Mi ricordo benissimo i primi giorni da Madonna. Ero ancora una novellina quando arrivai alla scuola per Madonne nell’aldilà. Funziona sempre così: ti appare un angelo e ti fa un primo colloquio. Poi se vuoi essere Assunta ti portano in questo mondo parallelo, dove tutte le aspiranti Madonne iniziano a formarsi. Ci sono quattro fazioni: le addolorate, le penitenti, le incoronate e le sciamannate. Andai tra le addolorate. I tempi erano molto spensierati: prima ora, pianto.

Ti insegnano a piangere a comando per essere più efficaci nel mandare segnali nell’aldiqua. Io riuscivo a malapena a strizzare gli occhi, ma le più brave si sforzavano talmente tanto che già cominciavano a secernere qualche linea di sangue. Dopodiché, apparizioni. Forse la materia più difficile. Insegnavano a noi giovani Madonne come apparire e sparire a nostro piacimento. Potevamo apparire in ogni luogo, ma il consiglio che ci davano era di farlo preferibilmente davanti a dei pastorelli, perché in genere più ingenui e poi ti lasciavano sempre qualche chilo di ricotta.

La prima apparizione la feci proprio davanti a un pastore, ma per ischerzo delle amiche fecero interferenza e mi trovai davanti un pastore maremmano. Per loro fu parecchio divertente e mi presero molto in giro, al punto che non resistetti e piansi tutta la notte.

Capii che ero sulla buona strada. La seconda apparizione la feci dinanzi a un pastore maremmano, stavolta di razza umana che, preso dall’emozione, mi bestemmiò. Lui si rese conto della gaffe e provò a giustificarsi dicendo: «Cioè ’un volevo eh… oddio che figuraccia che l’ho fatto… dispiace molto, signora mia, puttana la…» e mi bestemmiò di nuovo.

Io non sapevo cosa fare e, per rompere il ghiaccio, bestemmiai anch’io. Bestemmiammo insieme e cantammo canzoni popolari cambiando le ultime parole con una bestemmia. Volevo solo fare bonding col mio primo cliente, ma ciò non piacque alla direzione. «Il nostro brand ha un’immagine definita ed è destinato alle famiglie. Non si può parlare così del nostro simbolo, ne va della nostra reputazione!», tuonò la responsabile alle giovani Madonne.

Le mie prime esperienze non erano andate alla grandissima e, per il nervoso, alla terza apparizione sbagliai qualcosa e mi manifestai urlando all’improvviso al reparto infartuati del Fatebenefratelli, mietendo diverse vittime. L’agenzia Madonne&Co. fu costretta a risarcire le famiglie con svariate milionate d’euro. Ma questi sono gli errori dell’inesperienza e possono capitare a tutti. Oggi, grazie al duro lavoro e al metodo Grandi Scuole, sono la prima Madonna nello spazio.

Il momento di salutarvi è giunto. Ringrazio il TEDx di Savona per il tempo concessomi e grazie a voi per avermi ascoltato. Ci vediamo dall’altra parte. See you, space cowboy.

Maria Vergine n.134 Madonna della Nebulosa Xzy-0009

La Madonna va in terapia

Ornella era intenta a leggere un articolo su Internazionale quando all’improvviso una luce accecante apparve nella sua stanza all’altezza del soffitto, accompagnata da un profumo di rose e tamarindo. Quando la luce raggiunse il suo grado di massimo splendore, vide una figura cadere rovinosamente e sfracellarsi su una libreria: era la Madonna, che rialzandosi e pulendosi la tunica, disse: «Chiedo scusa, devo aver calcolato male l’altezza. Allora, veniamo a noi… Ti restano ancora due desideri!» La donna la guardò perplessa. «In che senso, scusi?»

«Nel senso che puoi esprimere due desideri! Il primo era di avere per sempre la stessa pettinatura dei cherubini del terzo cerchio divino. Dimmi il secondo, ché ho prescia!»

«Ehm… Forse ha sbagliato indirizzo».

Al che la Madonna rimase interdetta. «Mi scusi, ma lei non è Mario Adinolfi?»

«No, si sbaglia. Questo è un centro antiviolenza».

La Madonna portò al minimo l’intensità della luce che proiettava e mise bene a fuoco la persona che aveva davanti.

«Oddio, mi scusi! L’ho fatto di nuovo. Scusi davvero, sono mortificata. Errore mio. Non so dove ho la testa ultimamente! Tolgo subito il disturbo, non si preoccupi».

«Ma no, aspetti, non se ne vada».

