«Vorrei tenerti pulito (...) perché se ti macchi oggi rischi che poi non ne veniamo fuori». Sono le parole pronunciate da Luigi Cullurà, responsabile del deposito Eni di Calenzano, e rivolte ad Andrea Strafelini, coordinatore operativo giornaliero del sito di stoccaggio dei carburanti. Una intercettazione che Domani ha letto, contenuta negli atti d’inchiesta della procura di Prato, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati proprio di Strafelini.

Il funzionario è accusato di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali colpose per l’esplosione dello scorso dicembre. Un’esplosione che ha fatto strage di lavoratori: era il 9 dicembre 2024 quando morirono cinque persone, altre 28 rimasero ferite gravemente.

L’inchiesta coordinata dal procuratore Luca Tescaroli ha portato all’emissione di nove avvisi di garanzia per sette dirigenti di Eni e due della società appaltatrice Sergen. Nei giorni scorsi alla lista si è aggiunto un altro indagato: Strafelini, per l’appunto, il cui coinvolgimento nasce dalle dichiarazioni di un altro soggetto coinvolto, Enrico Cerbino, interrogato lo scorso 2 settembre.

Così la procura, nei giorni scorsi, ha chiesto al giudice per le indagini preliminari di estendere al neo-indagato l’incidente probatorio che si terrà il 3 ottobre.

L’intercettazione

Intanto rimane agli atti l’ intercettazione ancora inedita, che risale al 10 dicembre 2024, un giorno dopo l’esplosione mortale. In particolare, Strafelini contatta Andrea Mariottini, addetto al servizio di prevenzione e protezione, che si trova insieme a Cullurà, al quale passa il cellulare. Quest’ultimo rassicura Strafelini. Per gli investigatori, lo stesso Cullurà «si è adoperato per evitare il suo coinvolgimento nella vicenda e salvargli il posto di lavoro nell’azienda».

«Cerco di tenerti fuori da tutta questa cosa per evitarti rogne (...) tanto sappiamo che poi a me finito un po’ il bailamme mi mandano via», dice Cullurà a Strafelini, che ora è il decimo indagato.

Perché Cullurà vuole tenere il collega fuori dalla vicenda? Ancora non è dato sapere. Certo è che a Strafelini, chiamato in causa da Cerbino, i magistrati di Prato contestano nello specifico «una condotta atipica e di agevolazione, consistita nel partecipare alla riunione operativa, tenutasi l’8 novembre 2024, alla quale partecipava anche Enrico Cerbino, preliminare al sopralluogo congiunto, fornendo a quest’ultimo l’erronea indicazione di eliminare la curva tra la valvola 576 e la valvola 574 e di rimuovere la valvola 577 inserendo due flange cieche, ancorché tali operazioni non fossero state previste e analizzate nel progetto già predisposto dall’impresa esterna Dg Impianti Industriali srl».

Sullo sfondo resta il dramma di un incidente classificato dagli inquirenti come «evitabile» e «prevedibile». «L’incidente sul lavoro è risultato in concreto prevedibile, se fosse stata effettuata un’adeguata analisi dei rischi e delle condizioni operative, ed evitabile, se fossero state eseguite correttamente le procedure di sicurezza, protezione e pianificazione che erano obbligatorie per effettuare l’intervento che doveva effettuare Sergen», si legge non a caso in una nota della procura che, nelle scorse settimane, ha fatto sapere quanto emerso dalla super perizia degli otto consulenti tecnici: i professionisti hanno stimato che se dalle 9 alle 15 del 9 dicembre 2024 le pompe di carico delle autobotti del deposito Eni fossero rimaste chiuse come avrebbero dovuto, sarebbero andati persi 255mila euro di introiti.

Dal canto suo Eni, sempre nelle scorse settimane, tramite una nota, si è difesa, affermando «di non avere svolto alcuna attività di ostacolo alle indagini della Procura» e ancora che «la chiusura delle attività di rifornimento presso il deposito di Calenzano tra le 9 e le 15, ipotizzata dalla procura di Prato, non avrebbe comportato per Eni alcuna perdita economica ma solo una riorganizzazione delle attività di carico delle autobotti in altra fascia oraria o in successiva giornata».

La società ha poi «confermato la propria piena e totale collaborazione all’autorità giudiziaria e l’impegno al risarcimento dei parenti dalle vittime dell’incidente».

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