Il partito socialdemocratico tedesco, la Spd, dovrebbe essere uno dei gruppi più umani della politica mondiale. “Sociale” si riferisce al socialismo, ma non al comunismo.

Nel corso del Ventesimo secolo la Spd si è impegnata in una politica che può essere stata noiosa ma ha avuto il vantaggio di portare realmente un beneficio alla classe operaia tedesca: riformare invece di rovesciare il capitalismo. Questa, almeno, è la storia che racconta.

“Democratico” fa riferimento all’opposizione del partito al totalitarismo. Perseguitata dai nazisti e disprezzato dai comunisti per aver abbracciato la «corruzione borghese degli operai», nelle parole di Lenin, la Spd ha difeso con decisione la libertà contro i suoi nemici dittatoriali. E ora vuole che anche noi ammiriamo questo autoritratto lusinghiero.

In uno dei momenti più toccanti della Guerra fredda, Willy Brandt, il cancelliere della Spd dell’allora Germania dell’ovest, fece visita al ghetto di Varsavia. Le truppe tedesche avevano deportato centinaia di migliaia di ebrei da Varsavia nei campi di sterminio. Da dentro le mura del ghetto i prigionieri combatterono una rivolta destinata all’insuccesso ma caratterizzata da un eroismo commovente. Brandt depose una corona di fiori al memoriale per le vittime della rivolta del 1943 e senza parole cadde in ginocchio.

In seguito spiegò: «Nell’abisso della storia tedesca e sotto il peso degli assassinati, ho fatto quello che fanno le persone quando le parole vengono a mancare». L’abisso oggi è in Ucraina; la Varsavia di oggi è Mariupol. I difensori resistono contro l’assalto incessante dell’artiglieria da parte delle forze russe che non osano affrontarli faccia a faccia. Il sindaco dice che i russi hanno ucciso 20mila civili mentre continuano a ucciderli in tutta l’Ucraina.

Ovunque la Russia avanzi si scavano fosse comuni, le donne vengono violentate e, secondo una tattica dell’epoca staliniana, i soldati deportano gli ucraini in Russia, minacciandoli con le armi. Poiché gli ucraini sono slavi dell’est che non accettano il governo dell’impero russo, l’ideologia putiniana impone che siano «distrutti al massimo grado».

Il 27 febbraio, tre giorni dopo l’inizio dell’invasione, Olaf Scholz, che ha assunto la carica di cancelliere socialdemocratico della Germania nel dicembre del 2021, è apparso pronto ad affrontare la crisi e dimenticare la colpa bellica della Germania. Ha annunciato una Zeitenwende (“svolta”) nella posizione strategica tedesca. Un paese che dipende decisamente dalle materie prime russe come dai mercati cinesi sull’export avrebbe finalmente ascoltato gli alleati e bloccato il gasdotto Nord Stream 2 che avrebbe portato alla Germania ancor più gas russo. Avrebbe aumentato la spesa militare e non avrebbe permesso a Putin di «riportare gli orologi indietro al Diciannovesimo secolo».

Breve euforia

I democratici in Europa hanno esultato. Finalmente la Germania, la più grande potenza economica d’Europa, si stava assumendo seriamente le proprie responsabilità invece di approfittare delle tasse di altri membri della Nato, in particolare dei contribuenti americani. L’euforia non è durata. La resistenza più notevole che la Spd ha mostrato è la resistenza alle misure necessarie per contrastare i criminali di guerra dei nostri tempi.

Per due mesi Scholz si è rifiutato di rifornire l’Ucraina di carri armati e armi pesanti. Ha affermato: «Tutte le nostre spedizioni coincidono con ciò che hanno messo a disposizione da parte loro i nostri più stretti alleati e amici», ma in realtà Stati Uniti, Regno Unito, Paesi Bassi, Francia e quasi tutti i principali paesi europei hanno offerto armi pesanti. Hanno capito almeno che l’unico modo per porre fine alla guerra è di dare all’Ucraina gli strumenti di cui ha bisogno per combattere Putin.

Si potrebbe considerare la mancata fornitura a Kiev come un segno dell’amore tedesco per la pace, se non fosse che la Germania è il quinto esportatore al mondo di armi. La Germania abbraccia lo stile del pacifismo, più che la sostanza. La sua classe dirigente è felice di fare soldi con le guerre, finché sono lontane.

Oppure, come ha detto Scholz allo Spiegel, è decisa «a evitare l’escalation verso la Nato» a tutti i costi. Come se gli altri paesi della Nato non stessero calibrando i rischi e avessero concluso che il pericolo di dare libero sfogo alla Russia eccede il pericolo di un’escalation. Il divario tra retorica alta e accordi al ribasso esiste tra i socialdemocratici tedeschi da decenni.

