Si è aperto oggi in Cassazione l’anno giudiziario 2024, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L’evento nell’aula magna della Suprema corte ha avuto un accenno di ottimismo: secondo i dati, infatti, la riforma Cartabia ha iniziato a dispiegare i suoi effetti e i dati sulla riduzione dei tempi della giustizia sono incoraggianti.

Cassano, prima presidente di Cassazione

La prima presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, ha aperto l’inaugurazione dell’anno giudiziario di Cassazione con un messaggio di «speranza basato sulla concretezza dei dati».

«Dare attuazione alle riforme del processo civile e penale del 2022 è uno sforzo corale, con grande senso di responsabilità e scrupolosa attenzione agli elementi organizzativi» nella leale collaborazione tra soggetti della giurisdizione.

«Rendere la giustizia efficace attraverso un recupero di efficienza serve alla costituzione di uno stato moderno, anche per la programmata politica di crescita e sviluppo», ha detto, indicando i dati.

Pendenze civili: -8,2% nei Tribunali e -9,8% nelle Corti d’appello; durata media dei procedimenti: in primo grado -6,6% e in appello -7%; disposition time: -6,4% nei Tribunali e - 6,4% nelle Corti d'appello.

«Fra i tanti aspetti delle modifiche normative che hanno reso possibili questi risultati confortanti desidero citarne uno in particolare: la mediazione. Dai dati ministeriali emerge, infatti, una sua significativa applicazione soprattutto nelle cause in tema di successione, divisione ereditaria, diritti reali, condominio, assicurazione, responsabilità extra-contrattuale già instaurate, a dimostrazione di un mutamento condiviso di cultura di giudici e avvocati».

Pendenze penali: -13% nei Tribunali e -6,5% nelle Corti d'appello, pur considerando l'aumento dei procedimenti di nuova iscrizione pari nel 2023 a 2.447.467. Il numero dei procedimenti definiti è aumentato dell'8,3% in primo grado e del 10,6% in appello. Disposition time: 310 giorni in tribunale, rispetto ai 386 del periodo precedente e 689 giorni in Corte d’appello rispetto agli 815 del periodo precedente.

«È, quindi, possibile formulare una prognosi di conseguimento degli obiettivi fissati dal Pnrr, pari, rispettivamente, a 282 giorni per i Tribunali e a 601 giorni per gli Uffici di secondo grado». Secondo Cassano «sono dati che fanno razionalmente sperare e trovano la loro ragione nell’organico intervento riformatore».

Per la Cassazione, su un totale di 94.759 procedimenti civili (il 54,6% è in carico alle Quattro Sezioni civili e il 44,2% alla Sezione Tributaria) le definizioni ammontano a 34.793. L’indice di ricambio è salito al 141% rispetto al 121,3% del 2022. Il disposition time è pari a 1.003 giorni e registra una diminuzione di 60 giorni rispetto al 2022 e di 299 giorni se raffrontato con i dati di partenza del 2019, assunti come parametro di comparazione ai fini del Pnrr. Dunque «per conseguire l’obiettivo di 977 giorni fissato al 30 giugno 2026 è necessaria la diminuzione di ulteriori 26 giorni».

Nel penale, Cassano ha sottolineato l’importanza di aver «superato l’ottica carcerocentrica, introducendo la giustizia riparativa e forme risarcitorie e restitutorie per i reati di minore gravità». Inoltre, sono aumentate le garanzie nella fase sostanziale, «con forme anticipate di definizione, dibattimento solo in casi più gravi e responsabilizzazione attori processuali. Le nuove regole sull’iscrizione della notizia di reato, finestre di giurisdizione, regole di giudizio, parametri di valutazione prognostica ai fini del rinvio, non hanno mera funzione acceleratoria ma sono il raccordo con il principio della presunzione di innocenza».

Tra le notazioni della relazione di Cassano, c’è stato anche un passaggio sulla legislazione: «La rapida successione di leggi, soprattutto se ispirate da logiche settoriali, determina i presupposti di possibili incoerenze del sistema complessivo e pesanti ricadute sul funzionamento della giustizia, attesa la stretta interdipendenza esistente tra regole sostanziali e processuali e modelli organizzativi proiettati a garantire la corretta e utile celebrazione di processi nell'osservanza dei diritti fondamentali. Provoca anche incertezze interpretative nella individuazione della regola applicabile. Il riferimento potrebbe essere soprattutto alla riforma della prescrizione, i cui limiti e rischi senza norme transitorie sono stati sottolineati anche dai procuratori generali in una lettera al ministro della Giustizia.

