I nomi tra cui scegliere sono quello del primo presidente aggiunto Pasquale D’Ascola, che ha ottenuto 4 voti in commissione, e del segretario generale Stefano Mogini, che ne ha ottenuti 2. Il primo è sostenuto dai progressisti, il secondo dai conservatori. La nomina si gioca sul filo del rasoio
La Quinta commissione del Consiglio superiore della magistratura ha votato i due possibili successori alla guida della Cassazione.
Chi prenderà il posto della prima presidente di Cassazione Margherita Cassano – prima donna al vertice della Suprema corte che andrà in pensione il 9 settembre – verrà votato dal plenum il 5 settembre, alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella, che è anche presidente del Csm. I nomi tra cui scegliere sono quello del primo presidente aggiunto Pasquale D’Ascola e del segretario generale Stefano Mogini.
I voti in commissione tradiscono già gli orientamenti di massima: D’Ascola ha ottenuto quattro voti su sei, ovvero quelli del laico di minoranza Ernesto Carbone e dei togati Maurizio Carbone di Area; Michele Forziati di Unicost e Mimma Miele di Magistratura democratica. Mogini, invece, ha ottenuto i voti della laica in quota Lega, Claudia Eccher, e del togato di Magistratura indipendente Eligio Paolini.
Secondo questa ripartizione, D’Ascola risulterebbe come il candidato di Area, Mogini dell’ala conservatrice. Entrambi, tuttavia, appartengono alla magistratura più progressista.
Gli esiti
L’esito del voto di settembre è tutt’altro che scontato. Stando ai numeri certi e secondo i voti di commissione, D’Ascola potrebbe contare sui 6 voti di Area, 3 dei laici di minoranza, 4 di Unicost, e uno di Md.
Mogini, invece, godrebbe del sostegno dei 7 togati di MI e dei 5 laici di centrodestra rimanenti (se si presume che il vicepresidente Fabio Pinelli si astenga).
Incerti sono gli orientamenti dei due indipendenti Andrea Mirenda e Roberto Fontana, oltre che del procuratore generale Pietro Gaeta.
Il risultato, comunque, è che l’elezione rischia di essere sul filo di lana e il vincitore potrebbe spuntarla per appena un voto.
Anche per questo è così fondamentale il voto del parlamento in seduta comune per eleggere il membro laico mancante dopo le dimissioni di Rosanna Natoli. L’elezione si svolgerà i primi giorni di settembre, ma il rischio è che non arrivi al primo colpo: serve infatti la maggioranza qualificata dei tre quinti del parlamento, dunque il centrodestra dovrà trovare un accordo almeno con una parte delle opposizioni. Con il risultato che il nome individuato probabilmente non potrà essere un “ortodosso” di centrodestra come la uscente.
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