Nella notte prima della terza tappa sono state rubate 18 bici, di altissimo valore, alla Visma. Tre sono state abbandonate dopo il colpo, delle altre non c’è traccia. Viaggio nel quartiere teatro del furto, dove disintegrazione industriale e investimenti in grandi eventi per attirare turisti mettono a rischio i processi di integrazione. Cronaca di un disastro mediatico e panoramica su un mercato fatto di pezzi pregiati che valgono più delle moto, allontanando anche gli amatori
Volatilizzate, forse smembrate e già vendute a pezzi. Rubate nel quartiere più sgangherato di Torino. Sono le quindici bici prese alla Visma-Lease a Bike nella notte antecedente la terza tappa della Vuelta a España. Dopo una settimana di ricerche e tre, forse più, bici ritrovate – abbandonate dai ladri subito dopo il colpo – la loro sorte è uguale a quelle delle altre centinaia che ogni giorno vengono fatte sparire in tutta Italia: il nulla.
Un quartiere che vive grazie alle bici
Anywhere, anytime è un film diretto da Milad Tangshir nel 2024, una produzione piccola e densa che racconta la vicenda di un clandestino senegalese, Issa, interpretato Ibrahima Sambou, che di mestiere fa il rider per le strade di Torino, a cui rubano la bicicletta. Il film è un raro esempio di rappresentazione della realtà priva di qualsiasi senso di speranza o riscatto, una durezza tale da risultare a tratti disturbante.
Un piccola produzione densa di significato, in gran parte girata nelle zone più povere della Torino attuale, il quadrante nord est che va da Porta Palazzo fino alle barriere. Parti di Torino il cui scopo è sempre stato integrare chi veniva da lontano per trovare un lavoro: dai provinciali piemontesi del tardo ottocento ai “bangla” di questi anni, quei quadranti urbani per oltre un secolo hanno prodotto torinesi e italiani attraverso il lavoro combattente e l'asprezza dei processi d'integrazione. Processo oggi saltato a causa della disintegrazione industriale in corso, dove moltitudini vivono arrabattandosi.
Nel quartiere protagonista del più incredibile furto di bici dei temi recenti, i rider del cibo che ogni giorno volano sulle loro due ruote sono un gigantesco gruppo compatto: sono così tanti che esiste perfino uno studio di avvocati che segue solo le loro cause. Ma loro, i rider, sicuramente non sono stati a rubare bici da 18.000 euro cadauna.
La vetrina rotta
Succede che per incentivare questo processo di trasformazione torinese - che pone il suo inizio nel 1993 quando in una sera d'inverno l'Avvocato sentenziò, in modo stranamente non beffardo ma serio, «la festa è finita» - le istituzioni pubbliche investano soldi nei grandi eventi il cui scopo è attrarre gli agognati turisti che portano soldi in alberghi, ristoranti, bar, un paio di musei.
Quest'anno è stata la volta della Vuelta, gara ciclistica a tappe che insidia il Giro d'Italia da tempo indebolito: la Regione Piemonte ha investito sei milioni di euro per ospitare le prime tre tappe. Partenze da luoghi suggestivi, ma percorsi non particolarmente emozionanti, alberghi pieni grazie alle squadre del World Tour Uci che muovono centinaia di persone nonché il carrozzone dell'organizzazione.
Manca Tadej Pogačar, il nuovo “cannibale” che ha vinto tutto o quasi, stanco e vagamente disgustato dalle critiche che lo assediano, quindi manca una buona dose di spettacolo. Pare sia triste, lo sloveno. Mancano anche altri campioni amati dal pubblico, Van Aert e Van der Poel in primis, ma c'è un buon Egan Bernal, lo sfortunato colombiano che si è fracassato le ossa in bici e dopo una lunga riabilitazione sta tornando competitivo. L'unico italiano in gara capace di far emozionare è Giulio Ciccone, che non si sta risparmiando.