Cassano ha anche sottolineato l’importanza del ruolo del giudice di merito, chiamato a «dare tutela a diritti inediti, con individuazione di soluzioni ancorate esclusivamente al diritto positivo» e «chiamato a dare risposte alle domande di giustizia e a misurarsi criticamente con le sentenze della Cassazione. In questo senso anche il giudice di merito è parte del processo nomofilattico, a cui fornisce il suo responsabile contributo». 

Quanto all’avvocatura, «le spetta promuovere l’equilibrio tecnico, l’osservanza delle garanzie del processo e il ragionevole dubbio. L’avvocato come il giudice è garante dei valori fondamentali, a partire da tutela di libertà di persona, anche coi mezzi di informazione», e ha ricordato il ciclo di incontri “Dialoghi” per promuovere la qualità degli atti. Un confronto che la corte ha promosso anche con la Corte dei conti e il Consiglio di Stato.

Infine ha toccato i temi del carcere, dei femminicidi e delle morti sul lavoro. Attualmente il sovraffollamento è di «62mila detenuti, rispetto ai 51 mila posti disponibili, anche se cominciano a registrarsi effetti deflattivi della riforma del 2022, con una diminuzione di persone in attesa di giudizio e un aumento dei detenuti definitivi».

Ha aggiunto che «l’aumento degli infortuni sul lavoro significa che serve una azione preventiva con controlli seri ed efficaci. Non è tollerabile che si continui a morire a causa del lavoro». Quanto hai femminicidi, ha ricordato che «su 330 omicidi nel 2023, le donne sono vittime in 120 casi e in 97 i delitti sono maturati in ambito familiare o affettivo. Sono spesso il tragico risultato di reati spia, che richiedono attenzione oltre che tempestività. Serve una forte azione di sensibilizzazione e prevenzione e bisogna promuovere l’indipendenza economica delle donne, per favorire la libertà di denuncia».

Pinelli, vicepresidente del Csm

Il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, è intervenuto con un intervento che ha delineato le nuove funzioni del magistrato. Tema delicato, anche alla luce dell’incidente istituzionale della conferenza stampa della settimana scorsa.

«L’efficienza – cui, come è noto, il Consiglio Superiore presta la massima attenzione – è un elemento certamente importante, ma non in grado di risolvere in sé il problema della funzione dei magistrati e delle aspettative profonde della collettività», ha detto, spiegando che le funzioni delle toghe sono cambiate.

«E’ la stessa legge che, nel tempo presente, non sembra essere più in grado di porsi in sé come la fonte unica di legittimazione, e la stessa contrapposizione tra i teorici del giudice ancorato alla stretta interpretazione della lettera della legge (il giudice bouche de la loi) e quelli del giudice capace da solo di ordinare gli interessi in gioco in funzione delle tutele che intende soggettivamente somministrare (secondo l’interpretazione “costituzionalmente orientata”), può dirsi ormai obsoleta, sostanzialmente accademica».

Oggi, secondo Pinelli, «Il magistrato trova il proprio riconoscimento giuridico e sociale nella modalità con cui esercita la propria funzione e, conseguentemente, nel rapporto di fiducia che si instaura con i cittadini», «i comportamenti di ciascun magistrato sono dunque decisivi, dentro e fuori l’esercizio della funzione».

Quanto al modello di magistrato delineato dal Csm, ha parlato di «magistrato autonomo e indipendente, calato nella logica dell’efficiente organizzazione degli uffici giudiziari». Dunque «un magistrato consapevole del potere che esercita, capace di ascoltare, sensibile alle ricadute della vicenda giudiziaria sulla vita delle persone, conscio del valore della puntualità della risposta giudiziaria. Del magistrato burocrate il cittadino diffida perché ne avverte l’assenza di cura».

Nordio, ministro della Giustizia

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è intervenuto con toni simili a quelli della presidente Cassano, ricordando come si stiano iniziando a registrare i buoni risultati delle riforme, con «l’opportunità di entrare in una nuova fase di giustizia, come forza di rinnovata crescita del paese».

