L’esigenza del governo di trovare sempre nuovi nemici l’ha portato a scegliere come campo di battaglia un anonimo palazzo di viale Mazzini a Roma.

In un edificio squadrato e senza nome, distante parecchi minuti di traffico romano dai fasti di palazzo Spada dove risiedono i cugini del Consiglio di Stato, ha sede la Corte dei conti. Organo di rilevanza costituzionale ma allo stesso tempo oscuro, la magistratura contabile è stata strappata dalle nebbie istituzionali e trascinata al centro del dibattito pubblico. Dipinta come fastidioso grillo parlante che si impiccia di questioni che non la riguardano come l’attuazione del Pnrr, la maggioranza ha scelto la strada dello strappo istituzionale e del conflitto aperto. Nei giorni scorsi il governo ha affondato il colpo: due emendamenti presentati al decreto Pubblica amministrazione in cui si toglie alla corte la competenza al controllo concomitante le attività inerenti il Pnrr, ma soprattutto si proroga di un anno il cosiddetto scudo erariale, un salvacondotto che impedisce alla corte di perseguire gli amministratori per danno erariale in caso di colpa grave.

Per farlo, però, ha volutamente commesso lo sgarbo di presentare gli emendamenti il giorno prima del vertice già fissato tra palazzo Chigi e la delegazione della Corte dei conti e di votarli in commissione proprio mentre l’incontro era in corso. Un modo poco sottile per rimarcare l’irrilevanza del confronto che non è certo sfuggita ai magistrati contabili e che ha suscitato grande irritazione. Anche per il comunicato stampa rilasciato da palazzo Chigi: «piena e leale collaborazione» e «dialogo e confronto» e presa d’atto della «contrarietà della Corte» alla proroga dello scudo erariale, ma il governo «ne ribadisce la necessità».

Unica concessione: la creazione dell’ennesimo tavolo di lavoro che dovrebbe prendere avvio la prossima settimana, ma che dentro la magistratura contabile più fonti bollano già come «totalmente inutile». Facile previsione, visti i rapporti tesissimi e la manifesta volontà dell’esecutivo di procedere per la sua strada.

Il controllo

A esplicitare quello che trapela in via riservata da ambienti di governo, però, è stato l’amministrativista e presidente emerito della Consulta - nonchè voce molto influente sugli apparati statali – Sabino Cassese: «Il governo ha fatto benissimo a limitare il controllo preventivo della Corte dei Conti», perchè «bisognerebbe che le grandi corporazioni dello Stato ripensassero al modo in cui agiscono nei confronti dello Stato di cui sono i rappresentanti». É la storica posizione di Cassese: la classe dirigente deve operare per tradurre gli obiettivi del governo in provvedimenti, non fare da censori. Anche se, nel caso della Corte dei conti, queste prerogative sono previste dalla legge.

Dentro la Corte dei conti, tuttavia, lo scontro è arrivato come un fulmine a ciel sereno. Storicamente, infatti, la magistratura contabile è sempre stata fucina – seppur minore rispetto al Consiglio di Stato – di tecnici di stato e in particolare questo governo da qui ha attinto per riempire le caselle ministeriali. Inoltre, la Corte può – o meglio poteva - vantare un rapporto privilegiato con il sottosegretario Alfredo Mantovano, che fino a qualche giorno fa si sarebbe adoperato per ridimensionare il conflitto. Inoltre, lo stesso ministro degli Affari europei con delega al Pnrr, Raffaele Fitto, sin dall’inizio della legislatura si era appoggiato alle relazioni della magistratura contabile in materia di piano europeo, citandole e raccogliendone gli spunti per predicare attenzione. Poi, però, a generare la frattura è stata una delibera fuori posto, che evidenziava i limiti dell’attuale quadro di spesa dei fondi europei per raggiungere le milestones fissate dal piano. Tutto corretto, visto che le cifre poi sono state riprese anche da documenti del governo. Ma con una la parola fuori posto del dispositivo della delibera, che ha fatto saltare gli equilibri : «Il collegio accerta che i traguardi non sono stati conseguiti in misura soddisfacente». Quando alla Corte questo accertamento non spetterebbe.

Detto fatto: pronto l’emendamento per togliere la competenza. Una sorta di fallo di reazione, però, perchè fino a questo momento il controllo era stato uno strumento utile al governo: delle 48 deliberazioni emesse, la maggior parte erano raccomandazioni per attività correttive a cui poi sono seguite le prese d’atto degli interventi correttivi adottati in seguito ai rilievi, mentre una sola delibera ha riguardato individuazioni di gravi irregolarità.

Lo scontro

Tuttavia, come ha ricordato il presidente Guido Carlino nella sua audizione alla Camera, «l’attività della Corte in materia di controllo è tutelata dall’articolo 100 della Costituzione». Dunque il legislatore può ben decidere le modalità del suo esercizio ma non certo eliminarlo. Quindi - viene fatto notare da dentro la Corte - quella di Fitto rischia di essere una ripicca vuota.

La magistratura contabile, infatti, ha tra le sue prerogative altre metodologie di controllo sul Pnrr: quello ordinario sulla gestione, oltre che l’audizione semestrale per riferire al parlamento sullo stato di attuazione. Per questo l’attacco è stato vissuto come strumentale e ha colpito in profondità i gangli della magistratura contabile. Anche perchè in questo modo i controlli europei, non più preceduti dagli avvertimenti delle delibere contabili, rischiano di essere più dolorosi.

La vera preoccupazione riguarda invece la proroga dello scudo erariale e su questo la Corte sarebbe pronta a dare battaglia. «Pone rilevanti dubbi di costituzionalità e di compatibilità con la normativa eurounitaria e genera un clima di deresponsabilizzazione, che non rafforza, ma depotenzia, l'efficacia dell'azione amministrativa», scrive l’Associazione magistrati della Corte dei conti presieduta da Paola Briguori. Parole che sottintendono la volontà della Corte di alzare il livello di conflitto se sarà necessario, con ricorsi alla Consulta o alla Corte di giustizia. Svegliare i vecchi colossi istituzionali, infatti, significa poi doverne gestire le conseguenze.

 

© Riproduzione riservata