Il furto
Ad accendere i riflettori sulla corsa a livello semi planetario un fattaccio: proprio in corso Giulio Cesare, cuore della Torino più umile, nel parcheggio dell'hotel dove alloggia la squadra del favorito Jonas Vingegaard, la Visma, vengono rubate nel parcheggio diciotto biciclette complete: valore compreso tra 250.000 e 350.000 euro. Sono le Cervélo R5, colorate di giallo e nero, inesistenti sulle strade di tutti i giorni. Dei bolidi. Una taglia media pesa intorno a 7 kg: possono sembrare pochi, ma la Bianchi di Marco Pantani nella configurazione da salita pesava 7.3 kg. La differenza in salita tra una bici top odierna e una di 30 anni fa si aggira intorno ai sei secondi al km: non è poco.
Il costo stratosferico, pari se non superiore a quello di una Ducati V2, è dovuto, dicono negli uffici maketing che pompano questi oggetti che alla fine sempre delle bici sono, all'ampio utilizzo di elettronica – cambio, computer, misuratore di potenza - telai più rigidi, freni a disco, ruote leggerissime e manubri più aerodinamici. Bici che vengono vendute nelle versioni replica da tutte le grandi marche che partecipano alle “classiche monumento” o alle grandi corse a tappe, ma ovviamente nessuno o quasi le compra. È anche un po' ridicolo andare a fare il giretto domenicale con la stessa identica bici di un campione.
Tre sono state ritrovate subito in un prato poco distante, probabilmente quelle dotate di segnalatore gps che viene individuato da un rivelatore: altre, pare siano state abbandonate dai ladri il giorno successivo. Almeno tredici sono sparite. Se sono state caricate su un furgone non dovrebbe essere difficile tracciare i ladri fino al covo dove le hanno nascoste – la zona è coperta da telecamere - oppure i ladri sono fuggiti pedalando come il disoccupato Antonio Ricci.
La Visma tace, gli inquirenti parlano di «banda specializzata internazionale» , e così l'organizzazione della corsa e le istituzioni che si sono trovate a gestire un mezzo disastro mediatico. Peraltro non era nemmeno la prima volta che veniva portato a segno un colpo simile: è accaduto al Tour de France di quest'anno, quando undici bici sono state rubate e quasi subito ritrovate.
A pezzi
Cosa può accadere a delle due ruote così pregiate? Fino al 2015 venivano spedite in Ucraina, dove fioriva un florido mercato di questi mezzi: le trovavi su internet, facevi un viaggio da quelle parti e ti portavi a casa una bici al vertice della gamma ad un quarto del prezzo di mercato. Oggi probabilmente vengono smontate il giorno stesso e i componenti sono venduti su vari siti specializzati.
L'unico pezzo difficile da piazzare è il telaio, il cui valore non è inferiore a 5.000 euro: sono praticamente inesistenti sulle strade di tutti i giorni, è punzonato e soprattutto reca, spesso ma non sempre, il nome dei corridori: per riverniciarlo con colori meno marcanti è necessaria una sabbiatura, ma si rischia di rovinare la struttura in carbonio. Lavoro di fino, di solito si esegue in fabbrica.
Tutto il resto è rivendibile quasi all'istante perché difficilmente tracciabile. Cambio e ruote valgono almeno 6.000 euro e nell'usato “parallelo” si prende tutto alla metà. La bici di Vingegaard è stata ritrovata, quindi il mercato dei collezionisti non ha ricevuto la merce. Chi può comprare questi pezzi?
La vendita di bici nuove è in crisi da anni perché continua a sfornare mezzi sempre più cari, a tutti i livelli di qualità, e il consumatore normale sempre più spesso non cede alle lusinghe del marketing e rimanda l'acquisto o sceglie l'usato. L'esplosione di varie piattaforme in questo settore è dovuta al fatto che negli anni scorsi moltitudini hanno speso decine di migliaia di euro per poi scoprire che la salita rimane sempre una salita. E le due ruote sono finite in cantina.
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