Ha poi ricordato, accanto all’abbattimento arretrato, alla riduzione dei tempi e alla definizione dei processi, anche l’«immissione di nuove massicce risorse, con 4000 unità di personale amministrativo nel 2023, e i concorsi in definizione per i magistrati onorari, che saranno a breve oggetto di doverosa riforma».

Poi ha ricordato come la digitalizzazione stia procedendo, siano stati revisionati i target del Pnrr e prorogato l’ufficio per il processo. In prospettiva, l’obiettivo è quello di «una nuova cultura della conciliazione, per questo puntiamo sulla mediazione in ambito civile e sulla giustizia riparativa in penale, con piena attuazione codice Vassalli. Sulla funzione rieducativa della pena, che attueremo favorendo il lavoro e migliorare le condizioni degli istituti penitenziari».

Unico accenno polemico, il fatto che le riforme in cantiere abbiano avuto una «lunga, forse troppo lunga esposizione alle camere», ma il «2024 sarà decisivo». In conclusione, si è lasciato andare a una analisi sul rapporto tra giustizia positiva e equità, che «non sempre coincidono. E' anzi un paradosso singolare che la nostra religione, la nostra filosofia e la nostra scienza si fondino su tre processi sostanzialmente iniqui: la crocifissione di Gesù, come le condanne di Galileo e di Socrate suscitano in noi un sentimento di ripudio, malgrado siano state irrogate ed eseguite secondo procedure legali». Quindi, «se vogliamo tendere a una coincidenza tra l'imperativo eteronomo della norma e quello autonomo dell'etica, dobbiamo trovare una fonte di ispirazione solida e razionale. Questa fonte è costituita dalle culture che hanno formato la nostra civiltà: quella giudaico-cristiana, e quello greco-romana, filtrate dall'illuminismo».

Salvato, pg di Cassazione

Il procuratore generale di Cassazione, Luigi Salvato, ha affrontato gli ambiti di azione del suo ufficio con un passaggio anche sulla giustizia disciplinare, che «è rigorosa; lo attestano le statistiche, purché valutate al giusto. Dunque, in comparazione con gli altri àmbiti dell’organizzazione dello Stato, tenendo conto dell’afflittività anche delle sanzioni più lievi e della sua finalità di istituto non preordinato a garantire l’esattezza delle decisioni, affidata agli ordinari rimedi processuali, e la professionalità dei magistrati, bensì a sanzionare, con effetti soltanto sul rapporto di impiego, la violazione dei doveri del magistrato, nell’osservanza del principio di tipicità».

Ha poi posto l’accento su due problematiche: il processo mediatico e la predittività dell’azione del pubblico ministero.

«La criticità concernente la giustizia penale è spesso addebitata anzitutto al pubblico ministero, per valutazioni divergenti e poco chiare nell’esercizio dell’azione penale, per la lentezza delle vicende giudiziali, per l’imprevedibilità delle decisioni dopo indagini e cautele personali, per il deficit di garanzie. Il convincimento è errato quando ascrive al pubblico ministero la dilatazione dei tempi dei processi allo stesso non imputabile, ovvero esiti difformi rispetto all’esercizio dell’azione che giunge a negare in radice la dialettica valutativa, l’essenza ed il significato del processo, oppure le distorsioni della giustizia mediatica».

Quanto alle funzioni del pm, è in corso una transizione: «La trasformazione dell’obbligatorietà dell’azione penale da regola a principio; la definizione di più stringenti presupposti per l’iscrizione del procedimento penale ed in ordine ai tempi dell’indagine; il nuovo parametro della “ragionevole previsione della condanna”, che impone un uso predittivo dell’azione penale con riguardo all’esito processuale, non più ispirato alla sola idea della condanna dell’imputato ad una pena detentiva e, quindi, l’esigenza di pensare l’indagine secondo una prospettiva che bilanci l’investigazione con la completezza futura del giudicato, impongono un nuovo modo di esercitare la funzione requirente».

