«Questi ordigni sono attacchi terroristici in piena regola». Le parole sono di Piernicola Silvis, per quattro anni questore di Foggia, la città che ha iniziato il 2022 con negozi saltati in aria e spari. Silvis, oggi in pensione, è stato tra i primi a denunciare la ferocia della società foggiana, il nome che definisce la camorra locale.

E oggi parla esplicitamente di attacchi terroristici. «Come vuole definirli? Mica è la prima che volta che succede all'inizio dell'anno, la mafia dice “noi ci siamo, comandiamo e voi dovete vivere nella paura”, questo non è terrorismo?».

In meno di due settimane sono già otto gli attacchi ad attività commerciali e locali a Foggia e a San Severo. Gli ultimi negozi a saltare in aria, nel comune che dista dal capoluogo una ventina di chilometri, sono stati un’azienda di prodotti pirotecnici e un negozio di parrucchiere. Gli ordigni rudimentali hanno distrutto i locali nella notte tra lunedì e martedì. «Siamo saltati dal letto dopo la bomba al parrucchiere, siamo caduti nello sconforto. Eravamo sul balcone disperati», racconta una vicina che ha sentito le esplosioni.

La mafia bombarda. Gli altri due locali colpiti con le bombe sono stati una profumeria e una rivendita di automobili. A Foggia sono esplosi altri quattro ordigni che hanno colpito un furgone e un ristorante di un imprenditore già vittima nel 2019 di un attacco dinamitardo.

«Quattro bombe dall’inizio dell’anno, in dieci giorni, rappresentano una vile dichiarazione di guerra contro tutta la città, contro un tessuto imprenditoriale, commerciale e artigianale già alle corde», dice il sindaco di San Severo Francesco Miglio.

Il primo cittadino lancia anche un appello alla ministra dell'Interno Luciana Lamorgese: «Io mi aspetto che ci sia qui la sua presenza nei prossimi giorni, diversamente saremo noi ad andare a Roma a rivendicare la attenzione che siamo certi di meritare».

Le mafie ignorate

Dell’appello non ci sarebbe neanche bisogno perché nel foggiano la stagione delle bombe e degli omicidi non si è mai fermata. E questo nonostante la mafia, persino nelle sentenze, venisse definita “immaginata”.

Il primo ordigno è esploso a inizio 2022. La politica e il governo hanno risposto con una raffica di dichiarazioni di circostanza. «Per la mafia non ci sarà tregua», «lo stato c’è», «la mafia sta tentando di alzare la testa», si legge nei comunicati. 

In realtà la mafia la testa non l’ha mai abbassata. Solo nel luglio scorso sono stati feriti in due agguati due bambini di dodici e sei anni. Mentre l’Italia festeggiava la vittoria nell’Europeo di calcio, i proiettili della mala locale, a San Severo, raggiungevano un pregiudicato uccidendolo e ferendo il nipote di sei anni. Non potrà più camminare, dicono i medici.

Non tutte le bombe sono uguali e, a volte, servono a mandare messaggi. «Le bombe sono tutte diverse, alcune sono per chi non ha mai pagato e si ribella, altre per chi ha avuto qualche dimenticanza e altre per gli “amici dei clan” che non aiutano abbastanza», dice un inquirente. 

Chi comanda a San Severo

A comandare a San Severo sono le famiglie criminali legate alla società foggiana, ma in costante evoluzione e con caratteristiche proprie. Da una parte il clan Nardini, guidato da Franco, e dall’altra i La Piccirella-Testa, agli ordini di Giuseppe, detto “il professore”.

Cresciuti sotto il cappello della società foggiana, sono diventati autonomi. Un’autonomia mafiosa che è stata riconosciuta anche in sede giudiziaria. La strategia messa in atto negli ultimi anni è chiara: seminare terrore e “bombardare” la città, ma anche mandare un segnale a chi ha deciso di costruire un fronte anti racket.

Le estorsioni a tappeto non risparmiano neanche gli spacciatori. Che devono pagare una tassa alla famiglia criminale che garantisce l’approvvigionamento degli stupefacenti grazie anche ai canali con l’Olanda, una delle porte europee della droga. I clan dispongono di soldati e armi, persino da guerra come dimostrano i sequestri e le operazioni antimafia realizzate in questi anni.

Le mani sui comuni

Scrivi San Severo e leggi Foggia e la società foggiana. Una mafia divisa in batterie guidate da personaggi spietati e carismatici, ma con una cassa comune. I gruppi principali sono i Moretti-Lanza, i Sinesi-Francavilla (legati al clan Nardino di San Severo) e i Trisciuoglio-Prencipe con i boss di vertice oggi tutti in carcere.

Proprio i Moretti, guidati da Rocco, sono il clan che può contare sulla maggiore diffusione in provincia «dove è determinate la “costola sanseverese” guidata da Giuseppe La Piccirella. Ha contatti anche con organizzazioni extraregionali (camorra e ‘ndrangheta)», scrive la Direzione nazionale antimafia.

Attualmente ci sono diversi soggetti in libertà tra cui i figli del boss Federico Trisciuoglio. Antonello Francavilla, genero del boss Sinesi, e Fabio Tizzano, legato ai Moretti, sono invece ai domiciliari. 

Stupefacenti, estorsioni e armi sono il business di questa mafia, nata alla fine degli anni Settanta e battezzata da Raffaele Cutolo, capo della Nuova camorra organizzata. Da lì hanno esteso il loro potere ovunque. Nella sanità, nell’edilizia, nel settore agricolo, in quello dei fondi europei, ma soprattutto, come ogni mafia che si rispetti, nella gestione dei comuni. Negli ultimi tre anni sono stati sciolti per condizionamento malativoso. Monte Sant’Angelo, Mattinata (comuni non distanti dal litorale dove comanda l’altra mafia, quella dei montanari), ma anche Manfredonia, Cerignola e proprio Foggia, ancora “governata” da una commissione straordinaria.

Nell’agosto 2020, il sindaco Franco Landella accoglieva in città, in un tripudio di applausi, l’ex ministro dell'Interno Matteo Salvini con queste parole: «Su questo campanile svetterà la bandiera della Lega».

Secondo la prefettura e lo stesso ministero svettava in realtà anche un’altra bandiera, quella del condizionamento malavitoso. «Queste circostanze denotano la capacità del contesto delinquenziale di Foggia di incidere sull’amministrazione e di condizionare le decisioni degli organi comunali», si legge nella relazione di scioglimento del comune.

La lupara bianca

LaPresse/Marco Cantile

Un’ultima mafia è quella del litorale, la cosiddetta mafia dei montanari. Luoghi incantevoli con l’inferno dentro. Il 9 agosto 2017 la furia dei killer, ancora sconosciuti, si abbatte su una famiglia di agricoltori. Vengono uccisi il boss Mario Luciano Romito, il suo autista ma anche i fratelli Luciani, Aurelio e Luigi. Totalmente innocenti. È così che l’Italia si è accorta della mafia “immaginata”. Non bastavano i morti ammazzati e gli scomparsi, risucchiati dalla lupara bianca.

Lo stato ha risposto con gli arresti, ma anche con la creazione della Direzione investigativa antimafia mentre resta inattuata la richiesta di creare una sede distaccata a Foggia della Direzione distrettuale antimafia. «A che serve moltiplicare le cellule della polizia giudiziaria se per occuparci di un reato di mafia dobbiamo fare 250 chilometri andando a Bari? Serve una sede distaccata della distrettuale antimafia a Foggia, ma subito», dice un investigatore. Subito prima della prossima bomba.

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