I freni della funivia del Mottarone erano stati bloccati anche altre volte in passato, le norme di sicurezza non venivano sempre rispettate e tutti, o quasi tutti, i dipendenti della società erano a conoscenza di questi fatti. Sono queste le principali novità emerse negli interrogatori avvenuti in questi giorni da parte della magistratura che indaga sul disastro di Stresa, in cui sono morte 14 persone.

Il Corriere della Sera scrive che sono nove i dipendenti della società che sono stati sentiti negli ultimi giorni. «Lo sapevamo tutti che non era normale viaggiare con i forchettoni montati», avrebbe detto ai magistrati uno di loro, riferendosi al dispositivo che serviva a bloccare il sistema frenante della funivia e che ha contribuito al disastro.

Gabriele Tadini, caposervizio dell’impianto, ha confessato di aver dato ordine di montare il dispositivo bloccante e dice di aver condiviso la decisione con il titolare della società, Luigi Nerini, e con il direttore di esercizio, Enrico Perocchio (Tadini, Nerini e Perocchio sono al momento gli unici indagati per il disastro). Entrambi negano di essere stati a conoscenza di questa scelta. Almeno un altro dipendente della società, oltre Tadini, dice invece che sapevano di forchettoni.

Viaggi di prova e sicurezza

Stando ai racconti dei dipendenti, viaggiare con i forchettoni non era l’unica irregolarità che avveniva nell’impianto. Un altro dipendente ha detto che a volte i passeggeri venivano fatti salire a bordo del primo viaggio del mattino, che dovrebbe svolgersi con le cabine vuote per testare l’impianto. In almeno un’occasione, ha raccontato un dipendente, sarebbe stato lo stesso uno dei tre indagati dalla procura di Verbania, a ordinare di far salire a bordo le persone. Non si trattava di una consuetudine, ha spiegato un dipendente, «ma è capitato».

Altri hanno parlato di mancanza di corsi di sicurezza e di aver ricevuto una formazione sommaria prima di iniziare a lavorare. Diversi dipendenti, tra cui uno con un contratto stagionale, hanno detto di essersi adeguati alle decisioni che sapevano essere in contrasto con le norme di sicurezza per timore di perdere il loro posto di lavoro.

L’impianto di Stesa era stato per anni in difficoltà economiche ed aveva avuto numerosi problemi di manutenzione. La situazione era cambiata nel 2016, dopo una ricostruzione quasi completa dell’impianto finanziata dalla regione Piemonte e dal comune di Stresa. Da quel momento la società è tornata a produrre utili.

I sindacati hanno detto che i rapporti con la società e con il suo titolare Nerini erano spesso difficili e che dopo la crisi e la ristrutturazione dell’impianto nel 2015-2016 le relazioni si erano quasi completamente interrotte e nell’azienda si era diffuso un clima poco favorevole alla presenza dei sindacati.

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