Domani mattina, 29 luglio, il parlamento in seduta comune è convocato per eleggere il laico mancante al Consiglio superiore della magistratura, dopo le polemiche dimissioni di Rosanna Natoli, in quota Fratelli d’Italia e vicinissima a Ignazio La Russa.

Poco prima del termine ultimo per la presentazione delle candidature è stato proposto dai gruppi parlamentari di centrodestra – unico non autocandidato nella lista pubblicata dalla Camera – il rettore dell’Università di Perugia Daniele Porena. Il suo nome, secondo fonti parlamentari, dovrebbe essere sufficientemente poco connotato da poter trovare l’apprezzamento almeno di una parte dell’opposizione, così da raggiungere i tre quinti dell’assemblea necessari per l’elezione.

Il suo nome, seppur considerato il più forte proprio per la natura della sua candidatura, non è l’unico. Una alternativa per il centrodestra è anche la costituzionalista Lorenza Violini, professoressa presso l’università di Milano. Dalla sue giocherebbe anche il genere: l’uscente Natoli era una donna e, all’epoca della prima composizione del Csm, il Quirinale aveva caldeggiato la scelta di almeno 4 donne su 10 laici.

I giochi sono ancora molto aperti: il centrodestra confida di trovare i voti necessari per ripristinare il plenum del Csm, il Pd per ora è orientato alla scheda bianca. I capigruppo della maggioranza hanno dal loro canto inviato le convocazioni ai propri parlamentari affinché siamo tutti presenti, ma anche così avrebbero 353 voti: ne mancherebbero 10 pe raggiungere i 363 necessari per i primi due scrutini, dal terzo in poi si procede invece con i tre quinti dei votanti. 

Gli equilibri però mutano facilmente e potrebbe esserci un ripensamento poco prima del voto. Anche per questo il centrodestra non sta puntando su nomi apertamente connotati (e tra i cinquanta autocandidati ce ne sarebbero molti, come quello di Marta Evangelisti, la più votata di Fratelli d’Italia alle regionali in Emilia Romagna, o Michele Mardegan, sempre di FdI e consigliere comunale a Milano).

Saltato, invece, il potenziale accordo sul nome di Tommaso Frosini, costituzionalista e presidente del Centro italiano ricerche aerospaziali, che avrebbe dovuto essere il nome presentato dai gruppi parlamentari ma è sfumato all’ultimo.

La convocazione a ridosso della chiusura estiva, avvenuta con una accelerata inattesa la settimana scorsa, si spiega con un impegno già fissato al Csm per il quale una composizione completa sarebbe auspicata anche da parte del Quirinale.

La nomina al Csm

Il 9 settembre prossimo, alla presenza del Capo dello Stato, il plenum indicherà il nuovo primo presidente di Cassazione dopo il pensionamento di Margherita Cassano. Una carica quantomai importante non solo per ragioni giudiziarie, ma anche perché componente di diritto del Csm e del suo comitato di presidenza.

Attualmente in corsa ci sono il primo presidente aggiunto Pasquale D’Ascola e il segretario generale Stefano Mogini.

I voti in commissione tradiscono già gli orientamenti di massima: D’Ascola ha ottenuto quattro voti su sei, ovvero quelli del laico di minoranza Ernesto Carbone e dei togati Maurizio Carbone di Area; Michele Forziati di Unicost e Mimma Miele di Magistratura democratica. Mogini, invece, ha ottenuto i voti della laica in quota Lega, Claudia Eccher, e del togato di Magistratura indipendente Eligio Paolini.

Se così rimanessero le ripartizioni, D’Ascola – considerato il favorito – potrebbe contare con certezza sui 7 voti di Area, 1 di Md, 4 di Unicost e probabilmente i 3 laici di minoranza.

Mogini, invece, avrebbe i 7 voti di Magistratura indipendente e i 5 dei laici di centrodestra.

Nell’incertezza dei due consiglieri togati indipendenti e del procuratore generale di Cassazione Pietro Gaeta, il singolo voto del laico attualmente mancante potrebbe essere l’ago della bilancia per uno o per l’altro candidato.

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