Prima gli annunci e poi i rinvii. Intanto il messaggio nell’opinione pubblica è passato. Niente di nuovo, insomma, sotto il cielo di Palazzo Chigi. Anche nell’ultimo consiglio dei ministri, il governo ha confermato la linea intrapresa fin dall’insediamento.

L’ultimo caso è il disegno di legge sulla Concorrenza, che per la seconda volta è approdato in pompa magna nel cdm: sembrava tutto pronto per essere licenziato, visto che era stato sottoposto a un primo esame, così da consentire l’avvio dell’iter parlamentare, assecondando una richiesta dell’Unione europea nell’ambito dell’attuazione del Pnrr. Il via libera alla riforma è propedeutico alla realizzazione del piano.

Alla fine della riunione, però, è stato disposto l’ennesimo slittamento. Le tensioni tra partiti sono deflagrate, come in tanti altri casi. La missione è stata compiuta: è passata l’idea di un governo attivo sul tema della concorrenza.

Sempre in quel consiglio dei ministri, è stata seguita la stessa rotta: il decreto Pa era atteso come un intervento decisivo, con oltre 3mila assunzioni, per rafforzare gli organici ministeriali e avviare la maxi stabilizzazione dei precari.

Su questo capitolo, in realtà, c’è stato un piccolo intervento con un emendamento al Senato, ma durante l’esame del decreto Pnrr, relativamente al perimetro degli «assunti a tempo determinato presso comuni, province, regioni e altri enti locali del meridione per il supporto alle politiche di coesione», spiega la Fp Cgil. Il provvedimento varato in consiglio dei ministri non ha introdotto iniziative speciali, come pure sembrava volesse fare: si è limitato a una sorta di “operazione di polizia”, ossia l’assunzione in massa di forze dell’ordine. Si tratta di 2.100 unità che significano un terzo della previsione totale.

La Mia sparita

Un altro esempio di annuncio che fa passare il messaggio, ma non viene realizzato, attiene alla Mia, la Misura di inclusione attiva che avrebbe dovuto silurare il Reddito di cittadinanza. «La vecchia logica del Reddito di cittadinanza non c’è più», affermava la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, lo scorso mese, parlando al presente.

Da allora è circolata una bozza sulla Mia, che non è nemmeno approdata in un consiglio dei ministri per un primo esame. Non c’è stato alcun seguito e il presente è ancora il Rdc. Secondo quanto apprende Domani, al ministero sarebbe tutto fermo e avanza l’ipotesi di riscrivere il testo daccapo. Quindi almeno per qualche mese resterà tutto intatto. Ma con il risultato di aver fatto circolare la notizia della sostanziale abolizione del Rdc, una delle bandiere elettorali delle destre.
La galleria degli annunci passati e rimangiati vanta un memorabile apripista, risalente alla legge di bilancio. La querelle sulla cancellazione delle sanzioni per chi non usa il pos è ormai arcinota. In quel caso la confusione fu totale, tanto che alcuni commercianti esposero un cartello in cui dichiaravano di non accettare pagamenti elettronici sotto una certa soglia. Solo che quella norma non era in vigore: era solo teoria, ma mai approvata.

Divisioni al Senato

Peraltro, anche quando i testi ricevono l’ok del governo, si manifestano le spaccature nella maggioranza durante la conversione in parlamento. Negli ultimi giorni i fari sono puntati sul Senato, dove sono in discussioni due provvedimenti molto importanti. Il decreto Pnrr ha subito una serie di battute d’arresto: sarà approvato con oltre dieci giorni di ritardo sulla tabella di marcia, trasmettendolo sul filo del rasoio alla Camera per evitare la decadenza. Ma addirittura sul decreto Cutro ci sono rallentamenti. I lavori in commissione affari costituzionali di Palazzo Madama sono stati interrotti mercoledì sera.

Il governo si è limitato a dare i pareri sugli emendamenti dei primi articoli, quelli su cui c’è maggiore concordia. E non senza forzature parlamentari come sulla «riformulazione di un emendamento, sottoscritto anche dalle opposizioni, che in realtà è una vera e propria aggiunta del tutto eterogenea, su cui non è stato possibile discutere e avanzare proposte di modifica», si legge in una nota congiunta dei rappresentanti di Pd, terzo polo, Movimento 5 stelle e Alleanza verdi-sinistra.

Nonostante le prove di forza, al limite del regolamento, tutto è rimandato alla settimana dopo le festività di Pasqua, quando dovrebbe arrivare l’emendamento governativo che potrebbe riprendere alcune proposte della Lega. I leghisti puntano alla sostanziale reintroduzione dei vecchi decreti sicurezza di Salvini. Il dato politico è comunque un altro: addirittura su un tema identitario per le destre c’è divisione. 

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