Fu colpito da un missile francese il Dc9 dell’Itavia precipitato vicino a Ustica il 27 giugno 1980. Parola di Giuliano Amato, che in un’intervista a Repubblica parla di un piano per colpire un aereo su cui volava il leader libico Muammar Gheddafi. «Lui sfuggì alla trappola perché fu avvertito da Bettino Craxi», spiega l’ex presidente del Consiglio, secondo cui «adesso l’Eliseo può lavare l’onta che pesa su Parigi».

Il coinvolgimento dei francesi nell’incidente aereo non è una novità. L’ipotesi era già apparsa negli anni successivi alla strage ed era stata avanzata dall’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, oltre che dallo stesso Amato. «Cossiga impiegò anni per confessare di aver sempre saputo che l’aereo era stato abbattuto dai francesi», ha scritto il giornalista Andrea Purgatori, che si è a lungo occupato del caso.

L’intervista di Amato

«Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. Il piano prevedeva di simulare un’esercitazione della Nato nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro il leader libico», ha detto Amato nell’intervista firmata da Simonetta Fiori. «L’esercitazione era una messa in scena per spacciare l’attentato per un incidente involontario».

Secondo l’ex presidente della Corte costituzionale, Gheddafi fu però avvertito del pericolo e non salì sull’aereo. Il missile sganciato contro il Mig libico da un caccia francese finì invece per colpire il Dc9 dell’Itavia. Da Amato arriva anche un invito alla Francia a prendersi le proprie responsabilità: «Macron tolga l’onta che pesa sulla Francia. Porga le scuse più profonde all’Italia e alle famiglie delle vittime».

Le reazioni politiche

Le rivelazioni di Amato, per quanto non nuove, hanno suscitato reazioni dal mondo politico e delle associazioni. «È una corretta ricostruzione di quello che sta nelle carte e che già è stato appurato. Ora si ponga fine alla menzogna degli stati», ha detto Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime. «Macron chieda scusa a noi e all’Italia, sarebbe necessario anche se non sufficiente».

«Fu un missile francese ad abbattere il Dc9 Itavia sui cieli di Ustica. Lo ha detto Giuliano Amato, che è stato presidente del Consiglio nel ’92-93», ha scritto su X Angelo Bonelli, portavoce di Europa verde e deputato di Alleanza verdi. «Chiedo a Giorgia Meloni di convocare subito il cdm e togliere il segreto di stato per dare conferma ufficiale».

Oltre che da sinistra, la richiesta di togliere il segreto sulla strage di Ustica è stata avanzata anche da ambienti vicini al governo. Francesco Giubilei, intellettuale d’area e già consigliere del ministro della Cultura Sangiuliano, ha parlato di «un atto di giustizia e verità verso tutti gli italiani, tanto più se confermata la pista francese con il coinvolgimento di una nazione straniera».

Più cauta la reazione di Bobo Craxi, figlio dell’ex premier Bettino: «È già scritto sui libri di storia che mio padre avvertì Gheddafi che lo avrebbero bombardato. Ma nel 1986. A parte lo strafalcione storico, la tesi francese è sempre stata presente: mai provata e mai smentita. Il figlio dell’ex segretario del Psi ha detto che «nel 1980 lui non poteva conoscere operazioni alleate» e che a istituire la commissione d’inchiesta «fu proprio il governo a guida socialista».

Il disastro aereo

La strage di Ustica, uno dei grandi misteri della storia d’Italia, avvenne alle 20.59 del 27 giugno 1980 nello spazio aereo tra Ponza e Ustica, nel mar Tirreno. Coinvolse il volo di linea IH870 della compagnia aerea Itavia, partito dall’aeroporto di Bologna e diretto a Palermo. Durante il volo, il velivolo si spezzò in due parti e cadde in mare. Nell’attentato morirono tutti i passeggeri: 81 persone in tutto, di cui quattro membri dell’equipaggio.

Le cause del disastro sono sempre state avvolte dal mistero. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un duello aereo tra alcuni caccia della Nato e uno o più Mig libici, con il Dc9 (un aereo di linea) finito sulla linea di tiro di un missile francese o statunitense. Questa interpretazione è stata in parte avvalorata dalle inchieste della procura di Roma.

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