Volano stracci al Csm, con i laici di centrodestra che hanno fatto mancare il numero legale costringendo ad un rinvio della seduta.

La ragione si mischia con la politica. Oggi il plenum del Csm avrebbe dovuto votare sulla pratica a tutela per il magistrato Raffaele Piccirillo, sostituto procuratore generale in Cassazione che in una intervista aveva dato un parere critico sulla gestione ministeriale del caso Almasri. Per questo, a un evento pubblico, il ministro della Giustizia Carlo Nordio lo ha attaccato paventando per lui anche l’apertura di un procedimento disciplinare.

Immediatamente dopo le parole del guardasigilli, i consiglieri togati a esclusione del gruppo di conservatore di Magistratura indipendente e i tre consiglieri laici di minoranza hanno depositato una richiesta di pratica a tutela di Piccirillo, «intimidito e dileggiato» da Nordio. Non poca cosa: queste pratiche hanno un valore più politico che pratico e proprio per questo aprirne una per le dichiarazioni del ministro è già di per sé sintomo di grande conflittualità.

A scatenare la protesta dei laici di centrodestra, però, è stata la celerità con cui la pratica è arrivata al plenum: approvazione lampo in commissione e poi pronta per essere votata proprio il giorno dopo l’approvazione della riforma costituzionale della giustizia, hanno fatto notare.

Per questo hanno messo in atto la mossa più eclatante: non presentarsi a palazzo Bachelet per partecipare al dibattito e al voto sulla pratica, facendo mancare così il numero legale.

La mossa dei laici

«La scelta di non partecipare al dibattito e al voto è maturata nella convinzione che l'adozione della proposta, nei termini e nei tempi in cui è stata presentata, possa trascinare il Csm in un conflitto istituzionale che non si addice alla funzione di garanzia che la Costituzione gli affida, con il rischio di trasformare l'Organo di governo autonomo in un improprio palcoscenico di confronto politico. Il Csm, come abbiamo più volte ricordato, non è la succursale dell'Associazione nazionale magistrati», si legge nel comunicato firmato dai cinque laici Enrico Aimi, Isabella Bertolini, Daniela Bianchini, Claudia Eccher, Felice Giuffré.

«Nessun rispetto dell'ordine cronologico di trattazione di pratiche analoghe e delicate», scrivono, aggiungendo che è «difficile non pensare che, grazie a questa tempistica accelerata, si sia voluto discutere questa pratica proprio all'indomani dell'approvazione della riforma della giustizia per polemizzare così con il Guardasigilli».

Il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, non ha potuto fare altro che rinviare la seduta a domani, 24 luglio. Nella speranza che la notte porti consiglio.

Certamente l’iniziativa dei laici non può non essere arrivata anche al capo dello Stato, Sergio Mattarella, che del Csm è presidente e vigila sulle attività – e gli scontri – dell’organo di governo autonomo. E non è improbabile che proprio dal Quirinale parta una paziente opera di moral suasion per riportare in aula i laici e dunque ripristinare il funzionamento del consiglio.

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