Settembre tempo di vendemmia, anche a mezzanotte o alle cinque del mattino. Una scelta singolare, legata anche al cambiamento climatico. Con le giornate sempre più calde, tante aziende vitivinicole hanno deciso di vendemmiare una parte delle loro uve a un orario diverso dal normale.
Questa valutazione, che per alcuni può sembrare legata a mode del momento o a un fattore turistico, ha invece una sua specifica utilità: «Da vent’anni vendemmiamo il nostro Chardonnay nella tenuta di Contessa Entellina durante l’orario serale visto che, maturando a Ferragosto, non è possibile farla di giorno, a causa di una temperatura che può raggiungere anche i 40°C. La nostra tenuta si trova in collina e gode di una certa escursione termica tra il giorno e la notte. Da un po’ di tempo abbiamo visto però come l’uva sia ancora piuttosto calda a mezzanotte e così abbiamo deciso di spostare la vendemmia alle prime luci dell’alba: tra le quattro e le cinque del mattino, infatti, il grappolo raggiunge la sua temperatura più bassa», racconta Antonino Santoro, capo agronomo dell’azienda vitivinicola Donnafugata, che possiede cinque tenute in Sicilia.

Chi invece si è convertito da poco a questa pratica è Franco Morando, direttore generale di Montalbera, tenuta che si estende fra i territori piemontesi del Monferrato e delle Langhe, che ha da poco celebrato la prima vendemmia notturna del Ruché, un vitigno a bacca nera che fa parte della storia di questo territorio, dopo anni nei quali veniva regolarmente seguita solo per le uve bianche.
«La nostra scelta è legata al cambiamento climatico: per preservare al meglio le sue caratteristiche organolettiche abbiamo deciso di vendemmiare a un’ora serale anche un rosso come il Ruché, evitando sbalzi termici eccessivi e lavorandolo così al meglio nella successiva fase di macerazione e fermentazione, senza l’utilizzo di lieviti o proteine particolarmente ricercate. Nulla si sarebbe perso, poiché blendandolo con altri mantiene una sua corposità, ma abbiamo scelto di mantenerlo illibato, applicando le stesse tecniche che applichiamo ai vini bianchi da tempo. In questo modo possiamo procedere ad una vendemmia tradizionale» racconta Morando.

I vantaggi

Non sono i soli: tante cantine e aziende vitivinicole si sono convertite a questa pratica, chi per reale necessità, chi per motivazioni turistiche, scegliendo di aprire le porte anche a serate degustative. «La vendemmia notturna si può praticare solo su piccoli appezzamenti, perché ci vorrebbero grandi schiere di persone, ma è un metodo naturale per portare le uve ad una temperatura più giusta per la loro macerazione. Se le quantità sono maggiori la tecnologia ci viene in soccorso, permettendo di portarla in cassetta in cantina e di raffreddarla», evidenzia Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi.

«Le condizioni dei lavoratori, certamente migliori al calare del sole, sono centrali in questa scelta, ma va soprattutto evidenziato come questa sia una scelta tipica dei vitigni precoci, quelli cioè che maturano durante il mese di agosto ma anche a inizio settembre, e in particolare quelli a bacca bianca. In questo modo si possono preservare le qualità del vitigno, come la sua freschezza e la sua acidità, un passaggio importante in vista della successiva ammostatura. Un piccolo vantaggio della cantina potrebbe essere il risparmio energetico, visto che in questo modo con l’uva già fresca si consuma meno elettricità per attivare i cicli di raffreddamento e abbassare la temperatura prima delle uve in fermentazione e poi dei mosti», rimarca Luigi Moio, presidente dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino e professore ordinario di enologia presso l’università “Federico II” di Napoli.

Sostenibilità aziendale e tutela del corredo aromatico dell’uva: sono questi i due fattori che maggiormente incidono su questa scelta, che altrimenti soffrirebbe di alcuni svantaggi. «Dalle nostre parti fare una vendemmia durante le ore più calde porterebbe all’accelerazione di alcuni fenomeni di ossidazione dell’uva, più evidenti soprattutto durante la fase di raspatura e pigiatura, con perdita quindi degli elementi aromatici. E questo è un peccato, soprattutto se poi parliamo di uno vino che si vuole posizionare su un target medio-alto di longevità: in questo caso anche un dettaglio del genere può fare la differenza», sottolinea Santoro, che evidenzia come la vendemmia notturna riguardi appena il 5 per cento della superficie totale della tenuta, con solo 200mila bottiglie prodotte per le etichette “Chiarandà” e “La fuga”. Una storia non molto diversa è quella che riguarda anche i vini di casa Montalbera. «Da circa otto anni abbiamo iniziato a vendemmiare la varietà Viognier, vitigno a bacca bianca, a un orario serale, copiando un po’ quello che fanno in Sicilia: i problemi sono difatti gli stessi, come le temperature molto alte che raggiungiamo anche in vigna e gli insetti che rendono difficile il lavoro. L’idea, però, è anche quella di dare freschezza e grandi profumi ai nostri vini, almeno a quelli provenienti da una piccola parte dei nostri vitigni» sottolinea Morando.

Se oggi tanti pensano e continueranno a pensare a soluzioni creative per la vendemmia, la ragione è legata al cambiamento climatico, che pone problemi non semplici: «Già oggi la vendemmia è profondamente cambiata a causa del cambiamento climatico. Le varietà oggi non maturano più in modo progressivo e sia i bianchi che i rossi giungono alla raccolta più o meno nello stesso periodo, a volte anche in sovrapposizione» sottolinea Moio. «La sfida del cambiamento climatico porterà avanti solo il prodotto di aziende sempre più professionali, che si avvalgono di enologi preparati: ma la vendemmia si fa sempre in vigna», rimarca Morando. «Abbiamo infatti un piccolo lago, presente dai tempi di mio nonno e che fino a pochi anni fa era pieno, che oggi è secco, poiché non riceve più acqua dalla vicina montagna. Un segno evidente del periodo» conclude il direttore generale di Montalbera.

«Oggi sono certamente cambiati i tempi della vendemmia: un tempo arrivava fino a novembre, oggi inizia già ad agosto e a inizio ottobre ormai si è concluso tutto. Il cambiamento climatico è un fattore che può anche essere positivo: i grandi vini sono nati in risposta ad un nuovo ambiente, visto che il grappolo non teme il sole ma il diretto riflesso della luce solare. Quello che conta è saperlo trattare in modo scientifico: lo dimostra anche il passaggio al Guyot, sistema di allevamento della vite dove le foglie hanno la parte principale e proteggono i grappoli al sole» sottolinea Cotarella. Una sfida a cui tutti i viticoltori devono farsi trovare presenti.

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