«Non tutte le ombre sono state dissipate e forte è, ancora, l'impegno di ricerca di una completa verità». Queste le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del 41esimo anniversario della strage di Bologna.

L’esplosione di una bomba alle 10.25 nella stazione di Bologna il 2 agosto 1980 ha causato 85 morti e 200 feriti. Una valigia contenente dell’esplosivo era stata lasciata nella sala d’aspetto della stazione del capoluogo emiliano. Ma a 41 anni di distanza non sono ancora stati individuati i mandanti della strage.

«Quarantuno anni fa la città di Bologna e con essa la Repubblica vennero colpite al cuore. Un attentato dinamitardo, a opera di menti ciniche che puntavano alla destabilizzazione della democrazia italiana, provocò una terribile strage in cui morirono donne e uomini inermi, bambini innocenti», ha continuato il capo dello stato, che ha evidenziato i progressi in campo giudiziario grazie all’attività di ricerca della verità dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage della stazione di Bologna del 2 Agosto 1980. «L'impegno di uomini dello stato, sostenuti dall'esigente e meritoria iniziativa dell'Associazione tra i familiari delle vittime, ha portato a conclusioni giudiziarie che hanno messo in luce la matrice neofascista della bomba esplosa la mattina del 2 agosto 1980. La vicinanza, che rinnoviamo a quanti sono stati colpiti negli affetti più preziosi da tanta ferocia, costituisce anche pegno per il futuro, affinché il patrimonio di valori e di umanità, che sta alle fondamenta della nostra società, sia percepito sempre più come un bene comune indivisibile», ha concluso il presidente della Repubblica. 

Alla commemorazione della strage è intervenuta anche la ministra della Giustizia Marta Cartabia: «Oggi lo Stato rinnova il più solenne impegno per giungere all'accertamento i fatti. Non ci può essere giustizia senza accertamento pieno delle responsabilità: per questo l'attività procede. La polvere che rivestiva i corpi martoriati, quella polvere che troppo a lungo ha coperti molteplici responsabilità oggi quella polvere si sta diradando e lascia nuovi contorni e nuovi profili dell'accaduto». 

«Siamo vicini e grati a chi oggi ha raccolto il testimone di questi magistrati eroi onorandone la memoria», ha detto Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione delle vittime della strage 2 agosto. Poi il presidente dell'associazione, dal palco di piazza Medaglie d'oro a Bologna, punta il dito contro la stampa nazionale: «Il processo ai mandanti va avanti a veloci tappe nella sostanziale indifferenza della stampa nazionale: sembra quasi che la strage di Bologna sia solo un fatto bolognese». 

Il documento 

Un anno fa Domani raccontava, in un’inchiesta in due puntate, il ritrovamento di un nuovo documento che svela una possibile nuova pista sui mandanti della strage. Gli inquirenti hanno trovato una cartella intitolata “Bologna – 525779 – x.s”, un fascicolo con appunti scritti a mano e operazioni bancarie che collega il luogo della strage a un conto svizzero numero 525779 intestato a Licio Gelli, il capo della P2. 

I processi

Mentre sono chiari gli esecutori materiali della strage, condannati in Cassazione, e gli autori dei depistaggi, è ancora in corso il processo sui mandanti. A febbraio 2020 è stata chiusa l’inchiesta della procura generale di Bologna. I magistrati hanno individuato la regia politica che ha finanziato e armato i Nuclei armati rivoluzionari: secondo gli inquirenti gli organizzatori, finanziatori e i mandanti sarebbero stati Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti deceduti. Si vedrà se il processo confermerà o meno l’ipotesi della procura.

Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, vertici dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) sono invece gli esecutori materiali condannati dopo tre gradi di giudizio. C’è anche un quarto responsabile della strage, Gilberto Cavallini, condannato all’ergastolo in primo grado. È stato poi individuato Paolo Bellini come quinto esecutore materiale, militante di Avanguardia nazionale, diventato collaboratore di giustizia nel processo sulla trattativa stato-mafia. 

Nel processo sui depistaggi sono invece stati condannati Licio Gelli, Francesco Pazienza, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, uomini dei servizi segreti, ritrovati anche negli elenchi della loggia massonica P2.

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