In questo senso, ha richiamato al suo ruolo il Csm, «per assicurare il corretto esercizio della discrezionalità valutativa, l’eguaglianza e l’efficienza dell’azione penale, si impongono una maturazione culturale e la realizzazione del modello di organizzazione gerarchico-funzionale disegnato dal Legislatore, di cui deve rendersi garante il Consiglio Superiore».

Salvato ha posto l’accento sul ruolo dei social e del processo mediatico: «La torsione verso un diritto punitivo etico ed un’ingenua concezione della sufficienza pedagogica della legge alimentano insoddisfazione per un’azione ritenuta talora blanda talora rigorosa sulla base di convincimenti personali, sganciati dal diritto positivo, che spesso sfociano in verdetti resi dalla «smisurata giuria pubblica» dei social media, che giudica in tempo reale, attraverso grotteschi simulacri di processi e plebisciti governati dalla sola logica dell’emotività, a rischio di manipolazione, accresciuto dall’intelligenza artificiale».

Quanto alla prevedibilità «l’interpretazione della disposizione implica il potere-dovere di scegliere tra diverse possibili risposte, ma la scelta presuppone un quadro di diritto positivo che il giudice deve leggere nel miglior modo, che preesiste alla sua decisione, non è creato da lui: quella del giudice è una funzione “dichiarativa”, con esclusione di un’efficacia direttamente creativa». 

Quanto all’intelligenza artificiale, che si lega alla giustizia predittiva, «non va aprioristicamente rifiutata, occorre sfruttarne le potenzialità, ma dobbiamo essere consapevoli che è qualcosa di radicalmente diverso da ogni precedente scoperta dell’uomo».

Anche Salvato, come Cassano, ha messo in guardia rispetto ai prossimi interventi legislativi: «Occorre scongiurare le difficoltà insite in interventi normativi frammentari e troppo ravvicinati, soprattutto in àmbito processuale, in cui la stabilità è precondizione di corretta applicazione delle norme e di efficienza».

Palmieri Sandulli, Avvocatura dello Stato

Gabriella Palmieri Sandulli, avvocato generale dello Stato, ha sottolineato la collaborazione in corso con la corte e con gli altri soggetti della giurisdizione, con la sottoscrizone del «protocollo di intesa sul processo civile, per costruire insieme una prassi organizzativa condivisa, un testo unico dei protocolli».

Inoltre a sottolineato le «prime applicazioni del rinvio pregiudiziale, strumento che deve essere implementato per il suo ruolo deflattivo e di indirizzo uniforme della giurisprudenza».

Anche per l’avvocatura dello stato la digitalizzazione dell’attivià giudiziaria è «pressochè compiuta, con anche l’obbligatorietà del processo telematico». 

Greco, Cnf

Molto critico, infine, è stato l’intervento di Francesco Greco, presidente del Consiglio nazionale forense. Greco ha sottolineato come «le riforme del rito civile hanno chiuso le porte dei palazzi di giustizia, col paradosso di un processo senza processo. La tendenza a non celebrare udienze oggi è diventata la regola dopo il Covid, con il giudice che decide la causa solo leggendo gli atti, senza aver mai ascoltato le parti e i difensori. L’abuso della trattazione scritta colpisce il contraddittorio e il diritto di difesa».

Quanto al penale, ha criticato la necessità introdotta dalla riforma di avere un mandato ad hoc per promuovere l’appello. «La conseguenza è di precludere ai cittadini meno abbienti la possibilità di appellare, perchè sono loro che non sono in condizione di dotarsi di un difensore di fiducia e spesso per quello d’ufficio non è facile anche solo comunicare con loro».

Sul fronte delle riforme, l’intervento è stato molto netto. Greco ha detto che «La separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente non è più differibile. La impone il giusto processo», «inoltre è urgente intervenire sul numero dei magistrati in servizio» e infine ha chiesto una riscrittura delle piante organiche delle toghe «in relazione alle effettive necessità, riducendo il numero dei magistrati che non svolgono più funzioni giudiziarie: non mi riferisco solo ai fuori ruolo, ma anche ai tanti magistrati che non sono fuori ruolo ma che sono esonerati dalle funzioni giudiziarie. Si annullino le circolari del CSM, che autorizzano la riduzione del carico di lavoro, fino al 50 per cento, per i magistrati componenti dei consigli giudiziari o che si occupano di formazione decentrata».

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