Nel giro di poche ore, due persone in Italia sono morte dopo essere state colpite con un taser. L’ultimo caso domenica sera, a Sant’Olcese, nell’entroterra di Genova, dove un 41enne di origini albanesi è deceduto dopo essere stato colpito più volte dai carabinieri con la pistola elettrica. Solo la sera prima, a Olbia, era morto Giampaolo Demartis, 57 anni, anche lui immobilizzato con un taser dai militari. È morto poco dopo in ambulanza, nonostante i tentativi di rianimazione. I familiari hanno riferito che soffriva di problemi cardiaci.

In entrambi gli episodi, le procure competenti hanno disposto l’autopsia e aperto un fascicolo per omicidio colposo. Con un atto dovuto, i due carabinieri intervenuti a Olbia sono stati iscritti nel registro degli indagati. Intanto, due casi così ravvicinati hanno inevitabilmente riacceso il dibattito sull’uso di un’arma presentata come “non letale”, ma che nel mondo continua a essere discussa e criticata.

E anche in Italia i precedenti non mancano. Nel 2023, a San Giovanni Teatino (Chieti), è morto un 35enne colpito durante una crisi psichiatrica. L’anno successivo, a Bolzano, un 42enne è deceduto un’ora dopo essere stato immobilizzato con il taser. A Pescara, lo scorso giugno, un trentenne è morto dopo un fermo di polizia. In almeno due di questi casi, le autopsie non hanno accertato un legame diretto tra la scarica elettrica e la morte.

Il dibattito

Il confronto, però, non si limita alle indagini giudiziarie, ma è soprattutto politico. Da un lato la destra difende e promuove l’uso del taser come pilastro della sicurezza. Matteo Salvini, poche ore dopo la vicenda di Olbia, ha scritto su Instagram: «Che nessuno se la prenda coi carabinieri, che hanno difeso sé stessi e dei cittadini aggrediti». Dall’altro lato c’è chi chiede invece uno stop immediato. «È evidente che esiste un problema con questo strumento, che va intanto bloccato», ha dichiarato Filiberto Zaratti di Alleanza Verdi-Sinistra.

Appelli simili arrivano dalle associazioni umanitarie: Amnesty International ha chiesto più volte di sospendere l’uso del taser, mentre Irene Testa, garante dei detenuti in Sardegna, lo ha definito senza mezzi termini «uno strumento di tortura legalizzato». L’associazione dei funzionari di polizia ha sottolineato, al contrario, come l’utilizzo del taser sia «rigidamente disciplinato da procedure e addestramenti specifici» e permetterebbe di ridurre i rischi degli scontri fisici diretti.

Come funziona

Il taser spara due dardi collegati a fili che trasmettono impulsi elettrici ad alto voltaggio, ma basso amperaggio, per alcuni secondi. La scarica provoca una contrazione muscolare violenta e blocca i movimenti. L’obiettivo, come sembra evidente anche nei due casi dei giorni scorsi, è immobilizzare un soggetto senza ricorrere alle armi da fuoco. Ma non è privo di rischi.

Studi medici hanno documentato casi di arresto cardiaco, soprattutto se i dardi colpiscono vicino al torace o se la persona presenta vulnerabilità preesistenti: cardiopatie, assunzione di sostanze stimolanti, stato di agitazione estrema. Una ricerca pubblicata su Circulation (la rivista scientifica della American Heart Association) nel 2014 ha ad esempio riportato otto casi di arresto cardiaco avvenuti dopo l’uso del taser, ipotizzando un legame con la scarica elettrica.

Altri studi, spesso citati o finanziati da Axon (il produttore del taser), sottolineano invece che la stragrande maggioranza degli adulti sani non subisce conseguenze permanenti. «Ad oggi non esistono evidenze scientifiche che dimostrino una correlazione diretta di causa-effetto tra l’utilizzo del taser e il decesso dei soggetti colpiti», ha scritto in una nota la stessa società.

Quando il taser uccide

Negli Stati Uniti il taser è diffuso in quasi tutti i corpi di polizia. Secondo una celebre inchiesta della Reuters, pubblicata nel 2017, dal 2000 oltre mille persone sarebbero morte dopo essere state colpite: in almeno 153 casi il taser era stato indicato come causa o concausa. Più di recente, un report di Amnesty International ha evidenziato i rischi di un abuso di quest’arma, segnalando morti sospette, carenze nella formazione delle forze dell’ordine e l’impatto sproporzionato su persone vulnerabili come soggetti con disturbi psichici o cardiaci. La ricerca si è basata su centinaia di casi documentati e su un’analisi comparata delle pratiche in diversi Paesi.

Alcuni episodi sono diventati casi mediatici. Nel 2016, nel Regno Unito, l’ex calciatore della Premier League Dalian Atkinson morì dopo essere stato colpito con un taser per oltre 30 secondi da un agente a Telford. Nel 2021 il poliziotto che aveva sparato è stato condannato a otto anni per omicidio colposo.

Oggi più di 80 Paesi hanno adottato il taser. Alcuni – come la Germania o l’Irlanda – ne hanno limitato l’impiego, altri come Stati Uniti e Regno Unito lo considerano parte integrante dell’equipaggiamento standard. Un po’ ovunque, il dibattito sull’efficacia (e la pericolosità) di quest’arma è diffuso, con opinioni spesso contrastanti. Ora sta inevitabilmente succedendo anche in Italia, dove le prime sperimentazioni risalgono al 2018, ma la diffusione capillare è iniziata solo nel 2022.

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