«Se vuole una foto, deve chiedere al mio veggente».

«No, non c’è bisogno. Ma se vuole parliamo un attimo. Sono una psicologa».

«Oh, no no, ma non la voglio disturbare. Non mi sono ancora abituata alla luce abbagliante, devo aver attivato per caso i fendinebbia e…»

«Guardi che queste cose non sempre accadono per caso. Si sieda, parliamo un attimo. La vedo molto stressata, magari le fa bene sfogarsi un po’».

«Ma io… davvero non posso, devo… devo…»

Non riuscì a terminare la frase e cominciò a piangere a dirotto. «Oddio mi scusi!», disse sedendosi, senza riuscire a contenere le lacrime. «Piango, piango in continuazione oramai, anche fuori dal lavoro. Non ce la faccio più».

«Prego. Tenga, prenda un fazzoletto» le disse comprensiva la dottoressa.

«Grazie… *sniff* scusi, scusi davvero. Non sarebbe bello se ogni tanto apparisse la Madonna che ride, eh? Tanto per cambiare» disse sforzandosi di sdrammatizzare.

«Non si preoccupi. Continui quando se la sente».

«È che… sono arrivata alla frutta. Temo di essere in burnout. Prima di apparire qui da lei per sbaglio sono apparsa nel deserto, in un ristorante stellato, durante un’operazione chirurgica… l’ultima volta sono apparsa mentre era in corso un addio al nubilato, con tutte queste donne discinte che si strusciavano su nani, ballerini in perizoma… non le dico l’imbarazzo».

«Posso immaginare».

«Le ho dovute anche benedire alla fine, perché che fai, te ne vai? Già le hai interrotte mentre si divertivano. Un casino, comunque».

«Mi dispiace, deve essere faticoso per lei».

«Ma non è solo questo. Lavoro così tanto, ho fatto tante apparizioni perché finora ero in prova e volevo far vedere il mio impegno ai dirigenti. Sì, ho fatto anche tanti errori a cui ho tentato di rimediare come potevo e, bene o male, siamo riusciti a trovare una quadra. Ma poi… due settimane fa ho fatto il colloquio finale per l’Assunzione».

«Ah, e com’è andata?»

«Be’… non bene».

«Cos’è successo?»

«Mi hanno fatto una domanda un po’… personale».

«Cioè?»

«Non so se posso dirlo. Già non dovrei sfogarmi con lei, se le dico anche questo finisco nei guai».

«Qui alla Casa delle Femmine si trova in un ambiente protetto. Se c’è stato qualcosa di sconveniente possiamo aiutarla, anche dal punto di vista legale. Non la lasceremo sola».

«Durante il colloquio l’angelo mi ha chiesto… se avessi intenzione di rimanere incinta».

«Ah. E lei cos’ha risposto?»

«Io ho risposto che era una domanda un po’ personale, che non capivo l’attinenza col lavoro. Ma lui ha insistito e… gli ho detto la verità. Che in questo momento non avevo intenzione di avere figli e che più che alla maternità stavo pensando a diventare una Madonna in carriera».

«E lui?»

«Lui ha detto che questo per loro è un grosso problema, che non possono permettersi di pagarmi se poi non rimango incinta. Ha detto che questo è il loro modello di business e poi mi ha indicato la porta».

«Ho capito».

«Ho fatto domanda per il prossimo anno e per il momento mi fanno ancora lavorare, ma solo per chiudere contratti con vecchi clienti e poi qualche apparizione minore, come feste di compleanno e battesimi. Sembra quasi una punizione. È chiaro che finché non darà la risposta che vogliono loro non andrà da nessuna parte».

«È assolutamente ingiusto. Quello che le è capitato è illegale e se vuole le possiamo mettere a disposizione i nostri avvocati».

«Ma no, quella è gente potente, non potrei mai… Ho anche pensato che forse sbaglio io. Forse hanno ragione loro e dovrei accettare che essere Madonna significhi anche essere madre».

«Guardi, no. Non deve accettare nulla se non ne è convinta, solo perché qualcun altro glielo impone col ricatto. Ci sono donne che hanno dedicato la loro intera esistenza a lottare proprio per poter decidere cosa fare col proprio corpo. Se vuole, le possiamo dare tutto il supporto di cui ha bisogno».

«No, davvero, non so se è il caso…»

«Facciamo così, le lascio un paio di libri, magari possono esserle di ispirazione. Ma sappia che quando vuole, noi ci siamo».

