Il ministro della Giustizia Nordio minaccia un magistrato che lo ha criticato sul caso Almasri. Poi attacca il Csm sul disciplinare. Il vicepresidente Pinelli: «Nessuna influenza indebita»
Una platea amica come quella del convegno “Parlate di Mafia” organizzato da Fratelli d’Italia e qualche domanda allusiva bastano al ministro della Giustizia Carlo Nordio per far saltare qualsiasi freno inibitorio.
Proprio nella settimana in cui il Csm si è messo a disposizione del ministero con una delibera per collaborare al raggiungimento degli obiettivi di giustizia del Pnrr, il guardasigilli ha deciso di sparare ad alzo zero sia contro specifici magistrati che contro l’istituzione consiliare. Parole in libertà in un caldo pomeriggio estivo senza riflettere sugli effetti, forse.
Più probabilmente, volontà di ribadire che il ministro è lui e sta vincendo contro i suoi detrattori: chi lo critica per il caso Almasri e chi contesta la separazione delle carriere. Senza fare prigionieri né distinguo.
Almasri e Open arms
La prima cannonata viene esplosa verso la Cassazione. Più precisamente a colpire il sostituto procuratore generale Raffaele Piccirillo, già capo di gabinetto a via Arenula, reo di aver concesso un’intervista a Repubblica in cui spiega gli errori secondo lui commessi dal ministero nella gestione del caso Almasri. Un affronto indigeribile per Nordio, che ha abbandonato la consueta giovialità: «Che un magistrato in servizio si permetta di censurare le cose che ho fatto...in qualsiasi paese al mondo avrebbero chiamato gli infermieri. Potrebbe essere oggetto di valutazione». E ancora, una velata minaccia: «i magistrati sono convinti di godere di una impunità tale da poter dire quello che vogliono. Questo rimane fino a che non faremo una riforma, perché non c'è sanzione di fronte a esondazioni improprie».
Nessun sottinteso: Nordio minaccia di chiedere contro Piccirillo l’apertura di un procedimento disciplinare su iniziativa del ministero, anche se poi l’azione spetta al procuratore generale presso la Cassazione. Poi rispolvera la sua tentazione nemmeno troppo nascosta: modificare il codice disciplinare per punire le esternazioni delle toghe. L’Anm ha espresso «sdegno e preoccupazione», per «un uso ricorrente della minaccia disciplinare, evocata come strumento di pressione e intimidazione».
Inevitabile la reazione del Csm. I consiglieri togati di tutte le correnti e i laici di minoranza hanno sottoscritto la richiesta di aprire una pratica a tutela di Piccirillo, «intimidito e dileggiato» da Nordio. Piccirillo, però, non è l’unico obiettivo. Critiche piovono anche sulla procura di Palermo che ha impugnato la sentenza di assoluzione del ministro Salvini su Open Arms: «Niente impugnazione contro le sentenze di assoluzione. Altrimenti finiamo come col caso Garlasco», con la promessa «rimedieremo».
Il Csm
Dal particolare al generale, Nordio si è scatenato a tutto campo. Nonostante ripeta ogni giorno di auspicare un dibattito pacato sulla riforma della giustizia, ha usato l’argomento preferito del suo armamentario per sostenerla: attaccare frontalmente il Csm. Incurante del dato di fatto che l’attuale Consiglio stia lavorando senza particolari intoppi e – incidentalmente – sia anche guidato da un vicepresidente di centrodestra come il laico Fabio Pinelli.
Nordio si è compiaciuto del fatto che a fare paura alle toghe, secondo lui, non sia tanto la separazione delle carriere, quanto «il sorteggio e soprattutto l'istituzione dell'alta Corte di Giustizia assolutamente indipendente e svincolata dalla giustizia domestica del Csm attuale». Questo perché «i magistrati tremano come foglie davanti alle correnti» di cui il Csm «è riflesso» e «se hai in una corrente il tuo protettore, anche quando finisci davanti alla sezione disciplinare c'è una stanza di compensazione» in cui «Tizio protegge il suo, Caio anche».
Parole pesantissime, che hanno investito il Consiglio attualmente in carica. Tanto che, per la prima volta da quando è stato eletto, anche Pinelli – che presiede la sezione disciplinare – ha abbandonato ogni premura. L’attività della sezione si è caratterizzata «dall’analisi rigorosa degli atti e dalla applicazione dei principi di diritto» e soprattutto «senza alcuna influenza sulle decisioni prese legata all’eventuale appartenenza a gruppi associativi o a presunte camere di compensazione, a cui allude il ministro Nordio», è la stizzita replica.
Puntuale nel merito è arrivata la risposta anche dei togati del gruppo centrista di Unicost, che definiscono «allarmanti» le «dichiarazioni teatrali» del ministro. «Provocazioni pianificate per distrarre l’attenzione dal merito di una riforma inutile», è l’analisi. Quanto al merito dell’attacco, «sarebbe interessante capire come il sistema disciplinare possa essere ostaggio delle correnti quando il collegio è composto anche da membri laici eletti dal parlamento e presieduto di diritto dal Vicepresidente del Csm».
Del resto, le parole di Nordio pesano come pietre e vengono accolte dal Consiglio come un atto di delegittimazione proprio all’indomani della mano tesa sul Pnrr, che ad oggi è la vera emergenza della giustizia – insieme al sovraffollamento carcerario – che rischia di far saltare tutti i fondi europei sin qui incassati. Eppure una logica si intravede e guarda al referendum costituzionale. Creare una contrapposizione muscolare con la magistratura associata, prediligendo la grancassa della polemica politica al contegno istituzionale che una fase delicata come questa forse richiederebbe.
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