«Fatti i cazzi tuoi, voi giornalisti siete pieni di merda», dice Alessandro Carniola, di mestiere imprenditore, considerato dagli inquirenti frequentatore di pregiudicati, omertoso, inserito «nel circuito che alimenta le casse della mafia foggiana». Contro la stagione delle bombe lo stato ha risposto con perquisizioni a tappeto, centinaia di inquirenti hanno eseguito controlli alla ricerca di armi ed esplosivi.

Tra gli ordigni, otto, che hanno colpito San Severo e Foggia, due hanno centrato un locale di Carniola e il furgone di una ditta che distribuisce il caffè in tutta la città. Carniola con la passione per le scommesse sportive, ha una società e interessi nel settore, ha ideato la newcoffee0861, logo che compare anche sul suo profilo whatsapp ( ora la gestione è in mano a Valerio Vangi). Le cialde riempiono i bar foggiani. 

La storia di Carniola rende puntuali le parole pronunciate, qualche giorno fa, a Domani da un investigatore: «le bombe parlano e mandano messaggi diversi: a chi denuncia, a chi ha dimenticato di pagare e a chi deve fare di più per il clan».

La sua vicenda racconta molto di Foggia, della società foggiana, la camorra locale divisa in batterie e con una cassa comune, e incrocia la politica e lo scioglimento per mafia del comune, avvenuto lo scorso luglio, oggi l’ente è gestito dallo stato tramite una commissione prefettizia.

Al comune il sindaco era Franco Landella che nell'agosto 2020 aveva aperto il consiglio comunale a Matteo Salvini con queste parole: «Sul comune da oggi sventola la bandiera della Lega», ma sventolava anche altro.

La bomba e la videosorveglianza in città

Guido Calamosca/LaPresse

Il primo ordigno esplode la notte del 6 gennaio e distrugge un furgone della società 'New coffee 0861', marchio fondato da Carniola. Pochi giorni dopo, sabato 8 gennaio, sempre di notte, un altro ordigno viene fatto brillare davanti all'ingresso del ristorante Poseidon, il locale dell'imprenditore.

Due ordigni in meno di 72 ore, perché? Lo avremmo voluto chiedere a Carniola, ma non ha voluto rispondere quando abbiamo evocato i suoi trascorsi. I due ordigni non sono gli unici, c'è un precedente, una terza bomba che esplode il 12 novembre 2019 davanti allo stesso ristorante.

E in quel caso gli inquirenti trovano il responsabile e per ricostruire quel precedente bisogna leggere la relazione di scioglimento che ha azzerato il comune di Foggia per condizionamento malavitoso.

Viene ritenuto responsabile Erjon Rameta e indagato per favoreggiamento Fabio Delli Carri, quest'ultimo poche ore dopo lo scoppio dell'ordigno «aveva accompagnato presso l'abitazione il pregiudicato albanese Rameta Erjon, conosciuto durante la detenzione nel carcere di Foggia», si legge nella relazione.

Entra in gioco l'allora compagna di Fabio Delli Carri, la consigliera comunale di maggioranza, Liliana Iadarola (eletta con Fratelli d'Italia, poi autosospesa). Dal procedimento penale su Erjon emerge «Delli Carri e Iadarola Liliana (non indagata, ndr) stabilivano di comune accordo la maniera migliore per eludere il prosieguo delle indagini sull'evento delittuoso in cui era coinvolto il Delli Carri».

Iadarola, da avvocata, dava suggerimenti su come rispondere alle domande degli inquirenti, ma soprattutto le intercettazioni indicavano altro, la discussione su questioni politico-amministrative tra la consigliera comunale e il compagno pregiudicato. Questioni che riguardavano proprio la sicurezza della città.

La consigliera sottoponeva al compagno il progetto di potenziamento del sistema di videosorveglianza cittadina, «la commissione sottolinea il contenuto raccapricciante della conversazione», si legge. Scrivono proprio così 'raccapricciante'. Mentre la consigliera legge il progetto si arriva al punto videosorveglianza, Delli Carri chiede cosa prevede e aggiunge «non puoi scrivere no?», e la consigliera risponde «hai voglia».

La conclusione degli ispettori prefettizi è sconsolante. «L'obiettivo degli intercettati è quello di svuotare il contenuto di ogni iniziativa finalizzata al rafforzamento dei dispositivi elettronici». Delli Carri aveva 'familiarità' con il sindaco leghista Franco Landella come emerge da una foto insieme e da impegni presi in campagna elettorale dei quali Delli Carri parla con la compagna consigliera.

Il cerchio si chiude e torna a Carniola. A chi ha affidato, negli anni, il comune di Foggia il sistema di videosorveglianza (che si doveva potenziare)? Alla ditta Goss srl, con socia di maggioranza Stefania Ricci che è stata socia anche della società Gdc servizi (fino al novembre scorso), insieme proprio ad Alessandro Carniola. Gdc è titolare del ristorante Poseidon, quello destinatario della bomba.

L’amico degli amici

«Io non vi sopporto, ma perché i giornalisti sono tutti pieni di merda?», dice Carniola quando gli chiediamo un commento sugli ordigni che hanno colpito il suo locale e il furgone del marchio di caffè da lui ideato.

Gli chiariamo che le domande le fanno i cronisti e non vogliamo rispondere al suo quesito, ma capire come si spiega gli attentati visto che ha avuto trascorsi e vicinanze a uomini dei clan. «Te lo dico in foggiano, stacca il telefono, ti devi fare i cazzi tuoi», dice prima di mettere giù.

I guai per Carniola iniziano presto, nel 2012 viene arrestato nell'operazione Caronte, insieme a uomini di primo piano dei clan foggiani legati alla batteria Sinesi-Francavilla, in una inchiesta che contestava i reati di usura ed estorsione. Alla fine viene condannato a due anni e otto mesi. 

In un altro procedimento, viene condannato in primo grado a quattro anni di carcere, assolto in appello, ora pende giudizio in secondo grado dopo l’annullamento con rinvio della corte di Cassazione. «Anche le frequentazioni del Carniola sono orientate verso soggetti ai vertici di organizzazioni criminali foggiane», scrivono i commissari prefettizi.

Il nome di Carniola è finito all’interno della lista delle estorsioni, chi alimenta la cassa del clan, come emerge da un documento sequestrato dalla polizia nell’indagine ‘La decima azione bis’, eseguita nel 2020, a casa di Rocco Moretti, nipote del capoclan dell’omonima batteria.

La batteria Sinesi-Francavilla, che Carniola incrocia nei suoi inciampi giudiziari, «fa da temibile sfondo all'interesse dimostrato da Fabio Delli Carri, soggetto contiguo ad elementi gravitanti nei contesti della batteria suddetta, a che la consigliera (Iadarola, ndr) si opponesse ad ogni forma di potenziamento del sistema di videosorveglianza». I commissari concludono citando un esposto anonimo che sintetizzavano la vicenda: «... i clan controlleranno la città e ci videosorvegliano». 

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