La Madonna, sebbene un po’ scettica, prese una manciata di testi, ringraziò e andò via. Per qualche giorno cercò di non pensarci, ma oramai quel tarlo le era entrato nella testa e una sera iniziò a leggerne uno. Senza che se ne accorgesse, lo divorò in una notte. Poi ne comprò e ne lesse altri di diverse autrici: Simone de Beauvoir, Virginia Woolf, tutti i movimenti di emancipazione femminile, Melissa P. Rimase china sui libri per settimane intere e alla fine, quando riemerse da tutte quelle letture sbottò: «Ma allora mi hanno sempre preso per il culo!»

Era incredula. «Tutti questi secoli in cui mi hanno fatto credere che esistevo perché loro erano buoni e io in cambio dovevo solo comportarmi bene ed essere grata… e invece volevano solo controllarmi!».

Lo sciopero

Dopo poco, iniziò un percorso di terapia, iniziò a frequentare gruppi femministi e la sua coscienza di classe divenne sempre più salda. Diventò polemica anche sul posto di lavoro e spesso iniziò a tenere dei veri e propri comizi in ufficio. «Ma lo sapevate che, a parità di apparizioni, un santo maschile guadagna in media il trenta per cento in più rispetto a noi Madonne? E ci sono Madonne che trovano obiettori di coscienza in ogni farmacia e ospedale, per quello poi sono costrette a partorire in una stalla!»

In molte iniziarono a evitarla, ma alcune si fermavano ad ascoltare. Cambiò anche modo di vestire e al posto del velo iniziò a indossare la kefiah. «Ma sei impazzita?!» le dicevano le colleghe più anziane. «Prima quei discorsi fuori dalla grazia di Dio e ora questo. Ma lo sai che Israele è il popolo eletto?» «Ah, e quindi può commettere genocidio? Siamo tornati all’Antico Testamento?!».

Ma loro la prendevano da parte e le dicevano: «Ti rendi conto che se fai così non lavorerai mai più?» E allora capì: avevano paura. Ma lei era stanca di vivere nel terrore e si rese conto che non era l’unica a pensarla così. Anche altre Madonne erano della stessa opinione e piano piano si creò spontaneamente un movimento per affermare la loro emancipazione. Cominciarono con atti simbolici: alcune iniziarono a bruciare in piazza i propri veli, altre i reggipetti, altre ancora smisero di depilarsi e le più creative modellarono candele all’aroma delle loro vagine immacolate.

La Madonna di Tortoreto fu la prima Madonna a indossare i pantaloni e la Madonna di Pontignano volle affermare la potestà sul proprio corpo posando nuda su Chi col titolo Io, Madonna, nuda come Dio mi ha fatta ricevendo critiche dall’opinione pubblica, con Libero in testa che la definì «una meretrice». «Ah, quando san Francesco si spoglia è un grande e quando lo faccio io sono una puttana, eh?» disse il giorno dopo in una sua apparizione a La Zanzara. Uscirono sempre più testimonianze di un ambiente di lavoro tossico. La Madonna di Trevignano iniziò a parlare di sfruttamento da parte dei veggenti e la Madonna della Cautela disse che aveva dovuto smettere di fare apparizioni per paura di trovarsi davanti Paolo Brosio, che aveva denunciato per stalking. Le denunce continuarono fino ad arrivare ad accuse che coinvolgevano i piani più alti: diverse Madonne lanciarono l’hashtag #FateQuestoInMemoriaDiMeToo e accusarono Dio di aver abusato della sua posizione di potere per avere con loro dei rapporti asessuali. Dopodiché diedero vita a diversi gruppi di supporto per Madonne vittime di violenza.

La misura era colma e nel giro di qualche mese organizzarono il primo sciopero generale, col risultato che per un mese intero tutte le Madonne che vi aderirono smisero di fare apparizioni. Il danno fu enorme: Lourdes era diventata una città fantasma e i fedeli se ne andarono indignati da Medjugorje, chiedendo il rimborso. I veggenti erano disperati e ogni volta che si sintonizzavano per ricevere messaggi mariani recitavano solo il segnale orario. Per rimediare, le associazioni religiose più blasonate provarono a chiedere la collaborazione di qualche santo famoso, ma si scontrarono con il loro maschilismo tossico. Padre Pio rifiutò categoricamente. «Io far piangere la mia statua? Ptù!» disse sputando a terra il burbero cappuccino. «I veri uomini non piangono! Al massimo ai veggenti gli posso dare una capocciata, così le lacrime di sangue ce le mettono loro!».

