«Attenzione. Zona ad alto rischio, possibile presenza di polvere di amianto». Un cartello è sulla cancellata che blocca l’ingresso a un’area abbandonata, ricoperta di sterpaglie. Intorno una schiera di capannoni industriali, alcuni in attività, altri sfitti. E poi case, un ospedale, qualche bottega. È quanto rimane della città ideale di Zingonia, nata 60 anni fa dalle velleità di un industriale sognatore e presto trasformatasi in un incubo per i residenti della zona.

È un fazzoletto di terra a cavallo tra cinque piccoli comuni della bergamasca: Verdellino, Osio Sotto, Boltiere, Verdello e soprattutto Ciserano. Siamo a meno di 20 chilometri da Bergamo, una zona di fabbriche e industrie. È qui che all'inizio degli anni ‘60 Renzo Zingone prova a costruire una città che guarda al futuro, ed è qui che nel 2019 Matteo Salvini sale a bordo di una ruspa e dà il via ai lavori di demolizione di sei palazzi in degrado, promettendo l’ennesima rinascita, che ancora non si vede. 

Il sogno di Zingone

Il sogno di Zingone era una città ideale che unisse l'attività industriale con le attività sociali e ricreative. Fonderie e manifatture, ma anche bar, cinema, negozi e ospedali. Un’utopia a cui l’imprenditore romano dà il suo nome: Zingonia. Il progetto replica l'idea del vicino villaggio di Crespi d’Adda, città operaia nata intorno a un cotonificio sul finire del XIX secolo e oggi diventata patrimonio Unesco. Un esperimento riuscito che Zingone non è riuscito a replicare. L’area di Zingonia era promettente.

Pianeggiante, vicina all’autostrada Milano-Venezia, alle stazioni ferroviarie di Treviglio e di Verdello-Dalmine, alle acque del Brembo, del Serio e dell’Adda. Eppure era considerata “depressa” secondo le leggi del tempo, e chi decideva di investirci poteva approfittare di importanti sgravi fiscali. D’altra parte, a Zingone il capitale non mancava: dopo un passato da investitore nelle miniere d’oro e di rame in Venezuela, aveva recentemente acquisito la milanese Banca Generale di Credito. Nel 1964 furono aperti i primi cantieri.

«Sono arrivato qui il primo novembre del 1966, dalla mia Sicilia. C’era una nebbia che non finiva più», racconta Vincenzo Profita, 81 anni, tra i primi a trasferirsi a Zingonia dal Sud in cerca di lavoro. Da quasi trent’anni gestisce una tipografia. Profita ha subito preso casa nel complesso residenziale “Anna”, un insieme di tre palazzi che insieme ai gemelli “Athena”, identici ma posti dal lato opposto della strada, formavano un conglomerato da più di 200 appartamenti conosciuto come “le Torri”: «All’inizio a Zingonia c’erano solo questi palazzi e una trentina di capannoni, il resto erano campi di granoturco».

Profita è rimasto nelle Torri Anna fino al 1972 per poi spostarsi, come molti altri, in una villetta poco lontano. Da lì ha seguito il tramonto del sogno di Zingone. La città ideale di Zingonia infatti non è mai esistita: la crisi economica del 1973 e le difficoltà di coordinamento tra i cinque comuni che gestiscono la zona rallentano il progetto originario, che nel giro di pochi anni viene abbandonato.

Gli edifici previsti – tra cui un teatro e un centro commerciale – rimangono sulla carta. Il sogno di Zingone sfuma in silenzio. «Mio marito era refrattario ai partiti e alla politica, diceva che siamo imprenditori privati e non chiediamo niente a nessuno. Ci hanno bloccato anche le licenze», ha spiegato anni fa Donatella Pasquali, moglie di Zingone e poi dell'ex presidente del Consiglio Lamberto Dini. «Alla fine ha detto basta e siamo andati all’estero. Abbiamo lasciato Zingonia non terminata. L'Italia era diventata pericolosa, c'erano i sequestri, le Brigate rosse». 

A metà degli anni ‘70 infatti l’imprenditore vende i terreni nella bergamasca per trasferirsi in Svizzera e poi in Costa Rica. Muore di cancro nel 1981.

Gli anni del degrado

Abbandonata da Zingone e lasciata in un vuoto amministrativo dai cinque comuni che dovrebbero occuparsene, a partire dagli anni ‘80 Zingonia si trasforma: le fabbriche continuano a lavorare, ma gli immigrati arrivati dal Sud Italia si trasferiscono altrove, lasciando il posto a quelli magrebini. Proprio qui, a pochi chilometri da Pontida, luogo simbolo della Lega Nord di Umberto Bossi. «Le aziende continuano a richiedere forza lavoro e arrivano molti stranieri, all’inizio gli uomini, poi cominciano i ricongiungimenti familiari», racconta Enea Bagini, sindaco di Ciserano dal 2009 al 2019. Nel 2008 solo 45 residenti nelle Torri erano italiani, gli altri 390 erano extracomunitari. 

