione del nuovo stadio della Roma, auspicato dalla maggioranza, perché l’avvocatura capitolina, nel parere richiesto, non aveva mai rappresentato eventuali profili di illegittimità della delibera ma, al contrario, aveva prospettato obblighi risarcitori in capo al comune di Roma e responsabilità erariale in capo ai consiglieri che avrebbero votato per l’annullamento, scoraggiando l’adozione del provvedimento di annullamento».
Per i magistrati «la circostanza risultava falsa in quanto nei pareri resi l’avvocatura capitolina evidenziava svariati profili di criticità non precludendo la percorribilità dell’annullamento e/o revoca della delibera». Tra le altre contestazioni anche il fatto che l’ex sindaca «dichiarava di aver acconsentito alla rinegoziazione delle condizioni poste dal comune per l’adozione di una nuova delibera di conferma dell’interesse pubblico, delegandovi suo consigliere di fiducia Alfredo Lanzalone».
«In tal modo - si legge ancora - rappresentava falsamente che la decisione che la decisione di procedere a detta rinegoziazione fosse una strada obbligata, indicata e dipesa dal parere dell’’avvocatura capitolina e non invece da quanto a lei rappresentato da Lanzalone e De Vito». In più «ometteva di aver chiesto il parere» proprio a Lanzalone. Ma oggi, giovedì 13 marzo, i giudici danno ragione a Raggi. Che non era in aula.
L’altro processo
Un anno fa l’ex sindaca di Roma è stata, invece, rinviata a giudizio con l’accusa di calunnia per la vicenda che riguardava l’approvazione del bilancio Ama 2018. Sei anni fa la sindaca avrebbe spinto invano il manager della municipalizzata dei rifiuti Lorenzo Bagnacani a togliere dall’attivo dell’azienda «crediti che invece erano certi, liquidi ed esigibili», con l’unico obiettivo di portare i conti di Ama in rosso.
La sporcizia della città era manifesta e visibile, ma con la società in passivo quei rifiuti - dal pieno centro fino ai quartieri più periferici - si sarebbero potuti in qualche modo giustificare, così come pure si sarebbe potuto giustificare un aumento della Tari. «Lorenzo, devi modificare il bilancio come chiede il socio... se il socio ti chiede di fare una modifica la devi fare!», il monito della grillina che Bagnacani non seguì e davanti alla cui evidenza - Bagnacani presentò un esposto corredato dalle registrazioni contenenti colloqui tra lui, la stessa Raggi e altri dirigenti comunali - l’ex prima cittadina non si arrese.
In pratica Raggi, nonostante gli audio, davanti ai magistrati accusò Bagnacani e l'allora assessora Pinuccia Montanari di averla minacciata. Da qui la denuncia dell’ex amministratore della municipalizzata nei confronti della pentastellata.
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