Provarono a chiedere ad altri santi, ma trovavano sconveniente farsi vedere in lacrime davanti a un pubblico di fedeli e rifiutarono tutti, da sant’Antonio abate al più mite san Francesco, che chiosò dicendo: «Mah, se mi aveste chiesto di sanguinare dal costato, pure pure… ma a me questa cosa di piangere mi pare un po’ una frociata».

Nel frattempo, le Madonne si organizzarono fondando il loro primo sindacato e prese corpo ufficialmente il movimento per i diritti delle Madonne “Ci Salviamo da Sole”, che rivendicava la loro autonomia senza doversi affidare alla salvezza di un uomo. Sfilarono in piazza in migliaia e il loro simbolo diventò un triangolo rovesciato, a raffigurare il capovolgimento del patriarcato divino. Arrivarono in piazza e ogni Madonna diede la propria testimonianza, finché non fu anche il turno di colei che aveva iniziato il tutto, la Madonna di Tegoleto.

«È bello vedervi qui così numerose. Il motivo per cui ho voluto dedicarmi all’impegno civile è perché a causa della mia decisione di non fare figli mi hanno fatto sentire sbagliata. Mi dicevano: “Non sarai mai una Madonna completa se non fai almeno un figlio di Dio” o “Sei una Madonna a metà”. Fino a estromettermi dal posto di lavoro perché, a causa di una mia scelta di vita, per loro non ero produttiva. Ma ogni Madonna ha il diritto di fare ciò che vuole del proprio corpo senza essere giudicata e l’idea di fare o non fare figli di Dio non deve e non dovrà mai condizionare il nostro ruolo di Madonne nella società!»

Ci fu un lungo applauso e fu chiaro che da lì non si sarebbe più tornati indietro. Poi passò il microfono alla Madonna di Patrugno, la prima Madonna transgender, e rientrata nel retropalco trovò un messaggio sul cellulare: era Dio in persona, che la voleva vedere. Il giorno dopo apparve nel suo ufficio e un cherubino la fece attendere nella hall. Lei era nervosa, tentò di distrarsi leggendo qualche rivista, ma dalla tensione non riuscì a concentrarsi nemmeno su una pagina. Poi la porta si aprì e l’angelo le disse che poteva entrare.

Si trovò davanti Dio, che la fece accomodare su una poltrona. «Cara la mia Madonna… mi avete creato un bel casino. Ora ho tutte le femministe addosso, i sindacati mi stanno col fiato sul collo e devo dare delle risposte ai miei azionisti. Purtroppo per questa cosa del libero arbitrio non posso costringerti a fare nulla, né posso mandarti all’Inferno come farei con tutti gli altri. Sei troppo esposta e sarebbe uno scandalo non da poco. Ho bisogno di allentare un po’ la pressione su di me però, per cui… vi farò una concessione».

«Vogliamo un posto nella trinità».

«Impossibile, sono già tutti presi».

«Ma sei onnipotente, no?»

«Ho detto già tutti presi».

«E allora non so come aiutarti».

«Facciamo così. Sto inaugurando una nuova galassia a spirale nell’universo B-26. Ci volevo mettere un pianeta Terra uguale in tutto e per tutto, con l’unica differenza che non esiste il concetto di cassoeula, per vedere cosa sarebbe successo. Non abbiamo ancora deciso che Madonna inviare e potrei mandarti lì, senza l’obbligo di fare figli. Contratto a tempo indeterminato, ferie pagate, tredicesima e tutto. Che ne pensi?»

«Davvero?» replicò la Madonna, che stava venendo indotta in tentazione. «Devo prima parlarne con le altre».

Dio le diede tre giorni di tempo e si salutarono. Tornò in sede e assieme alle compagne iniziarono una discussione. Decisero che sarebbe stata una conquista epocale e che lei non avrebbe smesso di lottare assieme a loro, perché la strada per i diritti delle Madonne era ancora lunga. Il terzo giorno tornò da Dio e accettò: la Madonna di Tegoleto divenne ufficialmente la prima Madonna senza figli.

Arrivata nella galassia B-26 tenne la sua prima conferenza stampa. Era emozionata e fece la sua prima dichiarazione: «Questo è un giorno storico per tutte le Madonne. Porterò alto il nome di Cristo in questo mondo, anche senza figli».

I giornalisti in sala si guardarono perplessi e uno di loro le domandò: «Mi scusi, chi sarebbe Cristo?»

A quel punto la Madonna dopo tanto tempo, finalmente, sorrise.


Da Racconti scritti da donne nude, Rizzoli Lizard, 2024, proposto al Premio Strega

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