Gli attivisti climatici entrano dentro i supermercati con striscioni e volantini per invitare i clienti al boicottaggio di massa della grande distribuzione organizzata e chiedere al governo di tagliare l’Iva sui beni essenziali come il cibo: «Ecco un esempio di come aggireremo il decreto Sicurezza»
«La crisi climatica entra anche dentro il carrello della spesa. E a pagare il prezzo più altro sono le persone comuni: lavoratori, studenti, pensionati. In un paese che cresce poco e in cui il rischio povertà aumenta». A ricordarlo sono gli attivisti di Ultima Generazione – il movimento di resistenza civile nonviolenta che vuole costringere i politici ad agire contro la crisi climatica – che da questa mattina stanno entrando dentro i supermercati delle città grandi e dei piccoli comuni per «chiedere di azzerare l’Iva su pane, pasta, olio e altri beni essenziali, oggi tassati tra il 4 per cento e il 10 per cento».
«Perché il cibo costa troppo per chi lo compra e rende poco a chi lo produce», scrivono gli attivisti nel testo con cui annunciano l’inizio di una nuova campagna nonviolenta: l’invito a boicottare in massa la grande distribuzione organizzata, i supermercati che, «mentre la crisi climatica colpisce duramente milioni di famiglie e le aziende agricole, aumentano i profitti e il potere contrattuale, oltre a essere il volto moderno dello sfruttamento legale, pubblicizzato e apparentemente pulito».
Così il 31 maggio, proprio il giorno in cui a Roma, la Rete No ddl - A pieno regime, ha organizzato la manifestazione nazionale contro il decreto legge sicurezza, voluto dalla maggioranza di governo anche per fermare le proteste degli attivisti climatici, grazie alla norma conosciuta come “anti Gandhi”, Ultima Generazione ha deciso di lanciare una nuova forma di espressione del dissenso.
«Ampia, legittima e nonviolenta, capace di aggirare la repressione e di rilanciare l’efficacia dell’azione collettiva», spiegano i cittadini che hanno aderito al movimento di disobbedienza civile per chiedere misure concrete e immediate per contrastare la crisi ambientale e sociale.
Il diritto al cibo
«Tagliamo l’Iva. Perché il cibo è un diritto, non un lusso. Siamo abituati a correre tra questi scaffali, a riempire il carrello senza pensarci troppo. Ma guardate bene: questi scaffali non sono solo pieni di cibo, sono pieni di ingiustizie. Il cibo è politico: da una parte questo supermercato finanzia Israele e dall’altro schiaccia gli agricoltori mentre il disagio economico in Italia continua a crescere», ha detto Oleandro, 28 anni, mentre, insieme ad altre quattro persone che hanno aderito alla campagna “Il giusto prezzo”, è entrato dentro un supermercato Conad di Cagliari.
Per invitare i clienti a firmare il proprio impegno al boicottaggio e per creare consapevolezza sulle pratiche della grande distribuzione organizzata: «Da sabato 11 ottobre, se il governo non interverrà, saremmo in 100 mila a boicottare i supermercati».
Come Oleandro a Cagliari, Simone in un Carrefour di Milano, Alina a L’Aquila, anche altri attivisti hanno interrotto la routine della spesa nei supermercati di grandi città e piccoli centri del paese con striscioni con scritto «tagliamo l’Iva» e volantini che spiegano la campagna "Il giusto prezzo”.
Un modo per sfidare il governo sul suo stesso terreno, visto che, come spiegano gli attivisti, il taglio dell’Iva sui beni essenziali era tra le promesse fatte da Fratelli d’Italia agli elettori: «Loro ne hanno fatto propaganda. Noi vogliamo realizzarlo davvero. La nostra campagna ha già raggiunto oltre 7mila adesioni e siamo solo all’inizio, spiega a Domani Bruno, uno dei portavoce del movimento: «Ecco un esempio di come aggireremo il decreto Sicurezza: il boicottaggio richiede un sacrificio personale minimo, può coinvolgere una gran massa di persone e avere un impatto notevole. E soprattutto, è totalmente legale».
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