Brandt è stato cancelliere dal 1969 al 1974. Dopo essersi rialzato in piedi a Varsavia, Brandt è tornato a inginocchiarsi di nuovo davanti all’Unione sovietica. Ha preso accordi con i comunisti per un gasdotto diretto verso la Germania occidentale e ha dato inizio a una dipendenza fatale.

La ritirata da principio si è trasformata in disfatta quando la Spd ha riconquistato la cancelleria di una Germania ormai unita sotto la guida scaltra di Gerhard Schröder. Poiché proveniva dalla sinistra, e non dalle file della destra, Schröder ha ricevuto solo una piccola parte delle ingiurie riversate su Donald Trump, Marine Le Pen e Viktor Orbán. Ma più di tutti loro è stato l’asset occidentale più affidabile di Putin.

A meno di un mese dal termine della sua carica nel 2005, Putin lo ha interpellato per coinvolgere la Germania negli interessi energetici russi. In una recente intervista al New York Times Schröder non si è pentito di aver legato il suo paese alla Russia, dicendo di essere soltanto stato il frontman di un consenso che l’intero establishment tedesco ha approvato. «È andato bene a tutti negli ultimi trent’anni. Improvvisamente, però, tutti la sanno più lunga».

Per una volta nella vita Schröder è stato onesto. Angela Merkel e i conservatori della Cdu sono stati morbidi con Putin, come lo sono stati con la proto-dittatura di Orbán in Ungheria. Gran parte dell’intellighenzia tedesca li ha assecondati. L’eccezione più lodevole è stata rappresentata dal partito dei Verdi, il cui ex leader, il vice cancelliere Robert Habeck, è stato accolto al grido di “guerrafondaio” per aver esortato Scholz a inviare armi in Ucraina.

Lo storico britannico James Hawes, esperto di Germania, commentando recentemente l’ombra della colpa della guerra nazista – la paura dell’inflazione e l’eco-paranoia che ha spinto Angela Merkel a rendere il suo paese ancora più dipendente da Putin chiudendo le centrali nucleari – ha parlato di una nazione spaventata da sé stessa. I politici hanno paura che «se non insistono nel dimostrare che sono quelli che salvano di più, i più cauti, i più ecologicamente responsabili, i più inclini al pacifismo e meno patriottici a livello nazionale in Europa, si trasformeranno improvvisamente in nazisti».

Avrebbe potuto aggiungere che l’opposizione ai crimini del passato può portare profitti nel presente. Lungi dall’essere sistematicamente antifascisti, i peggiori in Germania imitano Schröder nell’assomigliare a borghesi viziati e compiacenti. Esprimono sentimenti virtuosi mentre si riempiono le tasche.

Scholz rifiuta di smettere di finanziare la Russia bloccando le vendite di petrolio e gas. La Spd e i suoi partner della coalizione sostengono che un embargo spingerebbe la Germania verso la recessione e la presa di posizione deve attendere fino a quando non si troveranno fonti energetiche alternative. Hanno un buon argomento: se ad essere così esposte fossero l’economia inglese e americana, Regno Unito e Stati Uniti sarebbero così pronti a boicottare l’energia russa.

Denaro insanguinato

A ogni modo la guerra è un tempo di brutalità, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non ha detto nient’altro che la brutale verità quando ha dichiarato che la Germania paga a Putin un miliardo di dollari al giorno «di denaro insanguinato» per finanziare la distruzione del suo paese. Senza successo. La Germania preferirebbe proteggere la sua economia invece degli ucraini, un cinismo che sarebbe più facile da sopportare se non fosse accompagnato da tanto moralismo. E tra le altre cose, da tanta corruzione.

Ora, molto tempo dopo aver distrutto la reputazione della Germania in occidente, la Spd si è piegata tardivamente alle pressioni dei Verdi e degli alleati della Germania e ha accettato di rifornire a Kiev carri armati antiaerei. Il prezzo del sangue ucraino è diventato così alto che persino i suoi leader non hanno potuto ignorarlo.

Hanno coniato l’orrenda parola pasokification per descriverne la sorte, dopo che il partito socialdemocratico greco Pasok è stato quasi spazzato via quando i suoi sostenitori si sono rivolti alle forze populiste dell’estrema sinistra e destra.

La Spd non ha smentito la tesi prendendo il potere l’anno scorso. Ha conquistato appena il 25 per cento dei voti. Spartisce il governo non solo con i Verdi ma con il partito liberale (Fdp) pro mercato, che riesce a porre un veto reale sulle proposte della sinistra. L’idea che possa riformare radicalmente il capitalismo è di fantasia.

Il mito secondo cui Spd sia rimasto saldo contro il militarismo e la dittatura è stato abbattuto ancora più miseramente. Un partito socialdemocratico che ha perso ogni legame con il socialismo e non offre un sostegno incondizionato agli ucraini nel difendere la democrazia a nome della Germania non ha più niente da dire. Procede barcollando senza scopo e, temo, senza futuro.

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