Le amministrazioni comunali non riescono a mettersi d’accordo su una visione comune per Zingonia che viene abbandonata a se stessa. Nelle Torri molti proprietari non pagano i mutui o le spese condominiali, nel 2009 il comune di Ciserano chiude temporaneamente l’acqua a cinque palazzi su sei che avevano accumulato un debito da quasi 400 mila euro con UniAcque.

Le Torri diventano un centro di spaccio, alimentato da una domanda forte tanto quanto l’offerta. Nel 2015 sono stati trovati 17 chili e mezzo di hashish. Nel 2018 si contano nove incendi dolosi negli appartamenti. Cresce la tensione tra gli occupanti delle Torri, regolari e abusivi, italiani e non, l’amministrazione comunale e gli abitanti di Ciserano che che si tengono alla larga: «Chi abitava nelle Torri veniva emarginato», dice l’ex sindaco. 

Flavio Bravi ha gestito dal 2006 al 2010 una tabaccheria proprio sotto le Torri Anna, per poi spostarsi poco lontano, sulla strada Francesca. «Il mio bar era additato come il bar degli spacciatori ed effettivamente dalla mattina alla sera entravano una ventina di persone che facevano solo quello. Zingonia era un ghetto, quello che succedeva lì non era importante, bastava che le attività illecite non arrivassero negli altri comuni».

Acquisti, espropri, ricorsi 

Nel 2012 le amministrazioni di Ciserano, Boltiere, Verdello, Verdellino e Osio Sotto hanno firmato insieme a Regione Lombardia un accordo programmatico per la riqualificazione dell’area residenziale di Zingonia. Il piano ha messo a disposizione di Aler, l’Azienda Lombarda per l'Edilizia Residenziale, 5 milioni di euro per acquistare gli appartamenti e le attività commerciali delle Torri, in modo da poterle abbattere e mettere all’asta il territorio. 

Molti residenti vengono ricollocati in comuni limitrofi, ma chi non accetta di spostarsi viene espropriato per una miseria: «Abbiamo preso una casa intera a 2.300 euro», ammette l'ex sindaco Bagini, «gli appartamenti non avevano più nessun valore». 

Secondo Roberto Trussardi, avvocato che ha seguito le cause e i ricorsi presentati da alcuni ex residenti, la condotta dell’Aler e del comune di Ciserano non ha rispettato i diritti dei residenti: «Quando ancora c'era qualche famiglia le autorità hanno demolito le scale, sono arrivati gli operai e hanno buttato giù ogni manufatto». Bagini conferma di aver fatto murare 66 appartamenti subito dopo l’acquisizione da parte di Aler, per evitare che venissero occupati nuovamente in modo abusivo. 

Aspettando la rinascita

Le Torri vengono demolite sette anni dopo la firma dell’accordo tra Comuni e Regione. Il 13 maggio 2019, quando tutti i residenti – regolari e non – avevano ormai lasciato gli appartamenti, il ministro dell’Interno Matteo Salvini è arrivato a Zingonia con l’elmetto in testa e a bordo di una ruspa ha demolito, aiutato dagli operai, il tetto di uno dei sei palazzi sgomberati. «È una promessa mantenuta, dopo anni e anni al posto di spaccio, degrado, clandestinità, tornerà un’area per i cittadini», ha commentato sorridente. 

La rinascita, però, ancora non si vede. La demolizione delle Torri non ha migliorato il tessuto sociale di Zingonia «Non è cambiato niente. Se prima la criminalità era concentrata nelle Torri, ora il giro si è spostato, ma è sempre la stessa cosa», dice Deborah De Donno, un'abitante di Ciserano che però intende trasferirsi presto. Zingonia è fatta dai tanti capannoni industriali costruiti negli anni ‘60 e ’70: complessivamente, sul piccolo territorio sono ancora attive oltre 300 aziende.

Ci sono anche alcune case, l’ufficio delle poste, una palestra, qualche supermercato, un ospedale gestito dal Gruppo San Donato e l’Istituto di neuroriabilitazione Habilita, dotato anche di impianti per la medicina iperbarica. Caterina Vitali, attuale sindaco di Ciserano, difende le decisioni della sua giunta: «L’area dovrà essere messa all’asta e poi partiranno i lavori di ricostruzione, ma non più a scopo residenziale. È stata fatta una scelta forte per evitare di ripetere gli stessi errori del passato». Al posto delle Torri potranno sorgere solo negozi, banche, uffici postali, centri sanitari. 

Ma l’attesa è lunga, l’asta non è ancora cominciata, per mesi la pandemia di Covid-19 ha bloccato ogni altra cosa e messo in ginocchio tutta Bergamo. L'ex sindaco Bagini confida il suo tormento: «Durante il coronavirus non so cosa sarebbe successo nelle Torri di Zingonia. Mi fa paura solo a pensarci». Di recente i tecnici incaricati hanno concluso una nuova perizia sul terreno delle Torri – valutato 2,2 milioni di euro – e secondo l’ex sindaco l’area potrebbe essere venduta entro l’estate. Il tabaccaio Bravi ci spera: «Dopo tanti anni di purgatorio non voglio il paradiso, ma almeno un po’ di normalità». 



 

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